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I co-autori Miriam Polini, Alessandro Anzani e Nicola Tilli di Novastudia Milano sono lieti di annunciare la presentazione del manuale sulla privacy edito da Maggioli presso la Sala Spadolini del Senato della Repubblica. Interverranno autorità istituzionali del Senato e dell'Unione Europea.

 

Il manuale rappresenta uno studio ragionato, anche per settori, sulla materia della privacy alla luce delle modifiche introdotte dal nuovo Regolamento Europeo n. 679 del 2015. In collaborazione con Lucerna Iuris e con Avv. Marco Maglio, Presidente dell'Osservatorio Europeo sulla privacy istituito da UE e co-autore, gli autori hanno tentato un approccio pratico-operativo, per aree temetiche, alla materia senza tralasciare un'analisi degli scenari futuri generali in relazione alle novità introdotte dal legislatore

 

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SOMMARIO

Novembre 2015

ALIMENTI

Approvato alla Camera il Provvedimento “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare” (Ddl. 348-B, istitutiva di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare, 19 novembre 2015).

La riforma dei reati in materia agroalimentare e D.lgs. 231/2001 (Ddl. “Nuove norme in materia di reati agroalimentare” 14 ottobre 2015).

AMBIENTE

Via libera al Senato del Collegato Ambientale (Ddl. "Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali"collegato alla legge di stabilità 2014 ).

DIRITTO UE

La mancata accettazione da parte di un lavoratore di una riduzione salariale del 25 % costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi (Corte di Giustizia UE, sentenza 11 novembre 2015 C-422/14 ).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Trasferimento dati in USA: decaduta l'autorizzazione "Approdo sicuro" (Provv. Gar. Privacy, 22 ottobre – 6 novembre 2015).

DIRITTO DEL LAVORO

nullità della rinuncia del lavoratore alla liquidazione del trattamento di fine rapporto (Cass., sez. lavoro, sent. n. 23087/2015).

DIRITTO PENALE

Falso c.d. valutativo a seguito della modifica dell'art. 2621 cod. civ. (Cass. pen., Sez. V, ud. 12 novembre 2015).

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: È legge la proroga dei termini ( D.L. n. 153/2015, “misure per la finanza pubblica” c.d. decreto Voluntary disclosure).

MARCHI E BREVETTI

L'importazione di alcuni modelli digitali dall'estero non si può bloccare.

PRIVACY

Telemarketing: le ultime decisioni del Garante della privacy (Garante Privacy, 26 novembre 2015).

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

poteri dl curatore fallimentare: la richiesta di dissequestro (Cass., sez. II Pen., sent. 16 novembre 2015).

SICUREZZA SUL LAVORO

infortunio del soggetto estraneo all'azienda (Cass., Pen. Sez. IV, sent. n. 44793/2015).

TRUST

Trust: il Consiglio nazionale del notariato contro gli orientamenti della Cassazione (Studio CNN 132/2015/T).

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Separazioni e divorzi in comune: il rifiuto dell'ufficiale dello stato civile può essere impugnato (Trib. di Milano, sez. Nona, decreto del 24 settembre 2015).

INCENTIVI

Incentivi all'assuzione anche per liberi professionisti.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Aggiornato il Sistema ISO anche negli Studi legali e imprese.

 

ALIMENTI

Approvato alla Camera il Provvedimento “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare” (Ddl. 348-B, istitutiva di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare, 19 novembre 2015).

Il 19 novembre 2015 la Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge 348-B che istituisce un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare. L'istituzione del sistema avviene in linea con la disciplina internazionale e nazionale sulla materia ed è costituito da:

a) l' Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare, istituita presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (articolo 3), ove sono indicate tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica;

b) la Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare (articolo 4);

c) il Portale nazionale della biodiversità agraria e alimentare (articolo 5);

d) il Comitato permanente per la biodiversità di interesse agricolo ed alimentare (articolo 8).

Obiettivo di questa Legge è la valorizzazione della ricchezza agricola dell'Italia, riconoscendo all'agricoltore il ruolo di “Custode” di questo inestimabile patrimonio. All'interno del piano triennale di attività del CREA sono previsti interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla.

***

La riforma dei reati in materia agroalimentare e D.lgs. 231/2001 (Ddl. “Nuove norme in materia di reati agroalimentare” 14 ottobre 2015).

Si sono conclusi lo scorso 14 ottobre i lavori per lo Schema di disegno di legge recante “Nuove norme in materia di reati agroalimentare”.

La strada prescelta è stata quella di un duplice intervento nel corpo del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231: l’ampliamento dei reati presupposto alle frodi in commercio di prodotti alimentare (artt. 516, 517, 517 quater e 517 quater c.p.) e dei delitti contro la salute pubblica (artt. 439, 439 bis, 440, 440 bis, 444, 445 bis e 452 c.p.) da una parte; la previsione di una peculiare figura di Modello di organizzazione e

gestione, idoneo a escludere o attenuare la responsabilità delle imprese alimentari

costituite in forma societaria, dall’altra. Ai fini del riconoscimento di una capacità esimente (o comunque attenuante) per il modello, percorrendo la strada già intrapresa in materia di sicurezza sul lavoro

dall’art. 30 del d. lgs. n. 81/2008, sono state individuate talune caratteristiche ben

precise, sostanzialmente riconducibili:

a) all’adempimento di obblighi giuridici, sanciti sia a livello nazionale che sovranazionale, relativi al rispetto degli standard di fornitura di informazioni sugli alimenti, alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie, di vigilanza e di controllo sui prodotti alimentari, alle procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari importati, prodotti, trasformati, lavorati o distribuiti non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti, alle attività di valutazione e di

gestione del rischio e alle periodiche verifiche sull’effettività e sull’adeguatezza del

modello stesso;

b) alla presenza, all’interno del modello, di idonei sistemi di registrazione delle

attività prescritte, di un’articolazione di funzioni tale da garantire adeguate

competenze tecniche e necessari poteri per le attività di verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, di un adeguato sistema disciplinare e soprattutto un idoneo sistema di vigilanza e controllo sull’attuazione del modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.

Nei confronti di piccole e medie imprese si prevede una notevole semplificazione, con la possibilità che il compito di vigilanza possa essere assegnato a un solo soggetto, purché dotato – oltre che di autonomi poteri di iniziativa e di controllo – di adeguata professionalità e specifica competenza anche (ma non solo) nel settore alimentare, individuato nell’ambito di un elenco nazionale appositamente istituito.

Sempre in chiave semplificatoria, è consentito al titolare di imprese alimentari

aventi meno di dieci dipendenti e un volume d’affari annuo inferiore a 2 milioni di euro di svolgere direttamente i compiti di prevenzione e tutela della sicurezza degli alimenti o mangimi e della lealtà commerciale (sempre che abbia frequentato corsi di

formazione adeguati alla natura dei rischi correlati alla propria attività produttiva), venendo meno l’obbligo di designare l’operatore del settore degli alimenti o dei mangimi, il responsabile della produzione e il responsabile della qualità.

AMBIENTE

Via libera al Senato del Collegato Ambientale (Ddl. "Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali"collegato alla legge di stabilità 2014 ).

È stato approvato dal Senato il 4 novembre 2015 il Collegato ambientale - disegno di legge recante “disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali”. Il testo ritorna ora al vaglio della Camera. Il Ddl contiene misure per: la mobilità sostenibile nelle città, difesa del mare, valutazione dell’impatto sanitario degli impianti energetici, economia circolare, prevenzione del rischio idrogeologico, potenziamento del servizio idrico e garanzia dei consumi d’acqua essenziali da parte dei cittadini più disagiati, gestione e prevenzione della produzione dei rifiuti, potenziamento e miglioramento degli acquisti verdi da parte della Pubblica amministrazione e per la tutela degli animali domestici, difesa del capitale naturale e per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi svolti dagli ecosistemi e dall’ambiente.

Viene istituito il nuovo marchio volontario “Made Green in Italy” per indicare e comunicare l’impronta ambientale dei prodotti. Chi compra potrà privilegiare il “chilometro zero” certificato e le produzioni agricole e industriali sostenibili.

DIRITTO UE

La mancata accettazione da parte di un lavoratore di una riduzione salariale del 25 % costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi (Corte di Giustizia UE, sentenza 11 novembre 2015 C-422/14 ).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 11 novembre 2015 nella causa C-422/14, ha statuito che la risoluzione di un contratto di lavoro in seguito al rifiuto da parte del lavoratore di acconsentire a una modifica unilaterale e sostanziale, a suo svantaggio, degli elementi essenziali di tale contratto costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi. La Corte ritiene che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso rientra nella nozione di «licenziamento» ai sensi della direttiva. La Corte ricorda che i licenziamenti si caratterizzano per la mancanza di consenso da parte del lavoratore. Nel caso di specie, la cessazione del rapporto di lavoro della lavoratrice che ha acconsentito alla risoluzione consensuale è imputabile alla modifica unilaterale apportata dal datore di lavoro a un elemento sostanziale del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona della lavoratrice stessa. Tale cessazione costituisce quindi un licenziamento. Infatti, secondo i Giudici, la nozione di licenziamento non può essere interpretata restrittivamente in quanto la Direttiva Ue è volta al rafforzamento della tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi. Inoltre, l’obiettivo dell’armonizzazione delle norme applicabili ai licenziamenti collettivi consiste nel garantire una protezione di analoga natura dei diritti dei lavoratori nei vari Stati membri e nell’uniformare gli oneri che tali norme di tutela comportano per le imprese dell’Unione. La nozione di licenziamento condiziona direttamente l’applicazione della tutela e dei diritti predisposti dalla direttiva a favore dei lavoratori. Tale nozione incide, quindi, direttamente sugli oneri per l’impresa che la tutela dei lavoratori comporta. Di conseguenza,

qualsiasi normativa nazionale o interpretazione che conduca a ritenere che, in una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, la risoluzione del contratto di lavoro non costituisca un licenziamento ai sensi della direttiva altererebbe l’ambito di applicazione di quest’ultima, privandola così della sua piena efficacia.

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DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Trasferimento dati in USA: decaduta l'autorizzazione "Approdo sicuro" (Provv. Gar. Privacy, 22 ottobre – 6 novembre 2015).

Il Garante per la Privacy ha dichiarato decaduta l'autorizzazione emanata a suo tempo con la quale si consentivano i trasferimenti di dati verso gli Stati Uniti sulla base del cosiddetto accordo "Safe Harbor". Per poter trasferire dati oltreoceano, società multinazionali, organizzazioni e imprese italiane dovranno ricorrere alle altre possibilità previste dalla normativa sulla protezione dei dati personali. Il provvedimento (in corso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale) è stato adottato dal Garante a seguito della recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che ha dichiarato invalido il regime introdotto in virtù dell'accordo "Approdo sicuro" (Safe Harbor), facendo venire meno il presupposto di legittimità per il trasferimento negli Usa di dati personali dei cittadini europei per chi utilizzava questo strumento. La decisione presa dal Garante è in linea con quanto concordato nelle settimane scorse nell'ambito del Gruppo che riunisce le Autorità della privacy dell'Ue. In attesa delle prossime decisioni che verranno assunte in sede europea, le imprese potranno dunque trasferire lecitamente i dati delle persone solo avvalendosi di strumenti quali, ad esempio, le clausole contrattuali standard o le regole di condotta adottate all'interno di un medesimo gruppo (le cosiddette BCR, Binding Corporate Rules). L'Autorità si è comunque riservata di effettuare controlli per verificare la liceità e la correttezza del trasferimento dei dati.

DIRITTO DEL

LAVORO

nullità della rinuncia del lavoratore alla liquidazione del trattamento di fine rapporto (Cass., sez. lav., sent. n. 23087/2015).

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla validità di un accordo transattivo sottoscritto da un lavoratore alcuni mesi prima della cessazione del rapporto di lavoro, con il quale lo stesso aveva rinunciato a veder computati ai fini del TFR benefici ed emolumenti ulteriori rispetto alla retribuzione che pure erano stati erogati con continuità nel corso del rapporto.

Poiché il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, la rinuncia effettuata dal lavoratore è nulla ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato.

Il diritto alla liquidazione del TFR è dunque un diritto futuro. I giudici della Corte hanno prima di tutto chiarito che, secondo la giurisprudenza di legittimità, dal momento che il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, “la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato”.

La rinuncia del lavoratore subordinato a diritti futuri ed eventuali, infatti, non è annullabile previa impugnazione da proporsi nel termine di cui all’art. 2113 c.c., poiché tale ultima norma si riferisce a diritti già acquisiti e non ad una rinuncia preventiva, come tale incidente sul momento genetico dei suddetti diritti.

Nel caso di specie, quindi, secondo la Cassazione, la Corte di merito ha errato nel negare che la fattispecie concreta attenesse ad una preventiva disposizione di diritti non ancora sorti né maturati.

La Corte ha, dunque, accolto il motivo di ricorso esaminato.

DIRITTO PENALE

Falso c.d. valutativo a seguito della modifica dell'art. 2621 cod. civ. (Cass. pen., Sez. V, ud. 12 novembre 2015).

La Corte di Cassazione nell'udienza del 12 novembre 2015, ha risolto la seguente questione: "Se a seguito della modifica dell'art. 2621 cod. civ., introdotta dall'art. 9 legge 27.5.2015 n. 69 anche mediante la soppressione dell'inciso "ancorché oggetto di valutazioni", il falso c.d. valutativo sia tuttora punibile". La Corte addottando una soluzione affermativa ha precisando che: "Nell'art. 2621 c.c. il riferimento ai 'fatti materiali' quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione della realtà non vale a escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi, che sono anch'essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale. Infatti, quando intervengono in contesti che implicano l'accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere una funzione informativa e possono dirsi veri o falsi". Questa soluzione si pone dunque in netto contrasto con quanto affermato dalla stessa Cassazione, Sez. V, 30 luglio 2015, n. 33774 che, al contrario, aveva affermato la sopravvenuta irrilevanza dei falsi c.d. valutativi.

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: È legge la proroga dei termini ( D.L. n. 153/2015, “misure per la finanza pubblica” c.d. decreto Voluntary disclosure).

Il 13 novembre scorso è stato convertito in legge il d.l. n. 153/2015 che ha prorogato i termini per l'accesso alla voluntary disclosure. Come stabiliva il D.l. l’accesso alla procedura è consentito fino al 30 novembre, mentre l’integrazione dell'istanza e l'invio della relativa relazione di accompagnamento devono avvenire entro il 30 dicembre 2015, termine quest’ultimo utilizzabile non solo dai nuovi aderenti alla procedura ma anche da chi avesse già presentato la documentazione necessaria e dovesse correggerla. Inoltre, il termine ultimo per concludere le procedure di controllo ed accertamento è fissato al 31 dicembre 2016 per le contestazione dell'anno 2010.

MARCHI E

BREVETTI

L'importazione di alcuni modelli digitali dall'estero non si può bloccare.

L'ITC (International Trade Commission) aveva imposto il blocco delle importazioni all'interno degli Stati Uniti di alcuni modelli digitali ad uso dentistico sviluppati in Pakistan e da lì inviati negli Stati Uniti per essere realizzati con stampanti 3D. La US Court of Appeals for the Federal Circuit ha accolto i ricorsi mossi nei confronti della decisione dell'ITC in quanto l'infrazione brevettuale avviene fuori dagli Stati Uniti e comporta solo successivamente, e per via telematica, l'ingresso nel Paese di mezzi per creare prodotti attraverso la stampa 3D. La questione riguarda il diritto brevettuale e la giurisdizione sui beni digitali. L'ITC considerava tale caso un aggiramento delle leggi che regolano la proprietà intellettuale e decise così di intervenire come se si trattasse di prodotti fisici. Pur non potendo ordinare un blocco dei prodotti incriminati presso le frontiere digitali, aveva deciso di considerare "spediti" negli Stati Uniti tali file, facendoli rientrare nella definizione di merce importata. L'ITC stabiliva in tal modo l'esistenza di un confine digitale che opera nella stessa maniera di quello fisico. Ciò spinse le aziende ICT e associazioni di categoria ad opporsi alla decisione della Commissione in quanto l'estensione ai dati digitali della propria giurisdizione va contro inequivocabilmente i poteri conferitoli dal Congresso. Tali argomentazioni sono state accolta dalla US Court of Appeals for the Federal Circuit.

PRIVACY

Telemarketing: le ultime decisioni del Garante della privacy (Garante Privacy, 26 novembre 2015).

Con la newsletter n. 480 del 26 novembre 2015, sono state rese note alcune recenti decisioni del Garante per la protezione dei dati personali inerenti al telemarketing. Le società di telemarketing non possono contattare un’utenza riservata senza aver prima acquisito il consenso dell’intestatario della linea: è quanto deciso dal Garante privacy relativamente al caso di un utente che lamentava di essere disturbato da offerte promozionali telefoniche nonostante il suo numero non fosse presente – dietro sua richiesta – in alcun elenco telefonico.

L’azienda destinataria della decisione del Garante, dopo aver inizialmente negato, aveva ammesso che alcune telefonate promozionali erano state gestite tramite il loro centralino su incarico di un gestore telefonico; né la compagnia telefonica né il call center, tuttavia, avevano acquisito il consenso dell’utente a contattarlo sulla sua utenza. Secondo la normativa sulla privacy, invece, è possibile contattare un utente solo qualora questi abbia espresso il proprio consenso al trattamento dei dati personali per finalità di marketing.

Il Garante, pertanto, ha vietato alla società di telemarketing il trattamento dei dati personali dell’interessato e l’utilizzo del numero riservato di potenziali clienti senza previa documentazione di aver acquisito il loro consenso libero e informato.

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

poteri dl curatore fallimentare: la richiesta di dissequestro (Cass., Sez. II Pen., Sent. 16 novembre 2015 n. 45519).

Con la sentenza n. 45519/15 il Supremo Collegio è tornato a pronunciarsi sulla questione della legittimazione del curatore fallimentare a proporre impugnazione contro i provvedimenti in materia di sequestro.

La Corte ha ricordato che le Sezioni Unite hanno recentemente stabilito (n. 11170/15) che il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 231/2001 (confisca). Il curatore fallimentare, infatti, deve certamente essere considerato terzo rispetto al procedimento di sequestro dei beni già appartenuti alla società fallita, con la conseguenza che non può agire in rappresentanza dei creditori.

Pertanto, il curatore non può essere considerato come “un soggetto privato che agisca in rappresentanza o sostituzione del fallito e/o dei singoli creditori o del comitato dei creditori”, ma rappresenta un “organo che svolge una funzione pubblica ed affianca il Tribunale ed il Giudice delegato per perseguimento degli interessi dinanzi indicati”.

Il principio vale anche per le impugnazioni di provvedimenti di rigetto della richiesta di dissequestro. Il principio illustrato, secondo il quale il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro, sottolinea la Corte, non può che comportare la carenza di legittimazione a proporre gravame avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro.

L’assenza di legittimazione del curatore fallimentare a proporre gravame, di conseguenza, determina l’inammissibilità del ricorso.

SICUREZZA SUL

LAVORO

infortunio del soggetto estraneo all'azienda

(Cass. Pen. sez. IV, sentenza n.

44793/2015).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44793/2015, si è pronunciata sul tema dell'estendibilità della tutela antinfortunistica a soggetti estranei all'ambiente di lavoro.

Nella fattispecie, la Corte d’Appello di Milano aveva condannato il responsabile per la sicurezza all'interno di una s.r.l. per il reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) per aver contribuito a cagionare l’investimento di un pedone.

Il giudice di merito rilevava come, pur avendo redatto il documento di valutazione dei rischi ed aver rinvenuto un pericolo nella circolazione dei pedoni nel piazzale, l’imputato non avesse predisposto alcuna misura di sicurezza idonea a scongiurare ipotesi di infortunio, come per esempio passaggi di larghezza sufficiente e delimitati da strisce per la circolazione dei pedoni.

Il condannato ricorreva per Cassazione, rilevando, tra gli altri motivi, che la persona offesa non fosse un dipendente dell’azienda.

La Cassazione ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui, in materia di prevenzione degli infortuni nel luogo di lavoro, anche il terzo ad essa estraneo è beneficiario della tutela vigente in capo ai soggetti preposti ai controlli.

Dal principio appena espresso, deriva dunque che che dell’infortunio occorso all’extraneus risponde il garante della sicurezza, ove l’evento lesivo rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e il soggetto terzo non abbia posto in essere delle condotte di volontaria esposizione al pericolo.

In capo al ricorrente, infatti, vigeva un obbligo di comportamento attivo, consistente nell'attivazione delle misure idonee a neutralizzare i rischi di investimento derivanti dalla circolazione di pedoni ed automezzi nel piazzale.

TRUST

Trust: il Consiglio nazionale del notariato contro gli orientamenti della Cassazione (Studio CNN 132/2015/T).

Con lo Studio n. 132/2015/T il Consiglio nazionale del notariato ha espresso le proprie posizioni in merito al recente orientamento della Corte di Cassazione in materia di imposizione indiretta sui vincoli di destinazione. Con tre ordinanze (nn. 3735, 3737 e 3886 del 4 febbraio 2015) gli Ermellini, in merito all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni ai vincoli di destinazione, hanno ritenuto configurabile un’autonoma imposta gravante sulla costituzione del vincolo, in contrasto con il panorama interpretativo vigente negli ultimi anni.

La Cassazione, chiamata a pronunciarsi in tre casi concernenti ipotesi di trust auto dichiarato con finalità di garanzia, di fondo patrimoniale e di scopo, ha annullato con rinvio le statuizioni con cui le Commissioni Tributarie Regionali si erano pronunciate nel senso della sola imposizione fissa di registro sulla costituzione del vincolo, considerando applicabile l’imposizione in misura proporzionale dell’8%.

L’inversione di tendenza prospettata dagli Ermellini consegue all’interpretazione, operata dagli stessi, dell’art. 2 del d.l. 262/2006 (recante misure in materia di riscossione); il Collegio, infatti, ha ritenuto che, con la suddetta norma, sia stata introdotta una nuova imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione e che il mero contenuto economico della destinazione basti a dimostrare la capacità contributiva del soggetto, con conseguente irrilevanza del trasferimento patrimoniale legato al vincolo.

Il Consiglio nazionale del notariato ha rilevato alcune criticità nella suddetta interpretazione, potenzialmente idonea, a parere dell’organismo, ad estendere l’applicazione dell’imposta ad ogni tipologia di vincolo di destinazione, anche di natura non traslativa ed indipendentemente dal carattere oneroso o liberale.

Lo studio del Consiglio evidenzia come l’orientamento della Suprema Corte abbia sollevato dubbi anche in molta parte della dottrina, che ha concentrato le proprie critiche sull’insostenibilità della tesi dell’istituzione di una nuova imposta, stante il tenore letterale della norma, e sul possibile contrasto dell’interpretazione suddetta con l’art. 53 della Costituzione.

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Separazioni e divorzi in comune: il rifiuto dell'ufficiale dello stato civile può essere impugnato (Trib. di Milano, sez. Nona, decreto del 24 settembre 2015).

In caso di accordi di separazione e divorzio dinnanzi al Comune, è possibile impugnare il rifiuto dell'Ufficiale dello Stato civile a ricevere le dichiarazioni dei coniugi, necessarie per perfezionare l'iter.

Nonostante il decreto legge 132/2014 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione) nulla abbia disposto a tal proposito, può applicarsi la disposizione ex art. 95 del DPR 396/2000 ed entrambi i coniugi potranno rivolgersi al Tribunale. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano in un recente decreto (presidente Servetti, estensore Buffone) che negli accordi di separazione o divorzio davanti al Sindaco del Comune ha consentito di far riferimento all'art. 7 del DPR 396/2000 secondo cui "nel caso in cui l'ufficiale dello stato civile rifiuti l'adempimento di un atto da chiunque richiesto, deve indicare per iscritto al richiedente i motivi del rifiuto". Nel silenzio del decreto legge 132/2014, dalla norma citata può desumersi un potere di rifiuto in capo al funzionario esercitabile in via generale: tuttavia, questo richiamo consente anche di rintracciare il contestuale regime giuridico di impugnazione applicabile anch'esso in via generale a fronte del diniego opposto.

A seguito del rifiuto dell'ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione, sarà possibile ricorrere al Tribunale ex artt. 95 e 96 Dpr n. 396/2000. Al ricorso fa seguito un procedimento in camera di consiglio, in cui dovranno essere sentiti gli interessati e il Procuratore della Repubblica, al termine del quale il collegio provvederà con decreto motivato.

Tuttavia, il Tribunale di Milano chiarisce che il rifiuto opposto dal funzionario dovrà essere impugnato da ambedue i coniugi poiché, trattandosi dello scioglimento del loro matrimonio, costoro assumono le caratteristiche di una parte plurisoggettiva a composizione necessaria.

Al contrario, se impugnasse solo uno dei due, l'acquiescenza dell'altro integrerebbe un difetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p. di colui che impugna uti singuli.

INCENTIVI

Incentivi all'assuzione anche per liberi professionisti .

Gli incentivi all’assunzione sono diversi e consistono in sgravi contributivi o in bonus conguagliati in sede di pagamento dei contributi. Le agevolazioni all’assunzione valide per le imprese possono essere utilizzate dai professionisti. Tra i pricipali si possono ricordare: Bonus disoccupati 2016; Bonus Garanzia Giovani; Apprendistato; Bonus donne disoccupate; Bonus disoccupati over 50.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Aggiornato il Sistema ISO anche negli Studi legali e imprese..

E' stata aggiornata la normativa tecnica europea ed internazionale EN ISO 9001, finalizzata ad indicare i requisiti standard per i Sistemi di Gestione per la Qualità. L’entrata in vigore della versione aggiornata della norma, UNI EN ISO 9001:2015, determina il graduale abbandono delle disposizioni previgenti in materia.

Per un periodo di tre anni (che si concluderà nel settembre 2018), tutte le organizzazioni o imprese che hanno adeguato il loro sistema di gestione alla versione precedente della norma tecnica ISO (2008) potranno gradualmente passare alla nuova edizione.

Allo scadere del triennio, però, le certificazioni non conformi alla UNI EN ISO 9001:2015 saranno ritirate dal mercato.

Newsletter a cura di Novastudia Milano:

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

ALIMENTI

OGM: tutto quello che c’è da sapere (P.E. 27 ottobre 2015).

AMBIENTE

Procedura d'infrazione contro l'Italia per la mancata revisione dei piani di gestione dei rifiuti (2015/0439 - 2015/2165 - Piani regionali di gestione dei rifiuti. Attuazione degli artt. 28 e 30 della direttiva 2008/98/CE).

DIRITTO UE

TTIP e clausola ISDS: una faccenda davvero complicata.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Facebook e il trasferimento dei dati in Usa (Corte di Giustizia Ue, sentenza del 6 ottobre 2015, C-362-14 ).

DIRITTO DEL LAVORO

La crisi d'impresa di lungo corso non costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento (C. Cass., sez. Lav., sent. 13 ottobre 2015, n. 20534/15).

DIRITTO PENALE

Anche se grossolana, la contraffazione è reato (C. Cass. Pen., 8 ottobre 2015, n. 40394).

DIRITTO TRIBUTARIO

Reati tributari e individuazione del profitto (C. Cass., sent. 9 ottobre 2015, n. 40534)

MARCHI E BREVETTI

XAΛΛOYMI e HALLOUMI non sono marchi comunitari (Trib. Ue, sent. 7 ottobre 2015 C- 292/14 e T-293/14).

PRIVACY

Google e diritto all’oblio: 50 le cause sostenute dal Garante (Garante Privacy, 26 ottobre 2015).

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

La responsabilità degli enti non è retroattiva (C. Cass. Pen. Sez. III, 30 settembre 2015, n. 39373).

SICUREZZA SUL LAVORO

Responsabilità del datore per la morte del lavoratore cagionata da macchinari non a norma (C. Cass. Pen., Sez. IV, sent. 28 ottobre 2015, n. 43425).

TRUST

Si alla revocatoria se Trust in danno ai creditori (Trib. Roma, 12 ottobre 2015).

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Diritto alla continuità affettiva dei bimbi in affido (DDL. n. 2957 sul “diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare” 14 ottobre 2015).

INCENTIVI

Misure per l’autoimprenditorialità - Nuove imprese a tasso zero (circolare direttoriale 9 ottobre 2015 n. 75445).

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Ancora nessun obbligo di assicurazione professionale per gli avvocati

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

OGM: tutto quello che c’è da sapere (P.E. 27 ottobre 2015).

Sul sito del Parlamento europeo è stato pubblicato IL 27 OTTOBRE 2015 una breve sintesi dal titolo: “ogm: tutto quello che c’è da sapere”. Da aprile 2015, con la nuova direttiva UE è stato stabilito che i paesi possono decidere se consentire la coltivazione di OGM sul loro territorio. Per gli OGM sono necessarie in Unione Europea una autorizzazione preventiva e una valutazione scientifica del rischio, sia per la coltivazione che la commercializzazione degli OGM importati.

L'autorizzazione è stabilita a livello europeo, anche se i paesi hanno l’ultima parola.

AMBIENTE

Procedura d'infrazione contro l'Italia per la mancata revisione dei piani di gestione dei rifiuti (2015/0439 - 2015/2165 - Piani regionali di gestione dei rifiuti. Attuazione degli artt. 28 e 30 della direttiva 2008/98/CE).

La Commissione Ue ha aperto una procedura d'infrazione (2015/0439 - 2015/2165 - Piani regionali di gestione dei rifiuti. Attuazione degli artt. 28 e 30 della direttiva 2008/98/CE.) contro l'Italia per la mancata revisione dei piani di gestione dei rifiuti, prevista ogni sei anni dalla direttiva 2008/98. Per il territorio italiano sono le Regioni a dover provvedere. Con la messa in mora si sono verificate le attività di aggiornamento, riscontrando inadempienze per tutte le Regioni e Province autonome italiane ad eccezione di Lazio, messosi in regola nel 2012, Marche, regolarizzatesi nel corso di quest'anno, Puglia e Umbria, non ancora in regola, ma che hanno tempo sino a fine anno per provvedere.

DIRITTO UE

TTIP e clausola ISDS: una faccenda davvero complicata.

TTIP è un acronimo del nome inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership ed è l’accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziazione tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America con l’obiettivo di “aumentare gli scambi e gli investimenti tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti realizzando il potenziale inutilizzato di un mercato veramente transatlantico, generando nuove opportunità economiche di creazione di posti di lavoro e di crescita mediante un maggiore accesso al mercato e una migliore compatibilità normativa e ponendo le basi per norme globali”. L’accordo potrebbe, quindi, aprire il mercato statunitense alle imprese dell’Unione europea, in particolare a quelle più piccole, contribuendo a ridurre i costi ed eliminando gli oneri amministrativi superflui. La Commissione europea sta negoziando il TTIP e pare che il testo finale comprenderà 24 capitoli. Le trattative sono state spesso oggetto di critiche, sopratutto per la loro segretezza.

Una delle questioni più controverse riguarda, però, la clausola ISDS, Investor-State Dispute Settlement, ossia la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato attraverso un procedimento arbitrale. Si tratta di uno strumento presente in numerosi trattati di libero scambio e d’investimento che permette di ricorrere a una Corte arbitrale per proteggere gli investimenti internazionali delle imprese straniere nel paese di accoglienza bypassando il Tribunale nazionale. Perchè è così controversa la clausola ISDS? La Corte arbitrale è composta da tre esperti di commercio, in genere, avvocati e docenti universitari di diritto internazionale che vengono scelti: il primo dall’azienda, il secondo dallo Stato e il terzo dai primi due. Decidono in luogo dei Tribunali nazionali e le udienze non sono pubbliche ma le sentenze sono vincolanti per gli Stati ed enti locali. Secondo uno studio UNCTAD (La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo) del febbraio 2015, nel corso del 2014 sono stati presentati dagli investitori 42 ricorsi a tribunali ISDS. Come rilevato, le maggiori critiche volte a questo strumento riguardano il rischio per la sovranità degli Stati, in quanto si permetterebbe alle multinazionali di ricorrere contro alcune legislazioni dei Paesi. L’8 luglio 2015 il Parlamento Europeo ha approvato una Risoluzione nella quale chiede alla Commissione di garantire che gli investitori stranieri siano trattati in modo non discriminatorio e che beneficino al contempo degli stessi diritti degli investitori nazionali, sostituendo il sistema ISDS con un nuovo sistema per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stati. Tale nuovo sistema dovrebbe essere soggetto ai principi e al controllo democratici, i possibili casi dovrebbero essere trattati in modo trasparente da giudici togati, indipendenti e nominati pubblicamente, le udienze dovrebbero essere pubbliche e si dovrebbe prevedere un meccanismo di appello in grado di assicurare la coerenza delle sentenze ed il rispetto della giurisdizione dei tribunali dell’Unione e degli Stati membri. La Commissione europea il 16 settembre scorso ha approvato la proposta relativa al nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati che dovrebbe sostituire l’attuale. La Commissione avvierà ora le discussioni con il Consiglio e il Parlamento europeo. Quando il testo della proposta sarà stato discusso, verrà presentato come proposta della UE nei negoziati commerciali UE-USA e sarà utilizzato in altri negoziati in corso e futuri.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Facebook e il trasferimento dei dati in Usa (Corte di Giustizia Ue, sentenza del 6 ottobre 2015, C-362-14 ).

La Corte di Giustizia dell’Ue con sentenza del 6 ottobre scorso nella causa C-362-14 ha dichiarato invalida la decisione della Commissione europea, del 26 luglio 2000, che attestava che gli Stati Uniti garantiscono un adeguato livello di protezione dei dati personali trasferiti. La Corte ha stabilito che qualora esista una decisione della Commissione che dichiara adeguato un livello di protezione in un Paese terzo, le Autorità nazionali di controllo possono comunque valutare se il trasferimento dei dati della persona verso quel Paese rispetti i requisiti della normativa dell’Unione sulla protezione dei dati. Il caso esaminato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea riguardava un cittadino austriaco, utente di Facebook dal 2008, i cui dati furono trasferiti, come avviene per gli utenti Ue di tale servizio, in tutto o in parte, dalla filiale irlandese di Facebook, su server situati nel territorio degli Stati Uniti, dove poi sarebbero stati trattati. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 6 ottobre 2015 precisava che una decisione della Commissione che dichiara che un Paese terzo garantisce un livello di protezione adeguato dei dati personali trasferiti non può sopprimere e neppure ridurre i poteri di controllo di cui dispongono le Autorità Nazionali in forza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. La Corte sottolinea, a questo proposito, il diritto alla protezione dei dati personali garantito dalla Carta e la missione di cui sono investite le Autorità nazionali di controllo in forza della Carta medesima. Secondo la Corte, la Commissione nella sua decisione si è limitata a esaminare il regime denominato “dell’approdo sicuro” non menzionando l’esistenza, negli Stati Uniti, di norme intese a limitare eventuali ingerenze da parte delle Autorità pubbliche americane nei diritti fondamentali delle persone, né l’esistenza di una tutela giuridica efficace contro tali ingerenze. Sotto il profilo della tutela equivalente, una normativa che consenta alle Autorità pubbliche di accedere in maniera generalizzata al contenuto di comunicazioni elettroniche deve essere considerata lesiva del contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata. Parimenti, la Corte osserva come una normativa che non preveda la facoltà per il singolo di esperire rimedi giuridici diretti a impedire a terzi di accedere ai dati personali che lo riguardano, né tantomeno la possibilità di ottenerne la rettifica o la cancellazione, viola il contenuto essenziale del diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva. La Commissione non aveva, dunque, la competenza per limitare i poteri delle Autorità nazionali di controllo e, pertanto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea dichiarava invalida la decisione del 26 luglio 2000 con la conseguenza che l’Autorità irlandese di controllo sarà tenuta a esaminare la denuncia del cittadino austriaco. Al termine della sua indagine, dovrà decidere se, in forza della direttiva, occorrerà sospendere il trasferimento dei dati degli utenti Facebook europei verso gli Stati Uniti perché tale Paese non offre un livello di protezione dei dati personali adeguato.

DIRITTO DEL

LAVORO

La crisi d'impresa di lungo corso non costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento (C. Cass., sez. Lav., sent. 13 ottobre 2015, n. 20534/15).

Secondo la Cassazione, la crisi economica dell’azienda costituisce giustificato motivo oggettivo del licenziamento purché essa non si sia protratta per un lasso di tempo eccessivamente lungo.

A sostegno di tale assunto si argomenta che la crisi di lungo periodo, proprio a causa della sua non contingenza, non può costituire circostanza idonea a costringere il datore di lavoro a licenziare una parte dei suoi dipendenti. Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, una società proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che accoglieva il reclamo proposto ai sensi dell’art. 1, comma 58, L. 92/12 da un lavoratore licenziato dall'impresa stessa per motivi di difficoltà economica. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice di merito argomentando che la sussistenza del giustificato motivo oggettivo deve essere valutata in relazione alle condizioni di fatto esistenti al momento del recesso.

Il giustificato motivo oggettivo può sussistere anche qualora il licenziamento sia imputabile ad un riassetto organizzativo dell’azienda, finalizzato ad una gestione più economica della stessa.

Tuttavia, nel caso di specie, la situazione di crisi aziendale – addotta a motivazione del licenziamento – si protraeva dal 2008; pertanto, il giudice di merito aveva ritenuto insussistente il giustificato motivo oggettivo per le ragioni sopra esposte.

DIRITTO PENALE

Anche se grossolana,

la contraffazione è reato (Cass. Pen., ’8 ottobre 2015 n. 40394).

La Corte di Cassazione con sentenza depositata l’8 ottobre 2015 n. 40394 ha avuto modo di ribadire ancora una volta che la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto integra il delitto di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) anche se la contraffazione è grossolana. La questione della configurabilità del delitto di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen. con riferimento alla produzione di oggetti seriali, costituenti riproduzione morfologica di cose protette da marchio è, infatti, stata oggetto di un dibattito che ha portato a contrastanti indirizzi giurisprudenziali. Nella sentenza dell’8 ottobre 2015 n. 40394 la Corte di Cassazione torna sull’argomento ribadendo che non è estranea alla previsione del reato di cui all’art. 474 cod. pen. la condotta di chi produce e mette in commercio prodotti seriali che riproducono un personaggio di fantasia protetto da registrazione ancorché in modo imperfetto e senza indicazione della sua denominazione. Infatti, ai fini della configurabilità del reato di commercio di prodotti con segni falsi è sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione, con riferimento non solo al momento dell’acquisto, bensì alla loro successiva utilizzazione. A nulla rileva che il marchio, se notorio, risulti o meno registrato, in quanto dall’illiceità dell’uso senza giusto motivo di un marchio identico o simile ad altro notorio anteriore deriva un indebito vantaggio.

Quanto all’inidoneità della condotta la Suprema Corte, in questa pronuncia, ricorda che integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana. L’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchi.

In quanto reato contro la pubblica fede, si perfeziona anche attraverso il compimento di un atto isolato di vendita o di messa in vendita di un prodotto contraddistinto da marchi o da segni distintivi mendaci. Si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno. Ne consegue che non può parlarsi di reato impossibile per il solo fatto che l’asserita grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti vengano tratti in inganno.

DIRITTO TRIBUTARIO

Reati tributari

e individuazione

del profitto (C. Cass., sent. 9 ottobre 2015, n. 40534).

La sentenza della Corte di Cassazione del 9 ottobre 2015 n. 40534 verte sulla problematica riguardante l’individuazione del profitto nei reati tributari ex art. 11 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) del D.Lgs 10.03.2000, n. 74, ai fini della confisca per equivalente ex art. 322-ter, II comma, c.p.. Nel caso di specie, l’indagato aveva fatto confluire in un trust fiduciario alcuni suoi beni mobili e immobili, ammettendo, nell’atto costitutivo, l’esistenza di un debito verso l’erario e, quindi, con l’eventualità di vedersi esperita contro un’azione revocatoria. Ciononostante, il Tribunale di Roma, ritenendo sussistente nel caso di specie il fumus del reato, confermava il decreto di sequestro preventivo di alcuni beni conferiti nel trust. A seguito di ricorso per Cassazione, la Suprema Corte, con sentenza n. 40534/2015, ha confermato la condanna e il sequestro dei beni, in particolare statuendo che, ai fini dell’esclusione del reato ex art. 11 del D.Lgs 10.03.2000 n. 74 a nulla vale qualsivoglia indicazione – nell’atto di costituzione del trust – di un debito verso l’erario recuperabile attraverso l’esperimento di una azione giudiziaria, in quanto ciò rappresenta in re ipsa un chiaro aggravamento della sua posizione debitoria. In merito all’individuazione del profitto del reato (confiscabile per equivalente), inoltre, la Corte di Cassazione ha chiarito che esso deve essere individuato non nell’ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto, ma nella riduzione simulata e fraudolenta del patrimonio su cui il fisco ha diritto di soddisfarsi, ovvero, nella somma di denaro la cui sottrazione all’erario viene perseguita, indipendentemente dall’esito favorevole o meno (attesa la struttura di pericolo della fattispecie).

MARCHI E

BREVETTI

XAΛΛOYMI e HALLOUMI non sono marchi comunitari (Trib. Ue, sent. 7 ottobre 2015 C- 292/14 e T-293/14).

Il Tribunale dell’Unione europea con le Sentenze nelle cause C- 292/14 e T-293/14 del 7 ottobre 2015 ha rigettato due ricorsi della Repubblica di Cipro presentati contro due decisioni dell’UAMI concernenti domande di registrazione, rispettivamente, del segno denominativo XAΛΛOYMI e del segno denominativo HALLOUMI come marchi comunitari. Più precisamente, il 13 e il 15 febbraio 2013 la Repubblica di Cipro, ha presentato due domande di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (UAMI). HALLOUMI e XAΛΛOYMI, i marchi per cui era stata chiesta la registrazione, rientrano nella classificazione internazionale per formaggio, latte e prodotti lattiero-caseari. 
L’UAMI ha respinto le domande di registrazione sulla base del fatto che questi marchi fossero descrittivi dei prodotti e privi di carattere distintivo. La Repubblica di Cipro si è rivolta, dunque, al Tribunale dell’Unione Europea per ottenere l’annullamento delle decisioni dell’UAMI. Con sentenza del 7 ottobre 2015 il Tribunale ha respinto i ricorsi della Repubblica di Cipro, 
confermando le decisioni dell’Uami. Secondo i Giudici, i marchi non potevano essere registrati come marchi comunitari in quanto designano una specialità di formaggio di Cipro e descrivono, quindi, direttamente, almeno agli occhi del pubblico cipriota, il tipo e l’origine geografica del formaggio, del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Ai sensi dell’art. 7 del Regolamento sul Marchio Comunitario n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica o l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o del servizio. I segni e le indicazioni sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico destinatario, possono servire per designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è chiesta la registrazione. Pertanto, la valutazione del carattere descrittivo di un segno non può che essere svolta, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi interessati e, d’altro lato, con riferimento alla comprensione che ne ha il pubblico di riferimento. Inoltre, un segno che, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali viene richiesta la sua registrazione come marchio, possieda carattere descrittivo è privo di carattere distintivo rispetto a tali prodotti o servizi. Il Tribunale ricorda, inoltre, che il regolamento sul marchio comunitario n. 207/2009 non prevede la registrazione dei marchi di certificazione; tali marchi devono essere depositati quali marchi individuali e possono essere registrati solo se nessuno degli impedimenti assoluti alla registrazione previsti dal regolamento sul marchio comunitario può essere invocato. Il diritto sul marchio comunitario può essere acquisito solo tramite registrazione e quest’ultima è rifiutata segnatamente qualora il marchio sia sprovvisto di carattere distintivo, sia illecito o qualora diritti preesistenti si contrappongano a esso.

PRIVACY

Google e diritto all’oblio: 50 le cause sostenute dal Garante (Garante Privacy, 26 ottobre 2015).

Sono circa cinquanta i ricorsi definiti dal Garante privacy relativi a persone comuni, figure pubbliche locali, professionisti che si sono rivolti all'Autorità dopo il mancato accoglimento delle richieste di deindicizzazione da parte di Google. Un'altra decina di ricorsi sono in via di definizione. E' il bilancio dell'attività del Garante a quasi un anno e mezzo dalla cosiddetta sentenza "Google Spain" (C-131/12 ) della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sul diritto all'oblio, che ha imposto a Google di dare un riscontro alle richieste di rimozione, dai risultati della ricerca, dei link alle pagine web che contengono il nominativo del richiedente. Di fronte al diniego di Google, gli utenti italiani possono rivolgersi in "appello" al Garante per la privacy o all'autorità giudiziaria.

In circa un terzo dei casi definiti, il Garante ha accolto le richieste degli interessati ordinando a Google la rimozione dei link a pagine presenti sul web che riportavano dati personali ritenuti non più di interesse pubblico, informazioni spesso eccedenti, riferite anche a persone estranee alla vicenda giudiziaria narrata, o lesive della sfera privata. In tutti gli altri casi, invece, l'Autorità ha respinto le richieste ritenendo che la posizione di Google fosse corretta, risultando prevalente l'interesse pubblico ad accedere alle informazioni tramite motori di ricerca. Si trattava, infatti, in prevalenza, di vicende processuali di sicuro interesse pubblico, anche a livello locale, spesso recenti o per le quali non erano ancora stati esperiti tutti i gradi di giudizio. I dati personali riportati, tra l'altro, risultavano trattati nel rispetto del principio di essenzialità dell'informazione.

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

La responsabilità degli enti non è retroattiva (C. Cass. Pen. Sez. III, 30 settembre 2015, n. 39373).

Il novero dei reati contemplati dal D.lgs. 231/2001, come è noto, è in continua espansione, e questo processo di ampliamento dell'area di punibilità espone la categoria degli enti ad un ventaglio sempre più ampio di fattispecie incriminatrici. Tuttavia, come ha stabilito il 30 settembre la Corte di Cassazione, il principio di legalità, peraltro riportato anche all'interno dell'art. 2 dello stesso decreto legislativo, impedisce che un ente sia chiamato a rispondere di un reato entrato a far parte del corpus normativo del D.lgs. 231/2001 in un momento successivo rispetto alla sua commissione.

Nel caso di specie erano stati addebitati ad una società alcuni reati ambientali la cui incriminazione era avvenuta in un momento appena posteriore rispetto alla commissione degli stessi da parte delle personalità componenti l'organico dell'ente.

In questa sede occorre sottolineare un ulteriore aspetto interessante del provvedimento: la Suprema Corte, nel rinviare la decisione al Tribunale, sembra non escludere la punibilità dell'ente per il reato di stoccaggio di rifiuti, considerata la sua natura di reato permanente. La consumazione dello stesso infatti, terminerebbe, secondo giurisprudenza consolidata, con la rimozione della situazione abusiva, attività che, nel caso in esame, non sarebbe stata eseguita se non successivamente all'entrata in vigore della nuova fattispecie.

SICUREZZA SUL

LAVORO

Responsabilità del datore per la morte del lavoratore cagionata da macchinari non a norma (C. Cass., Sez. IV Pen., sent. 28 ottobre 2015, n. 43425).

Il datore di lavoro deve vigilare affinché le attrezzature ed i macchinari utilizzati sul posto di lavoro siano mantenuti in uno stato conforme a quanto dispone la normativa sulla sicurezza sul posto dei lavoratori. Quest'obbligo va adempiuto anche in occasione delle manutenzioni operate sui macchinari a norma, che, nel processo di riparazione, possono subire delle modifiche tali da renderle pericolose per il personale addetto ai lavori.

Il certificato di conformità ed il marchio CE richiesti per immettere il prodotto nel mercato, infatti non costituiscono di per sé garanzie idonee ad esonerare il datore da ogni responsabilità per tutta la durata d'impiego del macchinario all'interno dell'azienda.

Nel caso in esame, deciso dalla Cassazione con sentenza depositata il 28 ottobre 2015, in un momento anteriore ad un infortunio mortale, era stata apportata alla macchina una modifica che aveva vanificato le misure di sicurezza delle quali il congegno stesso era inizialmente dotato. Pertanto, i giudici di merito hanno ritenuto che il datore fosse colpevole di non aver esercitato l'attività di vigilanza sulle macchine interessate dall'opera di manutenzione. La responsabilità addebitata all'ente corrisponde alla fattispecie dell'omicidio colposo, dal momento che la morte del lavoratore era stata cagionata, di fatto, dalla condotta negligente del datore che aveva omesso il controllo del macchinario.

TRUST

Si alla revocatoria se Trust è in danno ai creditori (Trib. Roma, 12 ottobre 2015).

Il Tribunale Roma con sentenza 12 ottobre 2015 ha accolto la domanda per revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. promossa dall’attore e dalla parte intervenuta, avente ad oggetto l’atto di disposizione con cui il convenuto ha trasferito in un trust la quota indivisa di sua pertinenza di un immobile di pregio. Il tribunale osserva che gli elementi di giudizio disponibili ben consentissero di ritenere che il convenuto aveva puntuale consapevolezza del pregiudizio che tale atto di disposizione arrecava ai creditori. Il debitore si era risolto a porre in essere l’atto volto a “segregare” il suo patrimonio, proprio qualche giorno dopo che il G.E. gli aveva ordinato l’immediato deposito delle somme da lui incamerate in veste di Notaio delegato per la vendita all’incanto dei beni pignorati. Inoltre le specifiche competenze professionali del convenuto, inducono il giudicante a ritenere che egli si sia risolto al compimento dell’atto di conferimento nel trust proprio al fine preordinato di sottrarre l’immobile in comproprietà, alla funzione di garanzia patrimoniale in favore di futuri e prevedibili “pretendenti”.

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Diritto alla continuità affettiva dei bimbi in affido (DDL. legge n. 2957 sul “diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare” 14 ottobre 2015) .

La Camera dei deputati, nella seduta del 14 ottobre scorso, ha definitivamente approvato, senza modificazioni, la proposta di legge n. 2957, già approvata dal Senato il 12 marzo scorso sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare. Il Provvedimento, non ancora promulgato, ridefinisce il rapporto tra procedimento di adozione e affidamento familiare (cd. Affido). Alla famiglia affidataria viene riconosciuta una corsia preferenziale, consentendole, dunque, di concorrere per l’adozione del minore in forza dei “legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia” al fine di evitare un secondo doloroso distacco. Nel caso dell’affido, la famiglia o la persona che si rende disponibile ad accogliere il minore è consapevole di offrirgli una casa e un ambiente affettivo temporanei, in quanto la responsabilità genitoriale permane in capo alla famiglia d’origine – o all’autorità che ha provveduto al suo provvisorio allontanamento – e l’obiettivo cui punta l’istituto è quello di reintegrare il minore nella sua famiglia di origine.

Nel caso dell’adozione, invece, la famiglia che accoglie il minore è consapevole di assumere in tutto e per tutto, al termine del periodo di affidamento preadottivo, la responsabilità genitoriale in maniera definitiva e non reversibile.

Ciononostante, la prassi ha dimostrato che l’affidamento, talvolta, perde nel corso del suo svolgimento il carattere di «soluzione provvisoria e temporanea» che la legge invece gli attribuisce. Come noto, il periodo massimo di affidamento previsto dalla legge è pari a 2 anni, prorogabile da parte del tribunale dei minorenni laddove se ne riscontri l’esigenza (quando la sospensione dell’affido rechi pregiudizio al minore): questo termine è, quindi, la soglia di riferimento circa la durata che dovrebbe avere la permanenza in accoglienza del minore.

In relazione all’esigenza di valorizzare il rapporto di affidamento, garantendo una corsia preferenziale nell’adozione alle famiglie già affidatarie del minore, la Corte europea per i diritti dell’uomo si è pronunciata con una sentenza 27 aprile 2010 (Affare Moretti e Benedetti c. Italia – causa n. 16318/07), che ha condannato l’Italia a risarcire una coppia di coniugi i quali, dopo essersi presi cura per 19 mesi di un minore attraverso l’istituto dell’affidamento, si era vista scavalcata da un’altra famiglia in sede di adozione.

Il Provvedimento approvato il 14 ottobre si compone di quattro articoli e introduce un favor per la considerazione positiva dei legami costruiti in ragione dell’affidamento, avendo cura di specificare che questi hanno rilievo solo ove il rapporto instauratosi abbia di fatto determinato una relazione profonda, proprio sul piano affettivo, tra minore e famiglia affidataria. È prevista. dunque, una “corsia preferenziale” per l’adozione a favore della famiglia affidataria, laddove – dichiarato lo stato di abbandono del minore – risulti impossibile ricostruire il rapporto del minore con la famiglia d’origine. Più nel dettaglio, le nuove disposizioni stabiliscono che, laddove sia accertata l’impossibilità di recuperare il rapporto tra il minore e la famiglia d’origine e sia dunque dichiarata l’adottabilità durante un prolungato periodo di affidamento, il tribunale dei minorenni, nel decidere in ordine alla domanda di adozione legittimante presentata dalla famiglia affidataria, debba tenere conto dei legami affettivi “significativi” e del rapporto “stabile e duraturo” consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria. Anche laddove il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia adottato da famiglia diversa da quella affidataria o sia dato in affidamento ad altra famiglia, viene tutelato comunque il diritto del minore alla continuità affettiva delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi con la famiglia affidataria, se rispondente all’interesse del minore. Inoltre, il Giudice, nel decidere su ritorno in famiglia, adozione e nuovo affidamento, deve non solo tenere conto della valutazione dei servizi sociali, ma anche procedere all’ascolto del minore maggiore di 12 anni e, se capace di discernimento, anche del minore infradodicenne. La nuova normativa, che esclude da questa “corsia preferenziale” sia le coppie di fatto che i single, consente quale unica eccezione il caso particolare dell’orfano di padre e di madre.

In tal caso l’adozione è consentita non solo a persone legate da vincolo di parentela o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori, ma anche alle coppie di fatto e alla persona singola; se però l’adottante è coniugato e non separato, l’adozione deve essere richiesta da entrambi i coniugi.

INCENTIVI

Misure per l’autoimprenditorialità - Nuove imprese a tasso zero (circolare direttoriale 9 ottobre 2015 n. 75445).

Il Ministero dello Sviluppo economico ha chiarito con Circolare direttoriale 9 ottobre 2015 n. 75445 i termini e le modalità per sostegno alla realizzazione e all’avvio di nuove attività imprenditoriali di piccola dimensione, di cui al decreto legislativo n. 185/2000. Tale Provvedimento si rivolge non solo ai giovani fino a 35 anni, ma anche alle donne indipendentemente dall’età; è applicabile non più nelle sole aree svantaggiate, ma in tutto il territorio nazionale; non prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto, ma solo la concessione di mutui agevolati a tasso zero, per investimenti fino a 1,5 milioni di euro (per singola impresa); possono presentare la domanda di accesso alle agevolazioni le imprese costituite al massimo da 12 mesi; possibilità di presentazione della domanda anche da parte di persone fisiche che intendono costituire una società. Le domande di agevolazione, corredate dei piani di impresa e della documentazione potranno essere presentate al Soggetto gestore a partire dal giorno 13 gennaio 2016.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Ancora nessun obbligo di assicurazione professionale per gli avvocati

Non si può ancora considerare in vigore per gli avvocati l’obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile derivante dall’esercizio dell’attività professionale. È quanto ha chiarito il CNF con il parere n. 35 del 24 giugno scorso, pubblicato il 30 ottobre 2015 sul portale dedicato del Consiglio Nazionale Forense. Per l’entrata in vigore dell’obbligo si attende, infatti, che dal Ministero della Giustizia precisino le condizioni essenziali della polizza e i massimali minimi della stessa.

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

Gli avvocati Nicola Tilli, Giovanni Nosengo e Mattia Tacchini hanno svolto per conto della società IIR un corso di formazione in materia di redazione e negoziazione del contratto di agenzia dedicato ai responsabili delle reti agenti di primarie compagnie di assicurazione.

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

ALIMENTI

Etichettatura: ddl per reintrodurre l'indicazione dello stabilimento di produzione sito produttivo (CdM 10 settembre 2015).

AMBIENTE

È in vigore la direttiva offshore (D. LGS 18 agosto 2015, n. 145, in G.U. 16 settembre 2015 n. 215) .

DIRITTO UE

Se il volo viene annullato per problemi tecnici imprevisti il vettore aereo è comunque tenuto a indennizzare i passeggeri (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C-257/14 ).

Recupero aiuti di Stato: Italia condannata (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C- 367/14).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Social Network: attenzione a quello che fate

DIRITTO DEL LAVORO

Dimissioni del dipendente giustificate dallo stress per “troppo lavoro” (Cass., 18 settembre 2015, n. 18429).

DIRITTO PENALE

Assegni postdatati e truffa contrattuale (Cass. Pen., 29 luglio 2015, n. 33441).

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: proroga (Cdm 29 settembre 2015).

MARCHI E BREVETTI

Patent Box, ecco il decreto tagliatasse per marchi e brevetti (d.m. 28 agosto 2015).

PRIVACY

Morosi: no alla "black list" sul sito del Comune (A.G. Privacy, 28 agosto 2015).

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Responsabilità amministrativa dell'ente e responsabilità penale delle persone fisiche: separazione dei processi (Cass., 2 settembre 2015, n. 35818)

SICUREZZA SUL LAVORO

Infortuni sul posto di lavoro: il concorso di colpa del lavoratore

(Cass. Pen., sez. IV 11 settembre 2015 n. 36882).

TRUST

Trut opaco: i chiarimenti dell'agenzia delle entrate (Ag. En., Risuoluzione n. 70/E, 31 luglio 2015.

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Facciamo il punto sulla separazione e divorzio ( D.L. 12 settembre 2014, n. 132 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” conv. in L. 10 novembre 2014, n. 162, in G.U. n. 261 del 10-11-2014 - Supp. Ordinario n. 84).

INCENTIVI

Finanziamento agevolato per investimenti fino a 1,5 milioni in nuove PMI femminili o giovanili ( D.M. 140/2015 in G.U. 5 settembre 2015).

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Avvocato specialista: ecco come si diventa e… si resta (D.M. 12 agosto 2015, n. 144, “Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”, in G.U. 15.9.2015 n. 214, n. 214).

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

Etichettatura: ddl per reintrodurre l'indicazione dello stabilimento di produzione sito produttivo (CdM 10 settembre 2015).

Il 10 settembre scorsO Il governo ha approvato lo «schema di disegno di legge di delegazione europea che all'art. 4 contiene la delega per la reintroduzione nel nostro ordinamento dell'indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari e per l'adeguamento della normativa nazionale alle

disposizioni del regolamento n. 1169/2011 in materia di etichettatura». IL GOVERNO è DELEGATO PER adeguare le norme in tema di etichettatura degli alimenti rispetto al regolamento Ue 1169/11 (cosidetto Food Information Regulation). E ristabilire l'obbligo di indicazione della sede dello stabilimento, che 'riguarderà gli alimenti prodotti in Italia e destinati

al mercato italiano.

AMBIENTE

È in vigore la direttiva offshore (D. LGS 18 agosto 2015, n. 145, in G.U. 16 settembre 2015 n. 215) .

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 215 del 16 settembre 2015 il decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 145 “Attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE che definisce i requisiti minimi per la prevenzione e la limitazione delle conseguenze degli incidenti derivanti da operazioni effettuate in mare nel settore degli idrocarburi. Si tratta dell'obiettivo della direttiva 2013/30/UE, dal cui recepimento dovrebbe derivare l'aumento della protezione dell'ambiente marino e delle economie costiere dall'inquinamento, ma anche la limitazione di possibili interruzioni della produzione energetica interna dell'Unione ed il miglioramento dei meccanismi di risposta in caso di incidente.

Tra i contenuti del provvedimento, le sanzioni per chi non rispetta le norme europee: l'operatore che avvia impianti di produzione o infrastrutture connesse senza licenza, verrà punito con la reclusione da 1 a 3 anni e con un ammenda da 50mila a 150mila euro;

chi inizia o prosegue operazioni con modifiche sostanziale senza approvazione della relazione grandi rischi sono previste sanzioni da 30mila a 150mila euro di multa.

DIRITTO UE

Se il volo viene annullato per problemi tecnici imprevisti il vettore aereo è comunque tenuto a indennizzare i passeggeri (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C-257/14 ).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza nella causa C-257/14 del 17 settembre 2015, ha ha statuito che il vettore aereo è tenuto a indennizzare i passeggeri anche in caso di annullamento del volo per problemi tecnici imprevisti.

La compagnia aerea può essere sollevata dall’obbligo d’indennizzo dinanzi a problemi tecnici che risultino, in particolare, da vizi nascosti di fabbricazione sotto il profilo della sicurezza dei voli oppure da atti di sabotaggio o terrorismo.

A norma del Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, infatti, in caso di annullamento di un volo, il vettore aereo è tenuto a fornire ai passeggeri assistenza e compensazione pecuniaria (da 250 a 600 euro, in funzione della distanza).

Nessuna compensazione è, tuttavia, dovuta se il vettore è in grado di provare che l’annullamento sia imputabile a circostanze eccezionali, che non avrebbero potuto essere evitate neppure adottando tutte le misure necessarie.

Nel caso di specie, si trattava di una prenotazione di un biglietto aereo per un volo operato da Quito (Ecuador) con destinazione Amsterdam (Paesi Bassi). L’aereo è atterrato ad Amsterdam con un ritardo di 29 ore. Secondo la compagnia aerea, il ritardo era dovuto a circostanze eccezionali, ovvero a una concomitanza di problemi: due pezzi erano difettosi, segnatamente la pompa del carburante e l’unità idromeccanica.

Tali pezzi, che non erano disponibili in loco, avrebbero dovuto essere trasportati in aereo da Amsterdam per essere poi montati nell’apparecchio in questione.

La compagnia aerea ha fatto altresì presente che i pezzi difettosi non avevano superato la loro durata media e che il fabbricante non aveva fornito alcuna indicazione specifica, nel senso che avrebbero potuto verificarsi guasti dopo un certo periodo di utilizzo.

La passeggera ha adito il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam), che ha deciso di deferire questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia chiedendo nello specifico se un problema tecnico che sia sorto improvvisamente, non sia imputabile a carenze di manutenzione e neppure sia emerso nel corso di un regolare controllo rientri nella nozione di «circostanze eccezionali», esonerando dunque il vettore dal proprio obbligo d’indennizzo.

Con la sentenza del 17 settembre 2015 C-257/14, la Corte di Giustizia dell’Unione Europa ricorda anzitutto come, secondo la sua giurisprudenza, i problemi tecnici possano rientrare fra le circostanze eccezionali.

Nondimeno, le circostanze che si accompagnano all’insorgere di tali problemi possono essere qualificate «eccezionali» unicamente se sono collegate a un evento che non sia inerente al normale esercizio dell’attività del vettore aereo e sfugga, per natura o per origine, all’effettivo controllo di quest’ultimo.

Tale sarebbe il caso, secondo la Corte, in cui il costruttore degli apparecchi che costituiscono la flotta del vettore aereo, o una competente autorità rivelasse che tali apparecchi, già in servizio, presentano un vizio occulto di fabbricazione che incide sulla sicurezza dei voli.

Così si sarebbe altresì in presenza di danni causati agli aeromobili da atti di sabotaggio o di terrorismo.

Tuttavia, nell’esercizio della loro attività, i vettori aerei devono regolarmente far fronte a problemi tecnici inevitabilmente connessi al funzionamento degli aeromobili. Così, i problemi tecnici emersi

in occasione della manutenzione degli aeromobili, o a causa di una carenza di manutenzione, non possono costituire di per sé «circostanze eccezionali».

La Corte rileva, poi, che un guasto provocato dalla prematura difettosità di alcuni pezzi di un aeromobile costituisce certamente un evento inaspettato.

Siffatto guasto rimane, però, intrinsecamente legato al sistema assai complesso di funzionamento dell’apparecchio, che il vettore aereo gestisce in condizioni, in particolare meteorologiche, spesso difficili, o addirittura estreme, fermo restando, inoltre, che nessun pezzo di un aeromobile è inalterabile.

Pertanto, nell’ambito dell’attività di un vettore aereo, tale evento inaspettato è inerente al normale esercizio dell’attività e il vettore deve sistematicamente far fronte a problemi tecnici imprevisti.

D’altro lato, la prevenzione di un guasto del genere o la relativa riparazione, inclusa la sostituzione di un pezzo prematuramente difettoso, non sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo in questione, dato che spetta a quest’ultimo garantire la manutenzione e il buon funzionamento degli aeromobili che gestisce per le sue attività economiche.

Di conseguenza, un problema tecnico come quello in questione non può rientrare nella nozione di «circostanze eccezionali». Al riguardo, la Corte rammenta pure che l’assolvimento degli obblighi di diritto europeo non pregiudica il diritto del vettore interessato di chiedere un risarcimento a chiunque abbia cagionato il ritardo, e per l’appunto al fabbricante dei pezzi difettosi.

***

Recupero aiuti di Stato: Italia condannata (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C- 367/14).

Con decisione del 25 novembre 1999, la Commissione europea aveva ritenuto che le riduzioni e/o gli sgravi degli oneri sociali, concessi (tra gli anni 1995-1997) dallo Stato italiano a una serie di imprese nazionali, costituivano aiuti di Stato, quindi incompatibili con il mercato comune.

La Commissione, pertanto, imponeva all’Italia il recupero degli aiuti medesimi presso i beneficiari; nel frattempo, numerose società interessate da tale regime di aiuti proponevano una serie di ricorsi dinanzi al Tribunale dell’Unione europea al fine di ottenere una pronuncia di annullamento della decisione della Commissione.

Nel 2000 il Tribunale adito respingeva tutti i ricorsi; successivamente, la Corte di Giustizia rigettava le impugnazioni proposte, confermando in toto la sentenza del Tribunale.

Pertanto, ai sensi dell’art. 88, paragrafo 2, CE la Commissione europea proponeva ricorso per inadempimento diretto contro lo Stato italiano, in quanto quest’ultimo non aveva ottemperato a quanto sancito nella decisione del Tribunale dell’Unione.

Con pronuncia del 6 ottobre 2011 la Corte di Giustizia accoglieva il ricorso per inadempimento dal momento che la Repubblica italiana non aveva adottato, nei termini stabiliti, tutte le misure necessarie a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in base al regime degli aiuti di Stato.

Constatato altresì che, nonostante la sentenza del 2011 emessa dalla Corte di Giustizia, l’Italia non soltanto non aveva recuperato l’insieme degli aiuti ma aveva altresì sospeso il recupero di alcuni di essi, la Commissione europea proponeva nuovamente ricorso alla Corte di Giustizia, chiedendo in tale sede la condanna dello Stato membro a una somma forfettaria e a una penalità.

Con la pronuncia in commento (17.09.2015 – causa C-367/14), la Corte di Giustizia ha accertato ancora una volta l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo di recupero a esso incombente, constatando che le difficoltà intervenute nel corso della procedura di recupero degli aiuti non consentono di giustificare la mancata esecuzione della sentenza emessa nel 2011.

In particolare, il collegio giudicante ha sottolineato come l’Italia non abbia dimostrato né l’esistenza delle condizioni che giustificassero la sospensione del recupero di determinati aiuti da parte della giustizia italiana, né un controllo permanente ed efficace delle misure adottate al fine di recuperare gli aiuti.

Pertanto, rilevato che una parte sostanziosa degli aiuti non era stata recuperata e che l’Italia non aveva minimamente giustificato questo mancato recupero, la Corte ha ritenuto che l’imposizione di una penalità (nel caso di specie pari a 12 milioni di euro per semestre) costituisca uno strumento finanziario adeguato al fine di incitare lo Stato membro ad adottare le misure necessarie per porre fine all’inadempimento più volte accertato.

Al contempo, la medesima Corte ha ritenuto che l’effettiva prevenzione della reiterazione futura di analoghe violazioni del diritto dell’Unione richieda l’adozione di una misura dissuasiva quale l’imposizione di una misura forfettaria (quantificata in 30 milioni di euro).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Social Network: attenzione a quello che fate.

Sempre più frequentemente i reati “tradizionali” vengono commessi utilizzando strumenti informatici oppure tramite web (come, ad esempio, frode, molestie, diffamazione, sostituzione di persona, furto).

Il Social network é considerato un “luogo aperto al pubblico”, pertanto quando si compiono delle azioni bisogna fare estrema attenzione. Facebook e gli altri Social possono essere, quindi, sempre più spesso il teatro di molestie sessuali, atti persecutori o di bullismo (c.d. cybermobbing/cyberstalking/cyberbullismo). La Cassazione Penale – Sezione I (sentenza n. 37596 del 12 settembre 2014) ha indicato come penalmente rilevante la molestia virtuale ogni qualvolta alla vittima venga riconosciuto un disturbo che lo possa portare per esempio a modificare le sue abitudini. Il reato di stalking è stato introdotto in Italia con la legge n. 38/2009, raggruppando tutti quei comportamenti persecutori che possano essere oggetto di denuncia e, quindi, di responsabilità penale da parte del reo. Con la diffusione dei mezzi di comunicazione sono stati individuati nuovi luoghi e nuove modalità attraverso cui lo stalker si trova ad agire ripetutamente: Social network, caselle di posta elettronica e telefono cellulare rappresentano i mezzi più utilizzati attualmente per danneggiare qualcuno o assillarlo per via di qualche delusione subita. Altro fenomeno molto diffuso tra i più giovani é il cyberbullismo, ovvero un attacco continuo, ripetuto e sistematico in rete. Si concretizza per lo più in attività denigratorie a danno di un soggetto, come la messa in rete di foto spiacevoli o l’invio di mail offensive, creando danni psicologici alle persone più fragili. La pubblicazione di una notizia che lede l’altrui reputazione integra il reato di diffamazione e, se la notizia è falsa, il reato si configurerà come diffamazione aggravata. Il Tribunale di Napoli, nell’ordinanza n. 12749 del 31/07/2014, ha statuito invece che la pubblicazione di foto e video, anche non lesiva della reputazione altrui, dev’essere autorizzata dal soggetto rappresentato: se il fotografato non volesse comparire online sarebbe legittimato a ottenerne la rimozione immediata (volontaria o tramite ricorso urgente al giudice). Sempre più numerosi sono i casi di sostituzione di persona configuratosi creando un falso profilo social o indirizzi mail non autentici, come indicato dalla Cassazione Penale – sezione V, sentenza n. 25774 del 16/06/2014. Infine, non si pensi che per ovviare alle conseguenze di azioni sopra indicate basti denunciare il furto della password del proprio account social. La Cassazione Penale – sezione V con la sentenza n. 18887 del 7 maggio 2014, infatti, ha chiarito che il furto della password non esime da alcuna responsabilità.

DIRITTO DEL

LAVORO

Dimissioni del dipendente giustificate dallo stress per “troppo lavoro”

(Cass. 188 settembre 2015 n. 18429)

Lo stress causato da ritmi di lavoro eccessivamente elevati costituisce giusta causa di recesso dal contratto di lavoro subordinato. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 18429/15 confermando in sostanza le decisioni emesse nei gradi di giudizio precedenti, sulla base delle quali la Patroleum Chemical Control Sri era stata condannata al pagamento di una somma pari a 84.637,34 euro a titolo di differenze retributive e TFR, nonché alla corresponsione dell'indennità sostitutiva del preavviso in favore di un suo dipendente. All'interno del ricorso, la parte resistente lamentava la violazione dell'art. 2119 c.c. nonché l'omessa e contraddittoria motivazione in ordine alla giusta causa di dimissioni presentate dalla parte attrice.

La Corte d'Appello ha ritenuto che le dimissioni erano state legittimamente rassegnate dal dipendente "ormai esasperato dai ritmi lavorativi insostenibili cui la società lo sottoponeva e per i quali aveva contratto la patologia diagnosticata nel certificato medico del servizio di medicina legale e fiscale …".

Secondo tale decisione, dunque, il carico eccessivo di lavoro somministrato al dipendente costituisce a tutti gli effetti una giusta causa di recesso del lavoratore ai sensi dell' art. 2119 c.c.

DIRITTO PENALE

Assegni postdatati e truffa contrattuale (Cass. Pen., 29 luglio 2015, n. 33441).

Con la recente sentenza n. 33441/2015 del 29 luglio scorso la Suprema Corte ha trattato il tema della delimitazione della fattispecie di truffa c.d. contrattuale e della differenza intercorrente tra quest’ultima e il mero inadempimento di un’obbligazione, avente ovviamente rilevanza solo civilistica. La Corte ha preso in esame la seguente fattispecie: un imprenditore, nell’esercizio della propria attività, consegnava all’addetto alle vendita di un’azienda un assegno postdatato a titolo di pagamento di una fornitura di beni a lui necessari per l’esercizio della propria attività; alla data prestabilita per l’incasso, però, il titolo risultava non onorato per mancanza di fondi sul relativo conto corrente.

Nell’ambito del rapporto, poi, si verificavano altre due circostanze: in primo luogo, al momento delle trattative l’imprenditore si prodigava in rassicurazioni circa la propria solvibilità e il fatto che alla data indicata sul titolo avrebbe avuto a disposizione liquidità sufficiente per onorare la propria obbligazione; in secondo luogo, l’azienda dell’imprenditore circa un anno e mezzo dopo l’emissione dell’assegno, poi risultato privo di copertura, veniva dichiarata fallita. A fronte della fattispecie sopra delineata, veniva esercitata a carico dell’imprenditore l’azione penale per il perseguimento del reato di truffa c.d. contrattuale: in primo grado il Tribunale di Lodi proscioglieva l’imputato, mentre in secondo grado la Corte d’Appello di Milano – ritenuta configurabile la fattispecie di truffa aggravata e ritenuta l’aggravante compensata dalle attenuanti generiche – gli infliggeva una condanna a sei mesi di reclusione e 160 euro di multa, con risarcimento del danno a favore dell’impresa truffata, da liquidarsi in sede civile. Il ricorso per Cassazione dell’imputato si basava sul rilievo della genericità della ricostruzione dei fatti fornita dal querelante, non sufficiente a fugare ogni ragionevole dubbio circa la sussistenza dell’elemento materiale del reato di truffa, e sulla circostanza che sarebbe trascorso un lasso di tempo troppo grande tra l’emissione dell’assegno e il fallimento della società, per ritenere provata in capo all’imputato la consapevolezza dello stato di decozione dell’impresa e – quindi – l’elemento soggettivo del reato. La Corte, rimanendo nel solco del proprio orientamento, ha rigettato il ricorso sottolineando che integra il delitto di truffa, perché costituisce elemento di artificio o raggiro, la condotta di consegnare in pagamento, all’esito di una transazione commerciale, un assegno di conto corrente bancario postdatato, contestualmente fornendo al prenditore rassicurazioni circa la disponibilità futura della necessaria provvista finanziaria: elemento sufficiente a differenziare la condotta costituente reato dal semplice inadempimento civilistico sarebbero, perciò, state le rassicurazioni fornite all’addetto all’ufficio vendite dell’azienda al momento della consegna del titolo. A ciò si aggiunga, peraltro, che a detta della Corte sarebbe idonea a rafforzare il convincimento del giudice in punto di elemento psicologico del reato la circostanza che la società dell’imputato fallì dopo un lasso di tempo tale che lo stato di decozione della stessa non poteva certo essersi creato solo negli ultimi mesi: da tale evento, quindi, sarebbe desumibile anche la consapevolezza in capo all’imputato della propria incapacità di onorare l’obbligazione contratta e, perciò, l’elemento soggettivo del reato.

DIRITTO TRIBUTARIO

oluntary Disclosure: proroga (Cdm 29 settembre 2015).

Acqu

MARCHI E

BREVETTI

Patent Box, ecco il decreto tagliatasse per marchi e brevetti (d.m. 28 agosto 2015).

Il E’ in corso di registrazione dalla Corte dei Conti e di prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il decreto di attuazione del cosiddetto ‘Patent Box’ (PDF, 1.1Mb), firmato dal Ministro per lo Sviluppo Economico, Federica Guidi, e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. Le norme sul Patent Box, introdotte nella legge di stabilità per il 2015, prevedono una tassazione agevolata sui redditi derivanti da opere di ingegno e rientrano nella strategia messa a punto dal Tavolo ‘Finanza per la Crescita’ a cui partecipano le strutture dei due ministeri. Lo sgravio fiscale riguarda quindi brevetti, marchi, software protetto da copyright, disegni e modelli giuridicamente tutelati. L’agevolazione consiste in una deduzione pari al 30% nel 2015, al 40% nel 2016 e al 50% dal 2017 di tali redditi. Il decreto di attuazione stabilisce l’ambito di applicazione delle misure, i soggetti beneficiari, fissa i criteri per la determinazione del reddito agevolabile e le modalità per l’opzione del regime fiscale agevolato che dura cinque anni ed è rinnovabile.

E’ già in vigore, invece, il decreto che rende operativo il credito d’imposta sulle spese in ricerca e sviluppo (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio scorso), che rientra anch’esso nella strategia di ‘Finanza per la crescita’. L’agevolazione è fruibile da tutte le imprese senza limiti di fatturato, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato. Lo sgravio fiscale, utilizzabile a compensazione, è pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute annualmente nel periodo 2015-2019 rispetto alla media realizzata nei tre anni precedenti. La quota è elevata al 50 per cento per le spese relative all’impiego di personale qualificato e per quelle relative a contratti di ricerca con università o altri enti equiparati e con start-up innovative.

PRIVACY

Morosi: no alla "black list" sul sito del Comune (A.G. Privacy, 28 agosto 2015).

I Comuni non possono pubblicare sul proprio sito i nomi di coloro che non pagano i tributi. La legislazione statale non prevede tale obbligo ed esso non può comunque essere introdotto con un Regolamento dell'ente locale. Lo ha chiarito il Garante privacy al termine di un'istruttoria avviata a seguito di un articolo di stampa nel quale si annunciava l'intenzione dell'ente locale di mettere on line una black list con i nomi dei morosi. Secondo il Garante la procedura che il Comune intende avviare viola il principio di legalità sotto diversi profili. In primo luogo infatti, il Comune non può introdurre l'obbligo di pubblicazione on line dei morosi con un proprio regolamento né può introdurre una nuova sanzione accessoria, quale si configurerebbe la pubblicazione on line rispetto alle sanzioni amministrative già previste legate al mancato o erroneo pagamento del tributo; tali ambiti rientrano infatti nella competenza esclusiva della legislazione statale. In secondo luogo, la diffusione on line dei nomi degli utenti morosi non è giustificata neanche dalla normativa sulla trasparenza, che individua con precisione gli obblighi di pubblicazione sui siti web istituzionali. E la medesima normativa stabilisce, invece, che le Pa possano mettere on line informazioni e documenti di cui non è obbligatoria la pubblicazione solo dopo aver anonimizzato i dati personali eventualmente presenti. Il Garante quindi, oltre a rilevare queste criticità, ha ritenuto che la disciplina comunale violi il principio di legalità anche sotto il profilo temporale, poiché l'entrata in vigore dell'obbligo di pubblicazione on line è stata deliberata con effetto retroattivo. L'iniziativa del Comune, per di più, produce un trattamento di dati non conforme ai principi del Codice privacy (necessità, pertinenza e non eccedenza nel trattamento) perché le finalità indicate dall'ente locale di stimolare il senso civico dei cittadini, sollecitandoli al pagamento del dovuto o dissuadere gli evasori, possono essere soddisfatte con le misure già in vigore (procedimento di riscossione coattiva dei tributi, pagamento degli interessi di mora, applicazione delle sanzioni amministrative previste). La diffusione on line dei morosi, essendo la forma di pubblicità più ampia, appare quindi un irragionevole strumento vessatorio, suscettibile di causare danni e disagi lesivi della dignità della persona.

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Responsabilità amministrativa dell'ente e responsabilità penale delle persone fisiche: separazione dei processi

(Cass., 2 settembre 2015, n. 35818)

Con sentenza 2 settembre 2015 n. 35818 la Corte di Cassazione ha espresso importanti chiarimenti in merito al rapporto tra il giudizio penale promosso nei confronti della persona fisica autrice del reato ed il relativo processo per responsabilità amministrativa nei confronti dell'ente.

Nella fattispecie, a seguito della diffusione di informazioni sociali non veritiere ad opera di Citibank N.A., i soggetti responsabili furono chiamati a rispondere della commissione del reato di aggiotaggio informativo ex art. 2627 c.c.. Parallelamente, venne richiesto l'accertamento della responsabilità della banca coinvolta nella diffusione delle stesse comunicazioni non veritiere in base agli artt. 5 e 25 del D.lgs 231/90 al fine di applicarle una sanzione pecuniaria nella misura di cinquecenomila euro.

Mentre le persone imputate nel processo penale vennero assolte, nel secondo grado di giudizio la Corte d'Appello confermò la condanna nei confronti dell'ente.

La Corte di Legittimità, chiamata a decidere della responsabilità della banca confermò in sostanza la decisione dell'Appello. Tale soluzione, in apparente contrasto con l'assoluzione dei soggetti imputati, risponde ad un principio di autonomia delle sorti del procedimento promosso contro l'ente rispetto a quelle del processo contro le persone fisiche: in base a tale logica, la società può essere condannata alle sanzioni previste dal D.lgs 231/2001 anche ove risulti impossibile individuare l'autore materiale del reato. Tra gli argomenti alla base del principio appena riportato vi è innanzitutto la configurazione della responsabilità dell'ente come responsabilità per fatto proprio (e non sussidiaria rispetto a quella del reo). Si argomenta inoltre che il presupposto alla base della responsabilità dell'ente sia la commissione di un reato da parte di un soggetto facente parte dell'organico della stessa, e non (come si evince anche dal testo dell'art. 8, che non esclude la responsabilità della società in caso di mancata identificazione dell'autore materiale della violazione o in caso di estinzione del reato) l'accertamento della commissione dell'illecito in capo a una persona specifica.

L'elemento indefettibile ai fini dell'accertamento della responsabilità dell'ente sarebbe dunque costituito, secondo il pensiero della Corte, dalla configurazione oggettiva del fatto di reato, insuscettibile di modifica rispetto alla fattispecie originariamente contestata alle persone fisiche.

SICUREZZA SUL

LAVORO

Infortuni sul posto di lavoro: il concorso di colpa del lavoratore

(Cass. Pen., sez. IV 11 settembre 2015 n. 36882).

La normativa in materia di sicurezza sul lavoro (81/2008) obbliga il datore a dotarsi di complessi modelli di organizzazione e gestione aziendale che prevedano efficaci misure di prevenzione degli infortuni. Spesso però, i sinistri sul luogo di lavoro avvengono in circostanze nelle quali la condotta negligente del lavoratore, indotto dall'abitudine a svolgere le proprie mansioni secondo modalità eccessivamente disinvolte, contribuisce ad aumentare notevolmente il rischio del verificarsi dell'infortunio

In passato, l'ordinamento tendeva a privilegiare l'esigenza di protezione del lavoratore, applicando al datore criteri d'imputazione prossimi a quello di responsabilità oggettiva.

Plasmata dal progressivo adattamento delle norme alle esigenze sociali, la disciplina attuale tende ad abbracciare non più il modello “iperprotettivo” nei confronti del lavoratore, bensì a confermarne uno di carattere “collaborativo”, che impone anche ai dipendenti il rispetto degli standard di diligenza richiesti delle attività svolte. In questi termini si è espressa di recente la Corte di Cassazione Penale con sentenza 11 settembre 2015 n. 36882.

Con il provvedimento appena citato, in realtà, la Corte ha confermato la condanna al risarcimento del danno a spese della SIS Mineraria s.r.l. in favore di un suo dipendente, nonché attore in causa, il quale, durante un'operazione di controllo all'interno di un macchinario guasto, aveva subito l'amputazione del braccio destro. Nel caso di specie, l'ente era stato ritenuto colpevole nei gradi di giudizio precedenti per non aver adeguatamente informato il dipendente in merito ai pericoli inerenti alle sue mansioni.

Per quanto il lavoratore avesse indubbiamente eseguito il controllo senza adottare le precauzioni necessarie, la sua condotta non poteva essere qualificata “abnorme”, ovvero totalmente imprevedibile ed estranea al contesto nel quale si trovava a lavorare. Il carattere dell'abnormità della condotta del lavoratore rimane dunque, secondo la giurisprudenza, il requisito essenziale necessario ad escludere la causalità della negligenza del datore nell'attuazione delle misure di prevenzione degli infortuni.

TRUST

Trust opaco: i chiarimenti dell'agenzia delle entrate (Ag. En., Risuoluzione n. 70/E, 31 luglio 2015.

Con la risoluzione n. 70/E le Entrate fanno chiarezza sull’utilizzabilità del credito d’imposta riconosciuto dalla Legge di Stabilità agli enti non commerciali per mitigare gli effetti negativi dell’incremento del regime impositivo degli utili percepiti. I chiarimenti delle Entrate fanno seguito a un interpello presentato da un trust opaco che fiscalmente «sono sostanzialmente equiparati agli enti non commerciali laddove non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale». Dunque, per i dividendi percepiti, sono sottoposti anch’essi al predetto incremento di tassazione. In particolare, il trust istante con l’interpello chiedeva alle Entrate precisazioni sull’utilizzabilità del credito, sottoponendo tre soluzioni: utilizzo blindato in tre anni con tre quote di pari importo (salvo perdita del credito); utilizzo non oltre il 2018, con quote recuperabili durante il triennio se non interamente godute, utilizzo anche oltre il 2018 sino ad esaurimento di quanto non fruito.

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Facciamo il punto sulla separazione e divorzio (D.L. 12 settembre 2014, n. 132 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” conv. in L. 10 novembre 2014, n. 162, in G.U. n. 261 del 10-11-2014 - Supp. Ordinario n. 84).

A seguito dell'entrata in vigore del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” convertito con Legge 10 novembre 2014, n. 162 (G.U. n. 261 del 10-11-2014 - Supp. Ordinario n. 84) è ora prevista la possibilità di effettuare in modo semplificato separazioni e divorzi davanti all’Avvocato e davanti all’Ufficiale di Stato Civile ma solo a determinate condizioni.

Separazioni e divorzi davanti all'Ufficiale di Stato Civile ai sensi dell’art. 12.

L’art. 12 del citato decreto legge n. 132/2014 prevede, a decorrere dal 11 dicembre 2014, la possibilità per i coniugi di comparire direttamente e congiuntamente innanzi all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune per concludere un accordo di separazione, di divorzio o di modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio. L’assistenza di un avvocato è facoltativa. Tale modalità semplificata è a disposizione dei coniugi solo quando non vi siano figli minori o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, e a condizione che l’accordo non contenga patti di trasferimento patrimoniale.

I coniugi saranno invitati a comparire nuovamente davanti all’Ufficiale di Stato Civile non prima di un mese dalla stipula dell’Accordo di separazione o divorzio per la conferma dello stesso.

Restano invariati i presupposti per la proposizione della domanda di divorzio (dodici mesi ininterrotti di separazione personale dei coniugi in caso di separazione c.d. "giudiziale" abbreviati a sei mesi in caso di separazione c.d. "consensuale", oltre alle altre ipotesi previste dalla legge n. 898/1970).

Competente a ricevere l’accordo è il Comune di iscrizione dell’atto di matrimonio (cioè il comune dove è stato celebrato il matrimonio) o trascrizione dell’atto di matrimonio celebrato con rito concordatario/religioso o celebrato all’estero o residenza di uno dei coniugi.

All’atto della conclusione dell’accordo dovrà essere corrisposto il diritto fisso pari a € 16,00, con pagamento in contanti.

Separazioni e divorzi davanti all’avvocato ai sensi dell’art. 6.

Il decreto legge prevede all’art. 6 la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di divorzio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Restano invariati i presupposti per la proposizione della domanda di divorzio (dodici mesi ininterrotti di separazione personale dei coniugi in caso di separazione c.d. "giudiziale" abbreviati a sei mesi in caso di separazione c.d. "consensuale", oltre alle altre ipotesi previste dalla legge n. 898/1970).

La procedura è possibile anche in presenza di figli minori, di figli maggiorenni portatori di handicap grave e di figli maggiorenni non autosufficienti, trasferimenti immobiliari, assegni e case coniugali. La novità è che non sarà necessario finire in tribunale, ma si risolverà tutto nello studio del legale con un mero controllo da parte della Procura della Repubblica che potrà trasmettere gli atti al Tribunale se l'accordo conterrà clausole strane o contrarie ai diritti e agli interessi dei figli, siano essi minorenni, portatori di handicap o maggiorenni non ancora autosufficienti dal punto di vista economico. In tal caso il Tribunale convocherà la coppia davanti a sé come è sempre stato e saranno rimesse in discussione alcune delle clausole che non appaiono congrue.

Le persone interessate ad adottare tale nuova procedura devono rivolgersi esclusivamente ad unoo più avvocati per la verifica dei presupposti di legge e per tutti gli adempimenti normativi previsti. ma bisogna separarsi consensualmente,nei divorzi, anche consensuali, sono obbligatori due avvocati

L’avvocato, una volta formalizzato l’accordo delle parti secondo le previsioni di legge, provvederà alla trasmissione ai Comuni competenti. Se i coniugi non condividono la decisione di separarsi o non sono d'accordo sulle condizioni, dovranno vedersela in tribunale, secondo le regole già in vigore per la separazione e il divorzio giudiziale.

Dividersi senza accordo può costare caro: oltre al contributo unificato di 98 euro, anche le parcelle degli avvocati.

Inoltre il coniuge cui venga addebitato il divorzio dovrà pagare, oltre al suo avvocato, anche quello dell'ex, sia nei processi per la separazione che per il divorzio.

INCENTIVI

Finanziamento agevolato per investimenti fino a 1,5 milioni in nuove PMI femminili o giovanili ( D.M. 140/2015 in G.U. 5 settembre 2015).

Sono previste dal decreto ministeriale dello Sviluppo Economico 140/2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 5 settembre, in attuazione dell‘articolo 24 del Dlgs 185/2000, agevolazioni per donne e giovani che vogliono creare un’impresa. Si tratta di un finanziamento agevolato, a tasso zero, che copre il 75% delle spese, per investimenti fino a 1,5 milioni di euro. Vengono così fissati criteri e modalità per la concessione di agevolazioni volte a sostenere nuova imprenditorialità attraverso la creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile, e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l’accesso al credito. L’agevolazione è riservata a micro imprese e PMI, costituite in forma societaria (comprese le cooperative), da non più di 12 mesi dalla presentazione della domanda. Si tratta di un incentivo all’autoimprenditorialità giovanile o femminile, quindi almeno la metà dei soci devono essere donne o giovani fra i 18 e i 35 anni. Obbligatoria l’iscrizione al Registro delle Imprese, l’azienda deve essere nel pieno esercizio dei proprio diritti, non in liquidazione volontaria o sottoposta a procedure concorsuali. Escluse le imprese che non hanno rimborsato eventuali aiuti comunitari illegali o incompatibili. I soci non possono aver controllato imprese che abbiano cessato nei 12 mesi precedenti la domanda un’attività analoga a quella della nuova impresa.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Avvocato specialista: ecco come si diventa e… si resta (D.M. 12 agosto 2015, n. 144, “Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”, in G.U. 15.9.2015 n. 214, n. 214).

Sulla Gazzetta Ufficiale del 15.9.2015 n. 214 Serie Generale è stato pubblicato il Decreto del Ministro della Giustizia del 12 agosto 2015, n. 144, “Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”. È avvocato specialista l’avvocato che ha acquisito il titolo in uno dei settori di specializzazione.

a) diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori;

b) diritto agrario;

c) diritti reali, di proprietà, delle locazioni e del condominio;

d) diritto dell’ambiente;

e) diritto industriale e delle proprietà intellettuali;

f) diritto commerciale, della concorrenza e societario;

g) diritto successorio;

h) diritto dell’esecuzione forzata;

i) diritto fallimentare e delle procedure concorsuali;

l) diritto bancario e finanziario;

m) diritto tributario, fiscale e doganale;

n) diritto della navigazione e dei trasporti;

o) diritto del lavoro, sindacale, della previdenza e dell’assistenza sociale;

p) diritto dell’Unione europea;

q) diritto internazionale;

r) diritto penale;

s) diritto amministrativo;

t) diritto dell’informatica.

Il titolo di avvocato specialista è conferito dal Consiglio nazionale forense in ragione del percorso formativo mediante frequentazioni di corsi di durata almeno biennale e didattica non inferiore a 200 ore da affidarsi preferibilmente, mediante convenzioni, ad associazioni di categoria o della comprovata esperienza professionale maturata dal singolo professionista a norma dell’articolo 8.

In questo secondo caso, più precisamente, il titolo di avvocato specialista può essere conseguito anche dimostrando la sussistenza congiunta dei seguenti requisiti:

– di avere maturato un’anzianità di iscrizione all’Albo degli avvocati ininterrotta e senza sospensioni di almeno otto anni;

– di avere esercitato negli ultimi cinque anni in modo assiduo, prevalente e continuativo attività di avvocato in uno dei settori di specializzazione di cui all’articolo 3, mediante la produzione di

documentazione, giudiziale o stragiudiziale, comprovante che l’avvocato ha trattato nel quinquennio incarichi professionali fiduciari rilevanti per quantità e qualità, almeno pari a quindici per anno. Non si tiene conto degli affari che hanno a oggetto medesime questioni giuridiche e necessitano di un’analoga attività difensiva.

Commette illecito disciplinare l’avvocato che spende il titolo di specialista senza averlo conseguito.

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

L'avvocato Nicola Tilli incaricato da IIR ha svolto nella sede di Roma un corso di formazione presso Poste Italiane S.p.A. dedicato ai professionisti dell'area legal interni.

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

ALIMENTI

Arriva la legge sull'agricoltura sociale (Disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati il 05 agosto 2015).

AMBIENTE

L’Italia è stata condannata per l'inesatta applicazione della Direttiva Rifiuti (Corte di giustizia dell’Unione Europea, sent. 16 luglio 2015, C-653/13).

ANTIRICICLAGGIO

Chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate in materia di Voluntary disclosure (Circolare Ag. Ent., 11 agosto 2015, n. 30/E).

DIRITTO UE

La Germania non puo' mantenere i suoi valori limite per alcune sostanze chimiche presenti nei giocattoli (Corte di giustizia dell’Unione Europea, sent. 9 luglio 2015 C- 360/14P).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Dichiarazione dei Diritti in Internet (28 luglio 2015 ).

DIRITTO PENALE

Consegna di assegni postdatati poi non onorati e truffa contrattuale (Cass. n. 33441/2015 del 29 luglio 2015).

DIRITTO TRIBUTARIO

Le sanzioni amministrative-tributarie del de cuius non si trasmettono agli eredi in caso di pagamento rateale delle somme dovute in base agli istituti definitori dell'accertamento e deflattivi del contenzioso (Agenzia delle Entrate, Circolare n. 29/E del 07.08.2015).

PRIVACY

Richiesta o rinnovo della carta di identità: prevista la possibilità di inserire il consenso o il diniego alla donazione di organi (Garante Privacy, provvedimento 4 giugno 2015, n. 333).

SICUREZZA SUL LAVORO

Pubblicato il nuovo codice di prevenzione incendi (Decreto 3 agosto 2015, G.U., n. 192 del 20 agosto 2015 – Suppl. Ordinario n. 51).

TRUST

Atti di disposizione a titolo gratuito: pignoramento senza revocatoria col nuovo art. 2929-bis c.c..

DI TUTTO UN PO'

PROFESSIONISTI E IMPRESE

La ricerca telematica dei beni pignorabili.

 

ALIMENTI

Arriva la legge sull'agricoltura sociale (Disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati il 05 agosto 2015).

E' stato approvato dalla Camera il 5 agosto il disegno di legge sull'agricoltura sociale che intende valorizzare il ruolo multifunzionale dell'impresa agricola chiamata così a fornire servizi socio-sanitari ed educativi attraverso l'inserimento socio-lavorativo nelle aree rurali.

Secondo il disegno di legge approvata rientrano nella definizione di agricoltura sociale quelle attività svolte dall'imprenditore agricolo (di cui all'art. 2135 del codice civile) in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali che prevedono:

a) l'inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità (chiunque è riconosciuto tale dalla normativa nazionale o presenti menomazioni che possano ostacolare la partecipazione all'ambiente di lavoro) e lavoratori svantaggiati (non avere un impiego retribuito da almeno sei mesi; avere un'età compresa tra i 15 ed i 24 anni; non possedere un diploma di scuola superiore o aver completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non aver un impiego regolarmente retribuito; aver superato i 50 anni d'età; essere un adulto che vive solo con persone a carico; essere occupato in professioni caratterizzate da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media; appartenere ad una minoranza etnica), persone svantaggiate e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale;

b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l'utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell'agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;

c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l'ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;

d) progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.

AMBIENTE

L’Italia è stata condannata per l'inesatta applicazione della Direttiva Rifiuti (Corte di giustizia dell’Unione Europea, sent. 16 luglio 2015, C-653/13).

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea con sentenza del 16 luglio 2015 causa C-653/13 Commissione/ Italia ha constatato che l’Italia non ha correttamente eseguito la sentenza del 2010 e l'ha condannata a pagare, da un lato, una penalità di EUR 120.000 per ciascun giorno di ritardo nell’attuazione della sentenza del 2010 e, dall’altro, una somma forfettaria di EUR 20 milioni.

Con una sentenza del 4 marzo 2010 Commissione/Italia (causa C-297/08) la Corte di Giustizia aveva infatti già concluso che l’Italia, non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti nelle vicinanze del luogo di produzione e non avendo adottato tutte le misure necessarie per evitare di mettere in pericolo la salute umana e di danneggiare l’ambiente nella regione Campania, era venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della c.d. direttiva rifiuti.

La direttiva 2006/12/CE relativa ai rifiuti ha l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente. Gli Stati membri hanno il compito di assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti, nonché di limitare la loro produzione, in particolare promuovendo tecnologie pulite e prodotti riciclabili e riutilizzabili.

Essi devono in tal modo creare una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che consenta all’Unione nel suo insieme e ai singoli Stati membri di garantire lo smaltimento dei rifiuti.

L’Italia ha trasposto la direttiva «rifiuti» nel 2006 e, per quanto riguarda la regione Campania, una legge regionale ha definito 18 zone territoriali omogenee in cui si doveva procedere alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti nei rispettivi bacini.

In seguito alla ben nota situazione di crisi nello smaltimento dei rifiuti manifestatasi nella regione

Campania nel 2007, la Commissione propose un ricorso per inadempimento contro l’Italia, imputandole la mancata creazione, in quella regione, di una rete integrata ed adeguata di impianti atta a garantire l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti sulla base del criterio della prossimità geografica.

La Commissione riteneva infatti che tale situazione rappresentasse un pericolo per la salute umana e per l’ambiente.

Con la sentenza del 4 marzo 2010 , la Corte constatò che l’Italia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva 2006/12.

Nell’ambito del controllo dell’esecuzione della sentenza della Corte, la Commissione è giunta alla conclusione che l’Italia non ha garantito un’attuazione corretta della prima sentenza ed ha così proposto un nuovo ricorso per inadempimento contro l’Italia.

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea con sentenza del 16 luglio 2015 ha perciò constatato che l’Italia non ha correttamente eseguito la sentenza del 2010 e l'ha condannata a pagare, da un lato, una penalità di EUR 120.000 per ciascun giorno di ritardo nell’attuazione della sentenza del 2010 e, dall’altro, una somma forfettaria di EUR 20 milioni.

La Corte ha convalidato gli argomenti della Commissione, in particolare per quanto riguarda il problema dell’eliminazione delle «ecoballe» e il numero insufficiente di impianti aventi la capacità necessaria per il trattamento dei rifiuti urbani nella regione Campania. La Corte ha sottolineato inoltre che, tenuto conto delle notevoli carenze nella capacità della regione Campania di smaltire i propri rifiuti, è possibile dedurre che una siffatta grave insufficienza a livello regionale può compromettere la rete nazionale di impianti di smaltimento dei rifiuti, la quale cesserà così di presentare il carattere integrato e adeguato richiesto dalla direttiva. Ciò può compromettere seriamente la capacità dell’Italia di perseguire l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale nello smaltimento dei rifiuti.

La Corte ha poi rilevato che l’inadempimento addebitato all’Italia si è protratto per più di cinque anni, il che costituisce un periodo considerevole.

Poiché dunque l’Italia non ha attuato correttamente la sentenza del 2010, la Corte ha deciso di infliggerle una penalità giornaliera e una somma forfettaria, in quanto dette sanzioni finanziarie costituiscono un mezzo appropriato al fine di garantire l’esecuzione integrale della prima sentenza.

Per quanto riguarda la penalità giornaliera di EUR 120000, questa è suddivisa in tre parti, ciascuna di un importo giornaliero di EUR 40. 000, calcolate per categoria di impianti (discariche, termovalorizzatori e impianti di trattamento dei rifiuti organici). Quanto alla somma forfettaria di EUR 20 milioni, la Corte ha tenuto conto, ai fini del calcolo della stessa, del fatto che un inadempimento dell’Italia in materia di rifiuti è stato constatato in più di 20 cause portate dinanzi alla Corte. Orbene, una simile reiterazione di condotte costituenti infrazione da parte di uno Stato membro in un settore specifico dell’azione dell’Unione può richiedere l’adozione di una misura dissuasiva, come la condanna al pagamento di una somma forfettaria.

ANTIRICICLAGGIO

Chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate in materia di Voluntary disclosure (Circolare Ag. Ent., 11 agosto 2015, n. 30/E).

E' stata diffusa l'11 agosto 2015 la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 30/E che fornisce ulteriori precisazioni sull’applicazione delle misure introdotte dalla legge n. 186/2014 in materia di emersione e rientro di capitali illecitamente detenuti all’estero.

Dopo le prime indicazioni contenute nella circolare n. 10/E dello scorso marzo e in quella n. 27/E di luglio, la circolare n. 30/E dell’11 agosto fornisce ulteriori chiarimenti in merito all'ambito oggettivo della collaborazione volontaria, degli adempimenti a carico del contribuente, all'ambito temporale della procedura di collaborazione volontaria nonché degli aspetti sanzionatori.

DIRITTO UE

La Germania non puo' mantenere i suoi valori limite per alcune sostanze chimiche presenti nei giocattoli. (Corte di giustizia dell’Unione Europea, sent. 9 luglio 2015 C- 360/14P).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 9 luglio 2015 C- 360/14P ha confermato la precedente decisione del Tribunale UE relativa al divieto, posto dalla Commissione alla Germania, di mantenere i suoi valori limite per alcune sostanze chimiche presenti nei giocattoli.

Nel 2009 l’Unione Europea ha adottato una nuova Direttiva Giocattoli nell’ambito della quale venivano fissati nuovi valori limite per talune sostanze chimiche presenti nei prodotti ludici, in particolare, metalli pesanti, arsenico, antimonio e mercurio.

La Germania, che aveva votato contro tale direttiva in seno al Consiglio, riteneva che i valori limite applicabili nel suo Paese per il piombo, il bario, l’antimonio, l’arsenico e il mercurio offrissero una migliore tutela, posto che tali valori corrispondevano alla precedente direttiva «giocattoli» del 1988. Chiedeva, dunque, alla Commissione l’autorizzazione a mantenere tali valori precedenti, ma con decisione del 1° marzo 2012 la Commissione respingeva tale richiesta con riferimento all’antimonio, l’arsenico e il mercurio, autorizzando, invece, il mantenimento dei valori limite tedeschi per il piombo e il bario ma solo fino al 21 luglio 2013.

La Germania proponeva, dunque, ricorso di annullamento avverso tale decisione. Con ordinanza del 15 maggio 2013 il presidente del Tribunale dell’Unione Europea ordinava alla Commissione di autorizzare il mantenimento dei cinque valori limite tedeschi fino alla Pronuncia di merito.

Con sentenza del 14 maggio 2014 il Tribunale dell’unione Europea respingeva il ricorso della Germania relativamente ai valori dell’arsenico, l’antimonio e il mercurio annullando, invece, la decisione della Commissione con riferimento al piombo.

La Germania si era, quindi, rivolta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, pronunciandosi con sentenza del 9 luglio 2015, a sua volta, ha respinto nella sua integralità l’impugnazione del Paese.

La Corte ricorda che uno Stato membro, al fine di giustificare il mantenimento di disposizioni nazionali preesistenti, può invocare il fatto che esso valuti i rischi per la salute diversamente da come vi ha proceduto il legislatore dell’Unione nella misura di armonizzazione.

Possono legittimamente essere effettuate valutazioni divergenti di tali rischi, senza che esse siano necessariamente fondate su dati scientifici diversi o nuovi.

Spetta, tuttavia, allo Stato membro dimostrare che le sue disposizioni nazionali garantiscono un livello di tutela della salute più elevato rispetto alla misura di armonizzazione dell’Unione ma nel caso di specie la Germania non ha fornito tale prova.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Dichiarazione dei Diritti in Internet (28 luglio 2015 ).

E' stata presentata il 28 luglio 2015 presso la Sala del Mappamondo di Palazzo Montecitorio la “Dichiarazione dei Diritti in Internet”. Promossa dalla Presidenza della Camera dei Deputati e dopo un anno di lavoro ad opera della Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet, la Carta intende porre l'attenzione sul tema dell'utente digitale, individuando una serie di principi generali che abbracciano le diverse tematiche connesse all’uso della rete.

Si legge nel preambolo che Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato. L’Unione europea è oggi la regione del mondo dove è più elevata la tutela costituzionale dei dati personali, esplicitamente riconosciuta dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali, che costituisce il riferimento necessario per una specificazione dei principi riguardanti il funzionamento di Internet, anche in una prospettiva globale.

Questa Dichiarazione dei diritti in Internet è fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona ed è composta da 14 articoli concernenti il riconoscimento e garanzia dei diritti, il diritto all’accesso, il diritto alla conoscenza e all’educazione in rete, la neutralità della rete, la tutela dei dati personali, il diritto all’autodeterminazione informativa, il diritto all’inviolabilità dei sistemi, dei dispositivi e domicili informatici, il diritto all’identità, diritto all’oblio e alla sicurezza, il governo della rete.

DIRITTO PENALE

Consegna di assegni postdatati poi non onorati e truffa contrattuale

Qual è il confine tra semplice inadempimento contrattuale derivante dalla consegna – a titolo di pagamento – di assegni postdatati che poi non vengono onorati dall’emittente e la fattispecie di reato della truffa contrattuale? Del tema si è occupata nuovamente la Corte di Cassazione in una recente pronuncia.

Con la recente sentenza n. 33441/2015 del 29 luglio 2015 la Suprema Corte ha trattato il tema della delimitazione della fattispecie di truffa c.d. contrattuale e della differenza intercorrente tra quest’ultima e il mero inadempimento di un’obbligazione, avente ovviamente rilevanza solo civilistica.

La Corte ha preso in esame la seguente fattispecie: un imprenditore, nell’esercizio della propria attività, consegnava all’addetto alle vendita di un’azienda un assegno postdatato a titolo di pagamento di una fornitura di beni a lui necessari per l’esercizio della propria attività; alla data prestabilita per l’incasso, però, il titolo risultava non onorato per mancanza di fondi sul relativo conto corrente. Nell’ambito del rapporto, poi, si verificavano altre due circostanze: in primo luogo, al momento delle trattative l’imprenditore si prodigava in rassicurazioni circa la propria solvibilità e il fatto che alla data indicata sul titolo avrebbe avuto a disposizione liquidità sufficiente ad onorare la propria obbligazione; in secondo luogo, l’azienda dell’imprenditore circa un anno e mezzo dopo l’emissione dell’assegno poi risultato privo di copertura veniva dichiarata fallita.

A fronte della fattispecie sopra delineata, veniva esercitata a carico dell’imprenditore l’azione penale per il perseguimento del reato di truffa c.d. contrattuale: in primo grado il Tribunale di Lodi proscioglieva l’imputato, mentre in secondo grado la Corte d’Appello di Milano – ritenuta configurabile la fattispecie di truffa aggravata e ritenuta l’aggravante compensata dalle attenuanti generiche – gli infliggeva una condanna a mesi sei di reclusione ed euro 160,00 di multa, con risarcimento del danno a favore dell’impresa truffata da liquidarsi in sede civile.

Il ricorso per cassazione dell’imputato si basava sul rilievo della genericità della ricostruzione dei fatti fornita dal querelante, non sufficiente a fugare ogni ragionevole dubbio circa la sussistenza dell’elemento materiale del reato di truffa, e sulla circostanza che sarebbe trascorso un lasso di tempo troppo grande tra l’emissione dell’assegno e il fallimento della società, per ritenere provata in capo all’imputato la consapevolezza dello stato di decozione dell’impresa e – quindi – l’elemento soggettivo del reato.

La Corte, rimanendo nel solco del proprio orientamento, ha rigettato il ricorso sottolineando che integra il delitto di truffa, perché costituisce elemento di artificio o raggiro, la condotta di consegnare in pagamento, all'esito di una transazione commerciale, un assegno di conto corrente bancario postdatato, contestualmente fornendo al prenditore rassicurazioni circa la disponibilità futura della necessaria provvista finanziaria: elemento sufficiente a differenziare la condotta costituente reato dal semplice inadempimento civilistico sarebbero perciò state le rassicurazioni fornite all’addetto all’ufficio vendite dell’azienda al momento della consegna del titolo. A ciò si aggiunga, peraltro, che a detta della Corte sarebbe idonea a rafforzare il convincimento del giudice in punto di elemento psicologico del reato la circostanza che la società dell’imputato fallì dopo un lasso di tempo tale che lo stato di decozione della stessa non poteva certo essersi creato solo negli ultimi mesi: da tale evento, quindi, sarebbe desumibile anche la consapevolezza in capo all’imputato della propria incapacità di onorare l’obbligazione contratta e, perciò, l’elemento soggettivo del reato.

DIRITTO TRIBUTARIO

Le sanzioni amministrative-tributarie del de cuius non si trasmettono agli eredi in caso di pagamento rateale delle somme dovute in base agli istituti definitori dell'accertamento e deflattivi del contenzioso (Agenzia delle Entrate, Circolare n. 29/E del 07.08.2015).

Con la Circolare in commento l'Agenzia delle Entrate ha chiarito l'ambito di applicabilità del principio contenuto nell'art. 8 del Decreto Legislativo 18.12.1997, n. 472, secondo il quale: “L'obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”.

In particolare, l'Amministrazione Finanziaria evidenzia come tale principio abbia carattere generale, così come di recente espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha infatti statuito che: “La trasmissibilità delle sanzioni è prevista solo per le sanzioni civili (quale principio generale in materia di obbligazioni) e non per altre, per le quali opera l'opposto principio dell'instrasmissibilità, quale corollario del carattere personale della responsabilità” (Corte di Cass., sentenza n. 12754 del 06.06.2014).

Pertanto, non potrà essere richiesto agli eredi il pagamento delle sanzioni amministrative-tributarie, sia con riferimento alle violazioni commesse dal de cuius ed alla base degli atti di acquiescenza, adesione, reclamo-mediazione e conciliazione giudiziale, sia con riferimento alle somme dovute a titolo di sanzione per il ritardo nel pagamento delle rate ovvero in caso di decadenza dal beneficio del piano di rateazione. Al contrario, saranno dovute dagli eredi le sanzioni relative alle rate scadute e non onorate dopo la morte del de cuius.

A sostegno di questa tesi, l'Agenzia delle Entrate richiama la circolare n. 180 del 10.07.1998, con la quale si era già chiarito come l'intrasmissibilità delle sanzioni amministrative agli eredi operasse indipendentemente dal fatto che le stesse fossero già state irrogate con provvedimento definitivo.

Pertanto, acquisita la notizia del decesso del debitore direttamente ovvero su comunicazione degli eredi, l'Amministrazione Finanziaria dovrà predisporre e successivamente comunicare agli eredi il computo dei nuovi importi delle rate dovute al netto delle sanzioni gravanti sul de cuius. Solamente nel caso in cui gli eredi non effettuino il pagamento della rata entro il termine previsto, troveranno applicazione le sanzioni previste in caso di ritardato pagamento o di decadenza dalla rateazione.

PRIVACY

Richiesta o rinnovo della carta di identità: prevista la possibilità di inserire il consenso o il diniego alla donazione di organi (Garante Privacy, provvedimento 4 giugno 2015, n. 333).

Il Garante della Privacy, con provvedimento del 04.06.2015 n. 333, ha espresso parere positivo sullo schema di Linee guida emesse del Ministero della Salute riguardanti la facoltà per il cittadino di inserire sulla carta di identità il consenso o il diniego alla donazione di organi o di tessuti in caso di morte. Tale scelta potrà essere effettuata sulla carta di identità al momento della richiesta ovvero del rinnovo.

Nelle Linee guida sottoposte al parere del Garante Privacy vengono indicate le modalità operative ed organizzative per poter attuare la normativa che introduce questa nuova facoltà concessa al cittadino dietro sua espressa richiesta. In particolare, viene previsto che tale dichiarazione dovrà essere registrata dall'Ufficiale dell'Anagrafe insieme ai dati raccolti al momento della richiesta o del rinnovo del documento di identità e successivamente inviata al sistema informativo trapianti (Sit), così da poterla inserire in un'unica banca dati consultabile 24 ore su 24 dai centri per i trapianti. Il cittadino potrà revocare la dichiarazione annotata sul documento, sia recandosi in ogni momento presso apposite strutture (aziende ospedaliere, Asl, ambulatori etc.), sia in occasione del rinnovo del medesimo documento presso il Comune di residenza.

Il Garante della Privacy ha infatti espressamente sottolineato l'obbligo per l'Ufficiale dell'anagrafe di informare il cittadino della possibilità di poter modificare in qualsiasi momento la dichiarazione annotata, evidenziandogli anche i diritti riconosciuti dal Codice privacy.

SICUREZZA SUL LAVORO

Pubblicato il nuovo codice di prevenzione incendi (Decreto 3 agosto 2015, G.U., n. 192 del 20 agosto 2015 – Suppl. Ordinario n. 51).

Con Decreto del 3 agosto 2015 (Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell'art. 15 del D. Lgs. 8 marzo 2006, n. 139) il Ministro dell'Interno ha emanato il nuovo codice di prevenzione incendi, con l'obiettivo di semplificare e razionalizzare l'attuale corpo normativo riguardante la prevenzione degli incendi.

Il decreto, che entrerà in vigore una volta decorsi 90 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, risulta composto da cinque articoli ed un allegato (suddiviso in quattro sezioni), riportando al suo interno le nuove norme tecniche di riferimento, i campi e le attività di applicazione.

In particolare, al fine di consentire l'introduzione del nuovo approccio con la necessaria gradualità, le norme tecniche (contenute nell'allegato 1) potranno trovare applicazione in alternativa alle specifiche disposizioni di prevenzione incendi contenute nei vari decreti emanati negli anni dal Ministro dell'Interno ed espressamente elencati nell'art. 1 del decreto 3 agosto 2015.

Il campo di applicazione del nuovo codice viene disciplinato dall'articolo 2, mentre l'articolo 3 si sofferma sull'impiego dei prodotti antincendio, sulla loro identificazione, qualificazione e conformità.

TRUST

Atti di disposizione a titolo gratuito: pignoramento senza revocatoria col nuovo art. 2929-bis c.c..

Il D.L. n. 83/2015 (c.d. Decreto Giustizia, conv. in L. n. 132/2015) tra le molte novità ha introdotto l’art. 2929-bis c.p.c., teso a disciplinare l’espropriazione di beni sottoposti a vincolo di indisponibilità oppure oggetti di atti di disposizione a titolo gratuito.

Il nuovo art. 2929-bis c.c. sancisce che il creditore munito di titolo esecutivo che affermi di essere danneggiato da un atto del debitore di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili registrati, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere all’esecuzione forzata, senza aver previamente agito con revocatoria avverso l’atto, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto è stato trascritto. Tale previsione viene estesa dalla norma anche al soggetto che, vantando un credito anteriore all’atto di disposizione, entro un anno dalla trascrizione di quest’ultimo interviene nell'esecuzione da altri promossa. La norma, peraltro, prevede che quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore debba promuovere l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario.

Il debitore, il terzo sottoposto all’espropriazione e ogni altro soggetto interessato alla conservazione del vincolo possono contestare la sussistenza dei presupposti per il pignoramento, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore, mediante le azioni di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi previste dal codice di procedura civile.

In sostanza, dunque, mediante la norma sopra citata il Legislatore ha concretamente operato un’inversione dell’onere della prova: in caso di azione revocatoria, infatti, il creditore deve dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’esperimento di tale azione, nel caso dell’art. 2929-bis c.c. il creditore munito di titolo esecutivo di agire direttamente con lo strumento del pignoramento ed è il debitore ad essere onerato, come di seguito vedremo, di provare la insussistenza dei presupposti (in particolare il danno) per l’impiego del pignoramento ex art. 2929-bis c.c..

Gli effetti dell’introduzione di questa norma nel codice civile paiono evidenti: da una parte, infatti, sarà molto più semplice per il creditore agire quando veda la garanzia patrimoniale offerta dal patrimonio del proprio debitore erosa da suoi atti di disposizione a titolo gratuito; d’altra parte, però, la innovazione introdotta potrà seriamente minare la stabilità di tali atti nel primo anno dal compimento degli stessi, atteso che i beni oggetto degli stessi potranno essere oggetto di pignoramento da parte di qualsiasi creditore del disponente, pur se munito di titolo esecutivo.

DI TUTTO UN PO'

PROFESSIONISTI E IMPRESE

La ricerca telematica dei beni pignorabili.

La difficoltà nell’individuazione dei beni pignorabili spesso scoraggia il creditore dall’incardinare azioni esecutive per il recupero dei propri crediti: in tal senso, il Legislatore è intervenuto rendendo più semplice ed agevole tale operazione, permettendo la ricerca diretta di beni immobili, mobili, veicoli, conti correnti e stipendi nelle banche dati della Pubblica Amministrazione.

Come noto, oltre alle tempistiche e alla farraginosità della procedura esecutiva, spesso il creditore risulta disincentivato dal tentare il recupero coattivo del proprio credito a causa della difficoltà nell’individuazione dei beni di proprietà del debitore aggredibili con pignoramento: senza disporre di dati sicuri circa la consistenza patrimoniale del debitore, infatti, imbarcarsi in una esecuzione civile può significare per il creditore un discreto esborso economico e una grande perdita di tempo, senza certezza di veder soddisfatte le proprie pretese. In caso di crediti di una certa importanza il creditore può fare ricorso alle agenzie investigative che – a fronte di un esborso in alcuni casi abbastanza considerevole – permettono di venire a conoscenza di tali dati (in tutto o in parte). Quest’ultima via, però, in molti casi non risulta praticabile: si pensi al caso in cui l’entità del credito non giustifichi un esborso rilevante oppure all’ipotesi che i dati necessari non possano venire reperiti nemmeno dall’agenzia investigativa, solo per citare due esempi.

Per ovviare a tali problematiche il D.L. n. 132/2014 (conv. nella L. n. 162/2014) ha inserito nel codice di procedura civile il nuovo art. 492-bis, il quale prevede che il presidente del tribunale, su istanza del creditore, possa autorizzare l’ufficiale giudiziario a consultare le banche dati della Pubblica Amministrazione, quali l'anagrafe tributaria, l'archivio dei rapporti finanziari, il pubblico registro automobilistico e le banche dati degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti.

A causa della mancata emissione da parte del Ministero della Giustizia dei regolamenti attuativi di tale disposizione, essa era rimasta pressoché lettera morta. E’ dunque intervenuto il D.L. n. 83/2015 (conv. nella L. n. 132/2015), che ha aggiunto un comma all’art. 155-quinquies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile: esso prevede che quando le strutture tecnologiche - necessarie a consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all'articolo 492-bis - non sono funzionanti, il creditore, previa autorizzazione del presidente del tribunale, può ottenere direttamente (quindi senza l’intervento dell’ufficiale giudiziario) dai gestori delle citate banche dati le informazioni in esse contenute. Tale disposizione perderà efficacia decorso un anno dalla entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 83/2015: in sostanza, la modifica introdotta appare una sorta di proroga, per permettere al legislatore di adottare i decreti attuativi senza frustrare nel frattempo le legittime aspirazioni dei creditori che tale decreto dovrebbe tutelare.

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

ALIMENTI

L'etichettatura non deve indurre il consumatore in errore suggerendo la presenza di un ingrediente che in realtà è assente (Corte Giust. Ue, sent. 4 giugno 2015 C-195/14).

AMBIENTE

Ecoreati: pubblicata in G.U. la legge ‘Dei delitti contro l’ambiente’ (L. 2 maggio 2015 n. 68 in G.U. 28 maggio 2015 n. 122).

DIRITTO UE

La Corte di Giustizia UE si pronuncia sull’OMT (Corte Giust. UE, sent. causa C-62/14 Gauweiler e altri ).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

L’azienda può controllare il lavoratore grazie a un falso profilo su Facebook (Cass., sent., 27 maggio 2015, n. 10955).

DIRITTO DEL LAVORO

La Cassazione si esprime sulla forma del licenziamento (Cass., sent., 03 giugno 2015, n. 11479).

DIRITTO PENALE

Investimento in autostrada di un pedone che non indossa il giubbotto catarifrangente: omicidio colposo? (Cass., Pen., Sez. IV, sent. 05 giugno 2015 1 n. 24217).

DIRITTO TRIBUTARIO

Agevolazioni prima casa: l’arresto del contribuente configura una causa di forza maggiore (Comm. Trib. Prov.le di Milano, 18^ Sez., sentenza 13.04.2015, n. 4210, pubblicata il 11.05.2015).

MARCHI E BREVETTI

Lego, marchio comunitario tridimensionale (Trib. Ue, sent., 16 giugno 2015, cause T-395/14 e T-396/14 Best Lock (Europe) Ltd. / UAMI – Lego Juris del).

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Modello 231 e reati societari: il nuovo art 25-ter (L. 27 maggio 2015 n. 69 "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio").

SICUREZZA SUL LAVORO

La responsabilità del Sindaco per la sicurezza e salute sui luoghi di lavoro (Cass., Sez. IV Pen., sent. 12 – 27 maggio 2015, n. 22415).

TRUST

Trust inefficace se in danno ai creditori (Trib. Bologna, sent. 23 aprile 2015 n. 1357).

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Maternità: pubblicato il decreto che amplia le tutele (D.Lgs. 15 giugno 2015 n. 80 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” in G.U. 24 giugno 2015 n. 144).

INCENTIVI

Voucher Internazionalizzazione: al via il primo bando per PMI e reti impresa .

PROFESSIONISTI E IMPRESE

DURC on line: al via dal 1° luglio (Circolare MISE, n. 19 dell’8 giugno 2015).

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

L'etichettatura non deve indurre il consumatore in errore suggerendo la presenza di un ingrediente che in realtà è assente (Corte Giust. Ue, sent. 4 giugno 2015 C-195/14).

La corte di Giustizia DELL'Ue CON sentenza 4 giugno 2015 C-195/14, HA CHIARITO CHE anche se l'elenco degli ingredienti è esatto ed esaustivo, può, tuttavia, essere inadeguato a correggere in maniera sufficiente l'impressione errata o equivoca risultante dall'etichettatura. I Giudici del Lussemburgo rammentano che il diritto dell’Unione impone che: “l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore l’acquirente, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l’identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l’origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento dello stesso”. Di conseguenza, l’acquirente deve disporre di un’informazione corretta, imparziale e obiettiva che non lo induca in errore. L’etichettatura, la pubblicità e la presentazione degli alimenti, compresi la loro forma, il loro aspetto o confezionamento, i materiali di confezionamento usati, il modo in cui gli alimenti sono disposti, il contesto in cui sono esposti e le informazioni rese disponibili su di essi attraverso qualsiasi mezzo, non devono trarre in inganno i consumatori. L’etichettatura di un prodotto alimentare non può presentare un carattere ingannevole.

AMBIENTE

Ecoreati: pubblicata in G.U. la legge ‘Dei delitti contro l’ambiente’ (L. 2 maggio 2015 n. 68 in G.U. 28 maggio 2015 n. 122).

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 2015 la legge del 22 maggio 2015 n. 68 che introduce il Titolo VI-bis del codice penale, titolato “Dei delitti contro l’ambiente”. Le disposizioni inserite riguardano: inquinamento ambientale (articolo 452-bis), morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-ter), disastro ambientale (articolo 452-quater), traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (articolo 452- sexies), nonché impedimento del controllo (articolo 452- septies) e omessa bonifica (articolo 452-terdecies). Per l’inquinamento ambientale e il disastro ambientale è prevista la punibilità anche nella forma colposa (452-quinquies) con le pene previste per i delitti dolosi diminuite da un terzo a due terzi.

DIRITTO UE

La Corte di Giustizia UE si pronuncia sull’OMT (Corte Giust. UE, sent. causa C-62/14 Gauweiler e altri ).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza nella causa C-62/14 Gauweiler e altri ha chiarito che il programma di acquisto di titoli di Stato sui mercati secondari non eccede le attribuzioni della BCE in materia di politica monetaria e non viola il divieto di finanziamento monetario degli Stati membri. Nel caso di specie, la Corte era chiamata a pronunciarsi circa la delicata e complessa questione della compatibilità del programma OMT con i Trattati. Più precisamente, veniva chiesto alla Corte, se tale programma non costituisse piuttosto una misura di politica economica, estranea quindi al mandato della BCE, anziché una misura di politica monetaria, e se la misura in questione rispettasse il divieto di finanziamento monetario sancito dall’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Per La Corte di Giustizia dell’Unione europea, dunque, il programma OMT adottato dalla BCE, quale risulta dalle caratteristiche tecniche illustrate nel comunicato stampa, non viola il principio di proporzionalità e, pertanto, può essere considerato legittimo, a condizione che, qualora venga messo in atto, siano rigorosamente rispettati i requisiti relativi all’obbligo di motivazione e alla proporzionalità e tale attuazione avvenga con modalità temporali tali da consentire in modo effettivo la formazione di un prezzo di mercato dei titoli di Stato.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

L'azienda può controllare il lavoratore grazie a un falso profilo su Facebook (Cass., sent., 27 maggio 2015, n. 10955).

La Corte di Cassazione con sentenza del 27 maggio 2015 n. 10955 ha esaminato il caso di un’azienda che aveva creato un falso profilo su facebook, al fine di controllare se un proprio lavoratore (addetto ad una pressa) durante l’orario di lavoro utilizzasse il proprio smartphone per chattare sui social network con fini non lavorativi. Una volta appurato che, oltre ad altre mancanze, il dipendente effettivamente aveva ripetutamente perso tempo sui social network durante l’orario di lavoro, era scattato il licenziamento per giusta causa. Il caso, giunto all’esame della Suprema Corte ha permesso di prendere in esame uno strumento di controllo del lavoratore che, seppur indiretto, potrebbe forse porsi in contrasto con la normativa dettata dallo Statuto dei lavoratori in materia di sorveglianza.

La Corte, in primo luogo, ha ritenuto che il controllo del lavoratore fosse legittimo perché diretto non a verificare l’attività lavorativa svolta dal dipendente, bensì la tenuta di una condotta idonea a ledere il patrimonio aziendale, minando la sicurezza degli impianti: il lavoratore, infatti, era un operaio addetto ad una pressa, che aveva lasciato più volte incustodita, con evidenti rischi per gli impianti e la sicurezza e causando anche blocchi della produzione. In secondo luogo, la Corte ha rilevato che l’attività di controllo dell’impresa non ledeva i principi di buona fede e di correttezza nel rapporto di lavoro, considerato che la creazione del falso profilo Facebook aveva rappresentato una mera occasione per il lavoratore, alla quale egli aveva prontamente aderito.

DIRITTO DEL

LAVORO

La Cassazione si esprime sulla forma del licenziamento (Cass., sent., 03 giugno 2015, n. 11479).

La Corte di Cassazione con sentenza n. 11479/2015, del 03 giugno 2015 ha esaminato il tema della forma del licenziamento, partendo dal caso di un’azienda che aveva licenziato un proprio lavoratore mediante la lettura di un verbale di licenziamento che non era stato da esso sottoscritto per ricevuta. La mancata sottoscrizione dall’azienda veniva spiegata con il rifiuto del lavoratore di firmare per ricevuta il licenziamento, mentre il dipendente affermava che non gli era mai stato consegnato alcun licenziamento per iscritto. La Corte ha dovuto accertare se nel caso in esame il requisito della forma scritta può ritenersi integrato dalla lettura al lavoratore di un documento scritto che venga firmato solo dai funzionari aziendali che intimano il licenziamento, i quali dichiarino di aver letto al dipendente il contenuto di tale scritto.

La Cassazione ha escluso tale possibilità: considerata la regola della necessaria forma scritta del licenziamento, infatti, ha ritenuto che tale requisito non potesse essere integrato da un documento del quale non è provata la redazione per iscritto in un momento anteriore al licenziamento né, al contempo, la consegna al lavoratore, per la mancanza della firma di quest’ultimo sul verbale. A sanare il vizio di forma del licenziamento non sarebbe poi sufficiente la prova per testimoni della consegna dello stesso al lavoratore, perché nel nostro ordinamento essa sarebbe ammessa solo nel caso in cui l’azienda potesse provare che il documento è andato perduto senza sua colpa (come previsto dall’art. 2724 co. III c.c.): nel caso di specie, però, tale prova non era stata fornita.

D’altra parte, qualora il lavoratore effettivamente si fosse rifiutato di sottoscrivere il licenziamento, sarebbe stato sufficiente inviargli la comunicazione con raccomandata con ricevuta di ritorno, la quale permette di fornire agevolmente la prova della consegna, evitando qualsiasi contestazione.

Il licenziamento, dunque, è stato dichiarato nullo.

DIRITTO PENALE

Investimento in autostrada di un pedone che non indossa il giubbotto catarifrangente: omicidio colposo? (Cass., Pen., Sez. IV, sent. 05 giugno 2015 1 n. 24217).

Con la sentenza del 05 giugno 2015 1 n. 24217 la Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un automobilista che di notte, a seguito di un incidente nella corsia di sorpasso dell’autostrada, senza indossare il giubbotto catarifrangente, scendeva dalla propria auto e si intratteneva a conversare con l’altro occupante del mezzo, appoggiandosi a quest’ultimo, di fatto arrivando ad occupare la linea di mezzeria tra la corsia nella quale si trovava il suo veicolo e quella di destra, libera.

Sopraggiungeva (a 90 km/h con limite di 130 km/h) nella corsia di destra un altro automobilista che, travolgeva in prossimità della linea di mezzeria il pedone che moriva sul colpo.

L’automobilista veniva sottoposto a processo per omicidio colposo, con l’accusa di non aver adottato tutte le cautele necessarie nella guida (tra le quali l’uso dei fari abbaglianti e l’ulteriore diminuzione della velocità): in primo grado il Tribunale di Nocera Inferiore assolveva l’imputato, mentre la Corte d’Appello di Salerno lo condannava.

La Suprema Corte, esaminando il caso sopra descritto, ha rilevato che:

a) l’automobilista correttamente al momento dell’investimento percorreva la corsia di destra che risultava libera da veicoli (quello incidentato, infatti, si trovava nella corsia di sorpasso);

b) l’automobilista era riuscito ad effettuare una manovra di emergenza, modificando la traiettoria ed evitando l’impatto con l’automobile incidentata;

c) l’art.141 co. I e II del codice della strada impone di moderare la velocità e di adottare tutte le condotte di guida idonee ad evitare problemi per la sicurezza: da tale norma, però, non può desumersi la circostanza che l’automobilista avrebbe dovuto ridurre ulteriormente la propria velocità di marcia (90km/h con limite di 130km/h), in quanto in tale caso avrebbe costituito intralcio alla circolazione, violando l’art. 141c co. VI del medesimo codice;

d) la vittima aveva tenuto una condotta massimamente imprudente: si tratteneva infatti a conversare con il passeggero rimasto all’interno del proprio veicolo, posizionandosi accanto a quest’ultimo in corrispondenza della linea di mezzeria; la vittima, peraltro, si trovava in punto non visibile e non indossava il giubbotto catarifrangente, omettendo altresì di adottare qualsiasi cautela finalizzata a rendersi visibile.

Sulla base di tali premesse, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna.

DIRITTO TRIBUTARIO

Agevolazioni prima casa: l’arresto del contribuente configura una causa di forza maggiore (Comm. Trib. Prov.le di Milano, 18^ Sez., sentenza 13.04.2015, n. 4210, pubblicata il 11.05.2015).

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto il ricorso presentato dagli Avvocati Nicola Tilli e Mattia Tacchini, con il quale venivano impugnati gli avvisi di liquidazione, il ruolo e la cartella di pagamento emessi nei confronti di un loro assistito che, a causa dell’avvenuto arresto dopo circa 8 mesi dalla registrazione dell’atto di compravendita di un bene immobile da adibirsi a prima casa, non aveva ivi trasferito la propria residenza nei termini di legge (18 mesi dalla registrazione dell'atto di acquisto) per poter usufruire delle agevolazioni fiscali.

La necessità di impugnare, in un’unica sede, gli avvisi di liquidazione assieme al ruolo ed alla cartella di pagamento traeva origine dalla nullità della notifica degli avvisi medesimi, in quanto notificati presso il domicilio fiscale del contribuente (nel frattempo detenuto in carcere) e successivamente ritirati presso il centro postale (ivi in giacenza) dalla madre (familiare non convivente), sprovvista di apposita delega per il ritiro. Il ricorrente, infatti, veniva a conoscenza dell’esistenza degli avvisi di liquidazione solamente tramite la loro successiva consegna in carcere, ad opera di un familiare, accompagnati dalla cartella di pagamento, emessa nel frattempo dall’Agente addetto alla riscossione. Pertanto, si insisteva nel ricorso affinché venisse pronunciata la nullità delle notifiche medesime; si chiedeva altresì che venisse riconosciuta, nel caso di specie, l’istituto della “forza maggiore”, in quanto il contribuente era stato impossibilitato a trasferire la propria residenza nei termini di legge a causa di un evento imprevedibile, sopraggiunto inaspettatamente alla stipula dell’atto di compravendita e, oltretutto, sovrastante la sua volontà.

Depositato il ricorso nella segreteria della Commissione Tributaria Provinciale, l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Nord S.p.A. si costituivano in giudizio, entrambe depositando controdeduzioni. In particolare, l’Amministrazione Finanziaria chiedeva il rigetto del ricorso, dal momento che non era minimamente invocabile, nel caso di specie, l’istituto della “forza maggiore”, in quanto l'arresto del contribuente doveva considerarsi una diretta conseguenza del reato da lui commesso.

All'udienza fissata per la trattazione della sospensione degli atti impugnati, l'On.le Collegio adito sospendeva l’efficacia del titolo esecutivo costituito dal ruolo emesso dall'Ente creditore; successivamente, veniva svolta pubblica udienza, durante la quale i difensori di parte ricorrente insistevano perché venisse ritenuto sussistente l’istituto della “forza maggiore”, dal momento che, così come richiesto dalla Suprema Corte, il contribuente aveva provato l’effettivo momento della sua insorgenza (l’arresto per custodia cautelare), il suo protrarsi e l’impedimento assoluto (per il tempo residuo a disposizione) per l’ottenimento della residenza anagrafica.

Con sentenza n. 4210 del 13.04.2015 (depositata in data 11.05.2015), la 18^ Sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato in ogni suo motivo.

In primis, l’On. Collegio ha accolto l’eccezione di nullità della notifica degli avvisi di liquidazione: la madre del contribuente, in quanto familiare non convivente, non era legittimata al ritiro di atti personali del figlio senza specifica delega da lui rilasciata.

Nel merito, si è considerata legittima la sussistenza dell’istituto della “forza maggiore” nel caso di specie: il contribuente a causa dell’arresto era stato impossibilitato oggettivamente a trasferire, nei termini di legge, la propria residenza per usufruire delle agevolazioni prima casa.

- Si sottolinea come la Commissione Tributaria Provinciale di Milano abbia drasticamente invertito, con la sentenza in commento, l’orientamento dominante seguito da tutte le altre Commissioni Tributarie nazionali. Si ricorda infatti che la Commissione Tributaria Provinciale di Savona, con sentenza del 24.08.2011, n. 105, ha espressamente statuito che “La detenzione in carcere non è causa di forza maggiore per evitare la decadenza dai benefici, in quanto la misura cautelare discende dal comportamento del contribuente”. Motivazione del tutto opposta a quella espressa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, ciò a dimostrazione di una maggiore tutela riservata dai giudici, nel corso degli anni, ai contribuenti, constatato l’ingente periodo di crisi economica che da anni interessa il nostro Paese.

MARCHI E

BREVETTI

Lego, marchio comunitario tridimensionale (Trib. Ue, sent., 16 giugno 2015, cause T-395/14 e T-396/14 Best Lock (Europe) Ltd. / UAMI – Lego Juris del).

Il Tribunale dell’Unione Europea con le Sentenze nelle cause T-395/14 e T-396/14 Best Lock (Europe) Ltd. / UAMI – Lego Juris del 16 giugno 2015, confermando le decisioni pronunciate dall’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno, ha ritenuto ammissibile la registrazione della forma delle figurine Lego come marchio comunitario tridimensionale. Il 23 giugno 2010 la società Lego Juris aveva ottenuto la registrazione di marchio comunitario tridimensionale presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno – UAMI (marchi, disegni e modelli), ai sensi del regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario. La Best-Lock (Europe), una società concorrente che utilizza figurine simili, aveva chiesto di dichiarare la nullità di detti marchi. L’UAMI aveva respinto le domande di nullità proposte dalla Best Lock. Quest’ultima si è, dunque, rivolta al Tribunale dell’Unione europea al fine di far annullare le decisioni pronunciate dall’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno. Con le sue sentenze del 16 giugno 215, il Tribunale dell’Unione europea ha respinto i ricorsi della Best Lock e confermato, quindi, le decisioni di registrazione della forma delle figurine Lego come marchio comunitario. Il Tribunale ha dichiarato irricevibile, anzitutto, la censura secondo cui la forma del prodotto sarebbe imposta dalla sua stessa natura, in quanto la Best Lock non ha dedotto alcun argomento a sostegno di tal asserto e non ha sviluppato alcuna argomentazione diretta a dimostrare che le considerazioni dell’UAMI al riguardo siano errate. Inoltre per quanto concerne la censura, secondo cui la forma del prodotto sarebbe necessaria per ottenere un risultato tecnico, il Tribunale ha osservato che alla forma degli elementi caratteristici delle figurine non appare collegato alcun risultato tecnico, né risulta derivarne, in quanto tali elementi non consentono comunque l’assemblaggio con mattoncini da costruzione incastrabili. Infine, nulla consente di ritenere che la forma delle figurine sia necessaria per permettere l’assemblaggio con mattoncini da costruzione incastrabili. Il Tribunale conclude, dunque, sostenendo che le caratteristiche della forma delle figurine non sono necessarie per ottenere un risultato tecnico.

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Modello 231 e reati societari: il nuovo art 25-ter (L. 27 maggio 2015 n. 69 "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio").

La legge 27 maggio 2015 n. 69 "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio", in vigore dal 14 giugno 2015, modifica, tra l'altro, l'art 25-ter del d.lg. 231/2001. A carico dell'ente sono applicabili: per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dal (nuovo) art 2621 c.c. la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote; per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dal (nuovo) art 2621-bis c.c., la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote; per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dal (nuovo) 2622 c.c., la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote.

SICUREZZA SUL

LAVORO

La responsabilità del Sindaco per la sicurezza e salute sui luoghi di lavoro (Cass., Sez. IV Pen., sent. 12 – 27 maggio 2015, n. 22415).

Con la sentenza 2 – 27 maggio 2015, n. 22415 la Suprema Corte ha chiarito che nelle pubbliche amministrazioni, nel cui novero rientrano ovviamente gli enti locali, la qualifica di datore di lavoro, ai fini della normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, è riconosciuta al dirigente dotato di poteri di gestione e titolare di autonomi poteri decisionali anche in materia di spesa.

La suddetta figura va specificamente individuata dall’organo di direzione politica. E’ da escludere, pertanto, che si possa ascrivere al Sindaco, anche se di un Comune di modeste dimensioni, quale organo politico, ogni violazione di specifiche norme antinfortunistiche. Deve attribuirsi a chi compete la relativa responsabilità, quando risulti individuato il dirigente con qualifica di datore di lavoro. Va però sottolineato che il vertice politico dell'ente locale può riassumere la responsabilità, laddove risulti che il Sindaco stesso, essendo a conoscenza della situazione antigiuridica inerente alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso all'Ente territoriale, abbia omesso di intervenire, con i suoi autonomi poteri, per porvi rimedio.

TRUST

Trust inefficace se in danno ai creditori (Trib. Bologna, sent. 23 aprile 2015 n. 1357).

Gli atti di dotazione del fondo in Trust eseguiti con lo scopo di eludere le pretese di un credito, anche se non ancora definito, sono inefficaci nei confronti dei potenziali creditori.

Questo quanto ribadito dal Tribunale di Bologna nella sentenza n. 1357/2015 nella quale viene affermata l’inefficacia degli atti di dotazione del fondo, laddove si verifichino i presupposti per proporre l’azione revocatoria ordinaria, ancorché le ragioni del credito non siano state ancora accertate giudizialmente.

Il Tribunale rileva che, occorre verificare se, nella concreta fattispecie, esistano tutti i requisiti richiesti dal Codice Civile perché possa essere esperita l’azione revocatoria ordinaria. Precisa, inoltre, il Tribunale che, la prova della conoscenza del pregiudizio da parte del debitore ben può essere fornita, trattandosi di un atteggiamento soggettivo, anche tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al Giudice di Merito ed è incensurabile in sede di Legittimità, se adeguatamente motivato e immune da vizi logici e giuridici.

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Maternità: pubblicato il decreto che amplia le tutele (D.Lgs. 15 giugno 2015 n. 80 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” in G.U. 24 giugno 2015 n. 144).

E' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015 il Decreto Legislativo n. 80 del 15 giugno 2015, che prevede “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” , che mira a tutelare a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.

Le norme del decreto di cui agli artt. 2-3, 5, 7-10 e 13-16 e 24, si applicano in via sperimentale per il solo anno 2015.

Fra le misure di maggior impatto che rilevano nell’analisi del d.lgs. n. 80/2015 vi sono quelle che attengono alla estensione dei diritti genitoriali nella fruizione dei congedi parentali.

Si amplia ai primi 12 anni di vita del bambino (anziché ai primi 8 anni) il periodo nel quale il genitore lavoratore può fruire del congedo parentale.

Viene elevato conseguentemente ai primi 6 anni di vita del bambino (anziché ai primi 3 anni) il limite entro il quale il congedo parentale dà diritto a una indennità pari al 30% della retribuzione, nonché sposta fino all’ottavo anno di vita del bambino la fruizione dell’indennità in caso di redditività individuale minima.

L’art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 80/2015 conferma la possibilità di fruizione del congedo parentale su base oraria, rinviando la disciplina concreta alla contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, ma prevedendo che, in assenza di determinazioni contrattuali collettive, ogni genitore lavoratore può scegliere la fruizione su base oraria, in misura non superiore alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga (quadrisettimanale o mensile) che ha preceduto immediatamente quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.

INCENTIVI

Voucher Internazionalizzazione: al via il primo bando per PMI e reti impresa .

Il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato il primo bando per l'accesso ai voucher per l'internazionalizzazione per PMI e reti di impresa.

Le domande potranno essere presentate dal 22 settembre al 2 ottobre 2015. In particolare, i voucher contribuiscono ai costi per l’inserimento in azienda, per almeno sei mesi, di un “Temporary Export Manager”, cioè un professionista con il compito di garantire il supporto alle imprese nelle attività di ingresso e crescita sui mercati esteri.

L'assegnazione delle risorse avviene attraverso due bandi, di cui il primo, appena pubblicato dal MISE, con uno stanziamento di 10 milioni di euro. L'avviso riguarda la concessione di voucher di importo pari a 10mila euro, a fronte di una quota di cofinanziamento da parte dell’impresa beneficiaria di almeno 3mila euro.

Nell'ambito del secondo bando, invece, oltre ai voucher da 10mila euro per le imprese che presentano per la prima volta la domanda di aiuto, saranno previsti anche contributi da 8mila euro, con una quota di cofinanziamento di almeno 5mila euro, per le imprese già ammesse al primo avviso e che intendono richiedere nuovamente l’agevolazione.

Il Ministero procederà all’assegnazione dei voucher secondo l’ordine cronologico di ricezione delle domande e nei limiti delle risorse disponibili.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

DURC on line: al via dal 1° luglio (Circolare Mise, n. 19 dell’8 giugno 2015).

A decorrere dal 1° luglio 2015 a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 la verifica della regolarità contributiva nei confronti dell’INPS, dell’INAIL e delle Casse Edili, avviene con modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare.

L’esito positivo della verifica di regolarità genera un Documento denominato “Durc On Line” .

Con la circolare n. 19 dell’8 giugno 2015, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha provveduto ad illustrare i contenuti del Decreto e a fornire i primi chiarimenti di carattere interpretativo necessari alla sua corretta applicazione.

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

Lo studio SLT&Partners Milano in data 23 giugno 2015 ha organizzato

un convegno in house in materia

di “Legal Compliance e integrazione delle conformità aziendali”.

* * *

Gli Avv.ti Nicola Tilli, Giovanni Nosengo e Mattia Tacchini in data 16 giugno 2015 presso il Grand Hotel Adi Doria di Milano, in collaborazione con SNA (Sindacato Nazionale Agenti di Assicurazione), hanno tenuto un corso in materia di “Responsabilità civile del libero professionista”.

* * *

Gli Avv.ti Nicola Tilli, Andrea Siligardi, Giovanni Nosengo e Mattia Tacchini in data 23 -24 giugno 2015 presso l'Atahotel Executive di Milano, in collaborazione con Istituto Internazionale di Ricerca,

hanno tenuto un convegno

in materia di

“Welfare assicurativo”.

* * *

Pubblicato in Youtube il video dell'intervento del Prof. Avv. Serafino Ruscica,

responsabile di Novastudia Formazione, sulla relazione svolta in data 19 marzo 2015 presso la Sala Atti

Parlamentari del Senato della Repubblica in materia di

“Dolo eventuale e colpa cosciente dopo la sentenza delle Sezioni Unite”.

* * *

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

ALIMENTI

Ogm: confermato anche dalla giurisprudenza il divieto di coltivazione del mon810 (Cass., sez. III Pen., sent. 16 aprile 2015, n. 15834).

AMBIENTE

L'appaltatore è, di regola, il produttore del rifiuto (Cass., sez. III Pen., sent. 26 marzo 2015 n. 12971).

ANTIRICICLAGGIO

Riciclaggio: è sufficiente il mero trasferimento fra conti correnti dei fondi provenienti da reato (Cass., sez. II Penale, sent. 13 marzo 2015, n. 10746).

DIRITTO UE

L'assicuratore è obbligato a comunicare informazioni supplementari al cliente (Corte Giust. UE, Sez. V, sent. 29 aprile 2015, causa C-51/13).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Il reato informatico si verifica nel luogo dell’accesso abusivo (Cass., SS.UU. Penali, sent. 24 aprile 2015, n. 17325).

DIRITTO DEL LAVORO

Ai fini della liquidazione equitativa del danno da demansionamento, il giudice deve tener conto dell’insieme dei pregiudizi sofferti (Cass., sez. Lavoro, sent. 28 aprile 2015, n. 8581).

DIRITTO PENALE

La custodia cautelare in carcere come extrema ratio (Legge 16 aprile 2015, n. 47, “modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari”, in G.U. n. 94 del 23 aprile 2015 ).

DIRITTO TRIBUTARIO

Accertamento fiscale: la Lista Falciani è utilizzabile come prova dell’evasione (Cass., sez. VI Civile – T, ord. 28 aprile 2015, n. 8606).

MARCHI E BREVETTI

Merce visibilmente falsa, la fiducia che il consumatore ripone nel bene non subisce alcun nocumento (Cass., sez. II Pen., sent. 8 aprile 2015 n. 14090/15).

PRIVACY

Internet delle cose e i potenziali rischi per la tutela della privacy (Comunicato Garante Privacy 28 aprile 2015).

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

L'ambiente di lavoro in cui operano stabilmente più lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi (Cass., sez. III Pen., sent. 24 aprile 2015, n. 17119).

SICUREZZA SUL LAVORO

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante (Cass., sent. 27 gennaio 2015, n. 3786).

TRUST

Aver costituito un trust è irrilevante ai fini di potersi legittimamente opporre a un sequestro (Cass., sez. II Pen., sent.16 aprile 2015, n.15804).

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Il c.d. “Divorzio Breve” è legge.

INCENTIVI

Incentivi per i contratti di sviluppo.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Il Registro Imprese parla inglese.

 

ALIMENTI

Ogm: confermato anche dalla giurisprudenza il divieto di coltivazione del mon810 (Cass., sez. III Pen., sent. 16 aprile 2015, n. 15834).

La Corte di Cassazione con sentenza n. 15834 depositata il 16 aprile 2015 ha confermato il provvedimento emesso dal GIP presso il Tribunale di Pordenone che disponeva il sequestro preventivo di due terreni utilizzati per la coltivazione di mais OGM 810, in relazione al reato di cui all'art. 4, co. 8, d.L. 91/2014. Il Tribunale di Pordenone, chiamato a pronunciarsi sulla istanza di riesame interposta nell'interesse dell'indagato, con ordinanza del 22 settembre 2014, disponeva a sua volta il mantenimento della misura cautelare in atto.

Gli ermellini hanno confermato divieto di coltivazione mon810 sostenendo che la direttiva 2001/18 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio fissa la normativa che presiede alle forme di utilizzo e di circolazione degli OGM, che persegue la finalità di garantire la tutela dell'ambiente, della vita e della salute degli uomini, degli animali e delle piante, assicurando che la immissione in campo aperto e la vendita dei prodotto autorizzato non possano essere impedite, posto che, fino a prova contraria, tale prodotto non va considerato un pericolo.

Gli Stati membri possono opporsi alla circolazione dei soli organismi non autorizzati e ad essi è vietato impedire o anche soltanto limitare la immissione in commercio o nell'ambiente di un OGM tranne nei casi previsti dalla c.d. “clausola di salvaguardia” (art. 23). È prevista, infatti, la possibilità per gli Stati comunitari di adottare tutte le misure opportune:

- per evitare la presenza involontaria di organismi geneticamente modificati (OGM) in altri prodotti (c.d. misure di coesistenza);

- per evitare la presenza dei primi in altre colture, come quelle convenzionali o biologiche;

- prevenire l'impatto della eventuale commistione, che impedirebbe ai produttori e ai consumatori di scegliere tra produzione convenzionale e geneticamente modificata;

prevenire la potenziale perdita economica che verrebbe indotta dalla presenza involontaria di OGM in altri prodotti.

AMBIENTE

L'appaltatore è, di regola, il produttore del rifiuto (Cass., sez. III Pen., sent. 26 marzo 2015 n. 12971).

La Corte di Cassazione con sentenza depositata il 26 marzo 2015 n. 12971 ha chiarito che il committente non ha alcun potere giuridico di impedire l'evento del reato di abusiva gestione dei rifiuti commesso dall'appaltatore, poiché ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori nel suo interesse ai sensi dell'articolo 1662 c.c., ad esempio verificando la conformità dei materiali utilizzati a quelli pattuiti o l'esecuzione delle opere a regola d'arte ma non gli è consentito di interferire sullo svolgimento dei lavori a tutela degli interessi ambientali, salvo nel caso in cui questi coincidano col suo interesse contrattuale. Ha la facoltà di controllare la qualità dei materiali utilizzati per il riempimento del terreno ma non il potere (né certamente l'obbligo) di chiedere all'appaltatore se è abilitato allo smaltimento dei rifiuti e, tanto meno, di impedire all'appaltatore non autorizzato di smaltire i rifiuti che lui utilizza per lo svolgimento dell'appalto. In tema di reati ambientali, l'appaltatore, in ragione della natura del rapporto contrattuale, che lo vincola al compimento di un’opera o alla prestazione di un servizio, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, è, di regola, il produttore del rifiuto. Su di lui gravano, quindi, i relativi oneri, pur potendosi verificare casi in cui, per la particolarità dell’obbligazione assunta, o per la condotta del committente, concretatasi in ingerenza o controllo diretto sull’attività dell’appaltatore, detti oneri si estendono anche a tale ultimo soggetto.

ANTIRICICLAGGIO

Riciclaggio: è sufficiente il mero trasferimento fra conti correnti dei fondi provenienti da reato (Cass., sez. II Penale, sent. 13 marzo 2015, n. 10746).

La Cassazione, seconda sezione penale, con sentenza n. 10746/2015 depositata il 13 marzo ha chiarito che non occorre l'accertamento giudiziale del reato presupposto, essendo bastevole quello incidentale del giudice procedente. Né impedisce l’integrazione del reato ex art. 648-bis c.p. l'intervenuta archiviazione a carico dei quattro indagati per i reati fiscali presupposti, trattandosi questi di provvedimenti non suscettibili di giudicato e, dunque, non di sentenze irrevocabili – le quali, per ciò solo, se assolutorie, impedirebbero la sussistenza del reato conseguente di riciclaggio. Con riferimento al flusso finanziario che conduce i fondi di provenienza delittuosa verso conti correnti ubicati in territorio straniero, la Cassazione ritiene che, per incardinare la giurisdizione italiana non occorre il superamento della soglia del tentativo ex art. 56 c.p. - idoneità ed univocità del tentativo – in territorio nazionale: più semplicemente occorre che venga realizzata in territorio nazionale parte della condotta poi concretizzata o perfezionata in terra straniera.

DIRITTO UE

L'assicuratore è obbligato a comunicare informazioni supplementari al cliente (Corte Giust. UE, Sez. V, sent. 29 aprile 2015, causa C-51/13).

Gli Stati membri possono imporre alle imprese di assicurazioni sulla vita di comunicare informazioni diverse da quelle previste dall'allegato II e dall'art. 31 della Direttiva 92/96 sulla base di principi generali di diritto interno, quali gli «standard aperti e/o norme non scritte», purché i dati richiesti siano chiari, precisi e necessari alla comprensione effettiva da parte del contraente degli elementi essenziali dell’impegno e garantiscano (all’assicurazione) una sufficiente certezza del diritto, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. La base giuridica interna di questo onere deve rispettare i requisiti imposti dall’art. 31 §.3.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Il reato informatico si verifica nel luogo dell’accesso abusivo (Cass., SS.UU. Penali, sent. 24 aprile 2015, n. 17325).

Il quesito posto alle Sezioni Unite era il seguente: "Se, ai fini della determinazione della competenza per territorio, il luogo di consumazione del delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, di cui all'art. 615-ter, cod. pen., sia quello in cui si trova il soggetto che si introduce nel sistema o, invece, quello nel quale è collocato il server che elabora e controlla le credenziali di autenticazione fornite dall'agente".

Per le SS.UU. va affermato il seguente principio di diritto:

"Il luogo di consumazione del delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, di cui all'art. 615-ter cod. pen., è quello nel quale si trova il soggetto che effettua l'introduzione abusiva o vi si mantiene abusivamente".

DIRITTO DEL LAVORO

Ai fini della liquidazione equitativa del danno da demansionamento, il giudice deve tener conto dell’insieme dei pregiudizi sofferti (Cass., sez. Lavoro, sent. 28 aprile 2015, n. 8581).

La Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con sentenza n. 8581 depositata il 28 aprile 2015 ha affermato che ai fini della liquidazione equitativa del danno da demansionamento, il giudice deve tener conto dell’insieme dei pregiudizi sofferti, compresi quelli esistenziali, purché sia provata nel giudizio l’autonomia e la distinzione degli stessi. Deve perciò provvedere all’integrale riparazione secondo un criterio di personalizzazione del danno che, escluso ogni meccanismo semplificato di liquidazione di tipo automatico, tenga conto, pur nell’ambito di criteri predeterminati, delle condizioni personali e soggettive del lavoratore e della gravità della lesione e, quindi, delle particolarità del caso concreto e della reale entità del danno.

DIRITTO PENALE

La custodia cautelare in carcere come extrema ratio (Legge 16 aprile 2015, n. 47, “modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari”, in G.U. n. 94 del 23 aprile 2015 ).

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2015 ed entrerà in vigore lo 8 maggio 2015, la legge 16 aprile 2015, n. 47, recante modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari. La custodia cautelare in carcere potrà essere disposta in casi eccezionali e soltanto quando, dopo un’attenta e rigorosa valutazione, il giudice riterrà le altre misure coercitive o interdittive, anche se applicate cumulativamente, inadeguate.

DIRITTO TRIBUTARIO

Accertamento fiscale: la Lista Falciani è utilizzabile come prova dell’evasione (Cass., sez. VI Civile – T, ord. 28 aprile 2015, n. 8606).

La Corte di Cassazione con le ordinanze nn. 8605 e 8606 del 28 aprile 2015 si è pronunciata per la prima volta sulla questione relativa all'utilizzabilità dei dati bancari tratti dalla c.d. “Lista Falciani” come elementi probatori su cui fondare una rettifica fiscale. Gli atti si fondavano sulle movimentazioni del conto corrente esistente presso una banca svizzera ed intestato al contribuente: la particolarità di tali dati bancari risiede nel fatto che essi sono stati illecitamente sottratti alla banca svizzera da un suo dipendente, a questo sequestrati da parte dell’Autorità Giudiziaria francese e infine trasmessi all’Amministrazione finanziaria italiana dalla omologa autorità francese attraverso i canali di collaborazione previsti dalla Direttiva n. 77/799/CEE e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Francia.

I contribuenti ritenenevano inutilizzabili i dati bancari della cosiddetta “Lista Falciani” perché acquisiti attraverso una condotta illecita. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento dell'evasione fiscale può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dalla Amministrazione in violazione di un diritto del contribuente. Sono perciò utilizzabili, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che assuma rilievo l’eventuale reato commesso dal dipendente stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati bancari (che non gode di tutela nei confronti del fisco). Spetterà quindi al giudice di merito, in caso di contestazioni fiscali mosse al contribuente, valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro con le difese del contribuente.

MARCHI E BREVETTI

Merce visibilmente falsa, la fiducia che il consumatore ripone nel bene non subisce alcun nocumento (Cass., sez. II Pen., sent. 8 aprile 2015 n. 14090/15).

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 14090, depositata lo 8 aprile 2015 ricorda che

integra il delitto ex art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di oggetti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana. La norma tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, bensì la fede pubblica, da intendersi come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio.

Afferma che il reato disciplinato dall'art. 474 c.p. (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) è un reato di pericolo e per la sua configurazione non serve la realizzazione dell’inganno; di conseguenza non ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno.

PRIVACY

Internet delle cose e i potenziali rischi per la tutela della privacy (Comunicato Garante Privacy 28 aprile 2015).

La possibilità per gli oggetti di “dialogare” ed interagire tra loro attraverso sensori, senza l’intervento umano e mediante reti di comunicazione elettronica, presenta indubbi vantaggi per la vita di tutti i giorni: si tratta di sistemi di interconnessione che spaziano dalla domotica ai wearable (dispositivi indossabili, anche al fine di comunicare informazioni sullo stato di salute), ai dispositivi di geolocalizzazione e di navigazione assistita. Tutti questi dispositivi sono in grado di raccogliere, registrare ed elaborare dati di utenti «spesso inconsapevoli», dati che consentono la ricostruzione di dettagliati profili basati sui comportamenti delle persone, sulle loro abitudini e perfino sulla loro salute, creando un monitoraggio particolarmente incisivo sulla vita privata, con potenziali condizionamenti della libertà individuale. Il Garante della Privacy ha pertanto deciso di avviare una consultazione pubblica al fine di valutare il fenomeno per individuare le «misure necessarie per assicurare agli utenti la massima trasparenza nell’uso dei loro dati personali e per tutelarli contro possibili abusi».

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Nel sequestro e nella confisca del profitto del reato deve prescindersi da parametri di tipo prettamente aziendalistico (Cass., sez. III Pen., sent. 14 aprile 2015, n. 15249).

La Cassazione, sez. III Penale, con la pronuncia n. 15249/2015, ha chiarito che nella definizione ai fini del sequestro e della confisca del profitto del reato deve prescindersi in generale da parametri di tipo prettamente aziendalistico quali quelli del profitto lordo o profitto netto, tanto più se l'impresa è totalmente votata all'illecito: il profitto non si identifica con l'utile d'impresa o il reddito di esercizio né si sovrappone ad essi sicché non si può strutturalmente scorporare il costo sostenuto per ottenerlo, soprattutto se l'investimento, in quanto cosa destinata a commettere il reato e dunque a produrre il profitto, potrebbe essere di per sé oggetto di confisca - se l'impresa non è totalmente votata al delitto, allorquando il corrispettivo costituisca il compenso di un'attività che, ancorché acquisita illecitamente, non infici tuttavia la regolarità della prestazione sinallagmatica resa al terzo, di esso non potrà tenersi conto nella quantificazione.

SICUREZZA SUL LAVORO

L'ambiente di lavoro in cui operano stabilmente più lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi (Cass., sez. III Pen., sent. 24 aprile 2015, n. 17119).

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 17119, depositata il 24 aprile 2015 ha chiarito che se in un medesimo ambiente di lavoro operano stabilmente più lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi e non legati tra loro da rapporti di appalto, di somministrazione o di altro tipo giuridicamente rilevante, ciascun datore di lavoro è tenuto all’elaborazione del documento di valutazione del rischio. Qualora, all'esito dell'elaborazione del documento, dovessero risultare situazioni di pericolo, al datore di lavoro che non possa in altro modo intervenire per eliminarle non resta che impedire che in quei luoghi prosegua l’attività lavorativa dei propri dipendenti.

TRUST

Aver costituito un trust è irrilevante ai fini di potersi legittimamente opporre a un sequestro (Cass., sez. II Pen., sent. 16 aprile 2015, n.15804).

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3786/15, depositata 16 aprile 2015 ha chiarito che aver costituito un trust è irrilevante, ai fini di potersi legittimamente opporre a un sequestro, se quello strumento sia stato utilizzato al fine di sottrarre i beni alla confisca: non si può, infatti, né consentire né ammettere che il semplice utilizzo di un lecito istituto giuridico sia sufficiente ad eludere la rigida normativa prevista nel diritto penale a presidio di norme inderogabili di diritto pubblico. Anzi, da sempre l’atto gratuito a favore dei congiunti è considerato l’elemento indiziario più significativo e ex se sufficiente a far ritenere la simulazione dell’atto.

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Il c.d. “Divorzio Breve” è legge.

La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi” che introduce il divorzio breve.

Il lasso temporale scende a 12 mesi per la separazione giudiziale (ossia quando il divorzio viene richiesto da uno dei coniugi) e 6 mesi per quella consensuale (anche se in origine instaurata giudizialmente), indipendentemente dalla presenza o meno di figli.

INCENTIVI

Incentivi per i contratti di sviluppo.

Al fine di dare continuità all’attuazione della disciplina relativa ai contratti di sviluppo sono state ridefinite le modalità e i criteri per la concessione delle agevolazioni in conformità con le disposizioni del nuovo regolamento (UE) n. 651/2014, valide per il periodo 2014 – 2020 che consentono la presentazione di programmi di sviluppo nei settori industriale, della tutela ambientale e del turismo.

I programmi di sviluppo possono essere realizzati da una o più imprese, italiane o estere, anche mediante il ricorso al contratto di rete.

L’investimento minimo previsto per l’accesso è di 20 milioni di euro, ovvero 7,5 milioni di euro per i programmi riguardanti esclusivamente il settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

La dotazione finanziaria iniziale dello strumento è di 250 milioni di euro rivenienti dal Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020 ed aventi un vincolo di ripartizione territoriale dell’80% al Mezzogiorno e del 20% alle regioni del Centro-Nord. All’iniziale dotazione si potranno aggiungere ulteriori risorse derivanti dalla programmazione comunitaria e nazionale per il periodo 2014-2020.

Il termine iniziale per la presentazione, da parte delle imprese interessate, delle istanze di accesso alle agevolazioni è stato fissato con decreto direttoriale 29 aprile 2015 alle ore 12.00 del 10 giugno 2015. I modelli da utilizzare per la presentazione dei progetti di investimento sono disponibili a partire dal 4 maggio 2015.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Il Registro Imprese parla inglese.

Il Registro delle Imprese è pronto per essere raccontato al mondo. Per favorire l'internazionalizzazione e facilitare i rapporti con l'estero, i certificati e le visure camerali vedranno affiancata alla loro versione italiana anche quella in lingua inglese, arricchendo così l'offerta dei documenti ufficiali che possono essere richiesti all'anagrafe delle imprese delle Camere di Commercio Italiane.

Il progetto si inserisce nell'ambito del cosiddetto decreto "Destinazione Italia" che punta a creare misure per favorire gli investimenti in Italia da parte delle imprese estere e dall'altra facilitare l'accoglienza delle imprese italiane nell'ambito delle economie straniere. Le imprese italiane, impegnate in attività di import-export, saranno così agevolate nel momento di fornire la documentazione richiesta dalle Autorità straniere. Vi sarà dunque la possibilità di ottenere un certificato in lingua inglese allo sportello della Camera di Commercio senza doversi avvalere di una traduzione giurata con un risparmio sia in termini di tempo che di costi.

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

ALIMENTI

Coltivazione OGM: pubblicata la legge che lascia libertà decisionale agli Stati UE (Dir. UE 2015/412).

AMBIENTE

Il Senato approva il d.d.l. sui delitti contro l’ambiente (d.d.l. n. 1345, “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”).

ANTIRICICLAGGIO

Autoriciclaggio: voluntary disclosure obbliga all’adeguamento dei modelli organizzativi (art. 25-octies d.lgs. 231/2001).

DIRITTO UE

Abusi di mercato: La Corte chiarisce la nozione di informazione privilegiata (Corte Giust. UE, sent. 11 marzo 2015, causa C-628/13).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

E-book e libri: no della UE alla imposta al consumo unica per entrambi (Corte Giust. UE, sentt. 5 marzo 2015, cause C-479/13, Commissione c. Francia, e C-502/13, Commissione c. Lussemburgo).

DIRITTO DEL LAVORO

Dalla Legge di stabilità al Jobs act: gli incentivi all'assunzione.

DIRITTO PENALE

Trattativa chiusa online, ma la merce non arriva: condannato il venditore che aveva anche cancellato l'account (Cass., sez. VI Pen., sent. 10 marzo 2015 n. 10136).

DIRITTO TRIBUTARIO

I costi sostenuti per la gestione di un immobile destinato esclusivamente ai soci sono indeducibili (Cass., Sez. Trib., sent. 25 febbraio 2015, n. 3746).

MARCHI E BREVETTI

Marchio patronimico, ditta, segni distintivi e confondibilità (Cass., sez. I civ., sent. 25 febbraio 2015, n. 3806).

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Il modello da adottare ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 non trova applicazione se la malattia della persona offesa non supera i 40 giorni (Cass., Sez. IV Pen., sent. 24 febbraio 2015, n. 8531).

SICUREZZA SUL LAVORO

Infortunio del lavoratore addetto ad un impianto di verniciatura automatico: imprudenza o responsabilità del datore di lavoro? (Cass., Sez. IV Pen., sent. 2 marzo 2015, n. 9193).

TRUST

aliquota dello 8% se il disponente conferisce in trust i beni immobili di cui è proprietario, nominando sé stesso come trustee (Cass., sez. VI Civ., ord. 24 febbraio 2015, n. 3735).

DI TUTTO UN PO'

FAMIGLIA

Solo 10 giorni di convivenza ma niente assegno di mantenimento (Cass., sez. VI civ., ord. 26 marzo 2015, n. 6164).

INCENTIVI

Doppia agevolazione per le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e le formalizzano attraverso marchi, brevetti (l. 23 dicembre 2014, n. 190 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, c.d. ”legge di stabilita' 2015”).

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

Coltivazione OGM: pubblicata la legge che lascia libertà decisionale agli Stati UE (Dir. UE 2015/412).

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione la direttiva UE 2015/412 del Parlamento Europeo e del Consiglio dello 11 marzo 2015 che modifica la direttiva 2001/18/CE circa la possibilità degli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio.

La direttiva raccomanda la necessità di includere anche motivazioni diverse rispetto alla sicurezza alimentare o ambientale come cause sufficienti per proibire la coltivazione di OGM sui territori dell'Unione (Stati membri o regioni).

I motivi sufficienti per proibire la coltivazione di OGM attengono a: a) obiettivi di politica ambientale; b) pianificazione urbana e territoriale; c) uso del suolo; d) impatti socio-economici; e) esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, fatto salvo l'articolo 26-bis; f) obiettivi di politica agricola; g) ordine pubblico.

La norma riconosce inoltre che andrà posta “particolare attenzione alla prevenzione di eventuali contaminazioni transfrontaliere a partire da uno Stato membro in cui la coltivazione sia autorizzata verso uno Stato membro limitrofo in cui sia vietata”.

AMBIENTE

Il Senato approva il d.d.l. sui delitti contro l’ambiente (d.d.l. n. 1345, “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”).

Il Senato ha approvato il 4 marzo scorso il d.d.l. n. 1345, recante disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente. Il testo, già approvato dalla Camera, è stato modificato per cui torna ora alla Camera per l’approvazione definitiva.

Il d.d.l. introdurrebbe nel codice penale quattro nuovi reati:

il delitto di inquinamento ambientale (art. 452-bis);

il delitto di disastro ambientale (art. 452-quater);

il delitto di traffico ed abbandono di materiale di alta radioattività (art. 452-sexies);

il delitto di impedimento del controllo.

I termini di prescrizione per i reati ambientali sono raddoppiati.

È prevista una diminuzione dei due terzi delle pene in caso di ravvedimento operoso.

In sede di condanna o patteggiamento per reati ambientali sono previsti la confisca dei beni ed il ripristino dello stato dei luoghi.

ANTIRICICLAGGIO

Autoriciclaggio: voluntary disclosure obbliga all’adeguamento dei modelli organizzativi (art. 25-octies d.lgs. 231/2001).

Il legislatore con la legge 15 dicembre 2014, n. 186 ha modificato la responsabilità amministrativa degli enti collettivi tramite l’inserimento nel d.lgs 231/2001 del nuovo art. 25-octies includendo l'autoriciclaggio nel «catalogo» dei reati che possono determinare una possibile responsabilità amministrativa in capo all’ente che lo commette.

I proventi da evasione fiscale od i risparmi da dichiarazione infedele si considerano «autoriciclati» se impiegati in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali.

Dal 1° gennaio 2015 l'ente è punito a titolo di autoriciclaggio con la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da cinquemila a venticinquemila euro. Sembra perciò opportuno adeguare rapidamente ed efficacemente i modelli organizzativi e gestionali per la natura che essi rivestono di circostanza esimente, per cui in caso di condanna dei vertici l’ente non incorrerà in sanzioni.

DIRITTO UE

Abusi di mercato: La Corte chiarisce la nozione di informazione privilegiata (Corte Giust. UE, sent. 11 marzo 2015, causa C-628/13 ).

La Corte di Giustizia della dell’Unione europea con sentenza 11 marzo 2015, nella causa C-628/13, ha statuito che per prevenire qualsiasi abuso di informazioni privilegiate, l'informazione deve essere comunicata al pubblico anche se il suo detentore non sa quale influenza precisa essa avrà sui prezzi degli strumenti finanziari. In caso contrario, il detentore dell’informazione potrebbe allegare l’esistenza di un’incertezza per trarne profitto a discapito degli altri soggetti intervenienti sul mercato. Una direttiva UE (2003/6/CE del 28 gennaio 2003), relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, vieta l’abuso di informazioni privilegiate e obbliga gli emittenti di strumenti finanziari a rendere pubblica qualsiasi informazione privilegiata che li riguardi direttamente, vale a dire qualsiasi informazione avente carattere preciso che possa influire in maniera sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari. Un'altra direttiva, la 2003/124/CE della Commissione, del 22 dicembre 2003, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6 per quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e la definizione di manipolazione del mercato, chiarisce che un'informazione si reputa precisa allorché consente di valutare se le circostanze o l’evento costituenti il suo oggetto possano avere un effetto sui prezzi degli strumenti finanziari. La Corte, con sentenza 11 marzo 2015 nella causa C-628/13, dichiara che dal tenore letterale delle direttive non risulta che le informazioni a carattere preciso siano unicamente quelle che permettono di stabilire in quale senso può variare il prezzo degli strumenti finanziari. Soltanto le informazioni vaghe o generiche, che non consentono di trarre alcuna conclusione riguardo al loro possibile effetto sui prezzi degli strumenti finanziari, possono essere considerate non precise. In proposito la Corte sottolinea che un investitore ragionevole può fondare la propria decisione d’investimento su informazioni che non necessariamente gli consentono di prevedere in un senso determinato la variazione del prezzo degli strumenti finanziari. Inoltre, l’accresciuta complessità dei mercati finanziari rende particolarmente difficile una stima esatta del senso nel quale può realizzarsi la variazione del prezzo degli strumenti finanziari. Se un’informazione potesse essere considerata precisa soltanto a condizione che consenta di stabilire il senso in cui avrà luogo la variazione del prezzo degli strumenti finanziari, il detentore dell’informazione potrebbe allegare l’esistenza di un'incertezza al riguardo per astenersi dal rendere pubbliche talune informazioni e trarne così profitto a discapito degli altri soggetti che intervengono sul mercato.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

E-book e libri: no della UE alla imposta al consumo unica per entrambi (Corte Giust. UE, sentt. 5 marzo 2015, cause C-479/13, Commissione c. Francia, e C-502/13, Commissione c. Lussemburgo).

Il 5 marzo 2015 la Corte di Giustizia UE ha reso due pronunce “gemelle” in materia di tassazione di libri ed e-book. In breve, Francia e Lussemburgo hanno negli scorsi anni disposto l'abbassamento delle aliquote IVA sugli e-book rispettivamente al 5,5% ed al 3%: questo in violazione della direttiva 2006/112/CE con cui vengono date linee guida comunitarie per l'imposizione fiscale al consumo.

In particolare, la direttiva vieta in toto la possibilità per gli Stati membri di applicare aliquote ridotte per la fornitura di servizi elettronici: secondo la Corte la vendita di e-book non si atteggia a cessione di beni, intesi nella loro accezione più materiale fatta propria dalla direttiva (art. 14), ma a fornitura di servizi elettronici poiché per la fruizione è necessario un ulteriore dispositivo non ricompreso nella vendita; al contrario sarebbe ben possibile il ribasso delle aliquote nei tradizionali libri su supporto fisico.

La decisione della Corte è di particolare attualità in Italia: la Legge di Stabilità 2015 prevede al momento la riduzione dell'aliquota sugli e-book dal 22% al 4%: si è fatto genericamente riferimento a tutte le pubblicazioni vendute su supporto fisico o mediante comunicazione elettronica, esponendosi dunque alla possibilità di violazione della normativa comunitaria.

DIRITTO DEL LAVORO

Dalla Legge di Stabilità al Jobs act: gli incentivi all'assunzione.

La legge di Stabilità 2015 ed il Jobs act prevodono una serie di incentivi all'assunzione.

La Legge di Stabilità 2015 prevede innanzitutto un esonero contributivo per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza nel corso del 2015.

Questo riguarda tutti i lavoratori privi di occupazione a tempo indeterminato da almeno 6 mesi, o che non abbiano avuto rapporti di dipendenza a tempo indeterminato con l'impresa (comprese società collegate e controllate) nei tre mesi antecedenti all’entrata in vigore della legge (dal 29 settembre 2014) o per cui l’incentivo sia già stato usufruito.

L'agevolazione concerne l'esonero triennale (36 mesi) dal versamento dei contributi previdenziali, fino a un massimale annuo di € 8.060. Sono esclusi dall'esonero i premi ed i contributi dovuti all’INAIL. È possibile usufruire dell’incentivo anche in caso di

trasformazione del contratto da tempo determinato (o da precedente contratto a lavoro intermittente) a tempo indeterminato.

Quanto invece al Contratto di apprendistato possono essere assunti giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni.

La contribuzione per gli apprendisti è pari al 10%.

Per le aziende fino a 9 dipendenti viene riconosciuto uno sgravio contributivo del 100% per i primi 3 anni di contratto; per gli anni successivi al terzo la contribuzione è pari al 10%.

In caso di trasformazione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, l’agevolazione contributiva del 10% viene riconosciuta per i 12 mesi successivi. Per i contratti sottoscritti a partire dal 1° gennaio 2015, l'intero costo sostenuto dal datore di lavoro diventa deducibile dalla base imponibile IRAP.

Ancora, un credito di imposta viene riconosciuto a favore di tutte le imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo a prescindere dal fatturato. Sono previste agevolazioni fiscali per le imprese che assumono nuovi lavoratori per potenziare l’attività di ricerca anche avviando nuovi progetti.

Per i contratti di lavoro a tempo indeterminato sottoscritti dal 1° gennaio 2015 viene ammessa in deduzione ai fini IRAP a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente a tempo indeterminato e le vigenti deduzioni spettanti a titolo analitico o forfettario riferibili sempre al costo del lavoro.

Infine, il decreto attuativo del Jobs Act sul contratto a tutele crescenti statuisce che «i datori di lavoro privati che procedano all’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e di persone titolari di partita IVA» beneficiano dell’estinzione di tutte le violazioni contributive, assicurative e fiscali connesse all'eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro precedente.

DIRITTO PENALE

Trattativa chiusa online, ma la merce non arriva: condannato il venditore che aveva anche cancellato l’account (Cass., sez. VI Pen., sent. 10 marzo 2015 n. 10136).

La Suprema Corte con sentenza 10 marzo 2015 n. 10136 ha chiarito che in materia di truffa contrattuale il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto rispetto a quelle inizialmente concordate con l'altra parte, quando sia posta in essere con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l'elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza dei reato di cui all'art. 640 c.p. a maggior ragione quando colui che ha proposto in vendita la merce in uno degli aggregatori di riferimento per la compravendita di merce, eBay, una volta fatto l’affare si cancella dal mercato web, come nel caso di specie è accaduto. Integra dunque il reato previsto dall'art. 640 c.p. la condotta fraudolenta di chi si accredita sul sito e pone in vendita un bene, ricevendone il corrispettivo senza procedere alla consegna e rendendo difficile la possibilità di risalire al venditore. Circa la sussistenza degli artifici e raggiri non illogicamente sono state valutate indizianti della truffa sia la cancellazione dell'account successiva alla conclusione della transazione che la reiterazione di fatti analoghi da parte dello stesso.

DIRITTO TRIBUTARIO

I costi sostenuti per la gestione di un immobile destinato esclusivamente ai soci sono indeducibili (Cass., Sez. Trib., sent. 25 febbraio 2015, n. 3746).

L'Amministrazione Finanziaria, a seguito della constatazione che in undici anni di attività le operazioni attive di una società si erano estrinsecate unicamente nella locazione di un immobile, emetteva avvisi di accertamento in cui disconosceva i costi illegittimamente dedotti per materie prime, servizi, ammortamenti, oneri di gestione, ristrutturazione, etc..

Proposto ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la società accertata otteneva sentenza favorevole, con successiva conferma nel giudizio di secondo grado proposto dall'ente creditore. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale, constatato che l'oggetto sociale emergente dallo statuto ricomprendeva tutte le attività svolte dalla società (quali acquisto, ricostruzione e riadattamento di immobili, affitto, gestione, etc.) riteneva che la contribuente avesse svolto le attività previste dal suo oggetto senza infrangere alcuna disposizione normativa, in quanto l'attività sociale poteva limitarsi all'acquisto ed alla gestione di un unico immobile, altresì locato ai due soci con regolare contratto. A seguito di ricorso per cassazione, la Suprema Corte ha accolto il motivo di impugnazione proposto dall'Amministrazione Finanziaria, limitandosi a richiamare in materia l'orientamento da tempo consolidato, secondo cui “un'operazione economica isolata non diretta al mercato, compiuta da una società commerciale, quand'anche l'atto costitutivo o lo statuto sociale prevedano che il sodalizio possa compiere operazioni di acquisto, ristrutturazione, vendita e locazione d'immobili di per sé sola non può valere a dare consistenza ad un'attività imprenditoriale capace di giustificare l'inerenza dell'operazione passiva dell'attività svolta".

MARCHI E BREVETTI

Marchio patronimico, ditta, segni distintivi e confondibilità (Cass., sez. I civ., sent. 25 febbraio 2015, n. 3806).

La sentenza in esame trae origine da un conflitto tra segni distintivi di due imprese (in forma di società di capitali) operanti nel settore pubblicitario: la ricorrente con marchio comunitario, e la resistente con marchio in parte patronimico ed eponima ditta e denominazione sociale. Proprio la “parte” patronimica di quest'ultimo marchio ricomprendeva in sé il marchio della ricorrente, che lamentava dunque la confondibilità tra segni.

La ricorrente risultava soccombente in primo e secondo grado avanti al Tribunale ed alla Corte d'appello di Palermo; la Suprema Corte tuttavia cassa con rinvio la pronuncia della Corte d'appello.

Rilevano infatti i Giudici di cassazione che le corti territoriali avrebbero innanzitutto omesso di valutare che il conflitto non era limitato al raffronto tra i marchi ma anche a quello tra il marchio della ricorrente e la denominazione sociale - ditta dell'impresa (nonché all'insegna), cosa per sé vietata dal principio di unitarietà dei segni distintivi esplicitato a livello generale dall'art. 22 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (e più in piccolo dagli artt. 12 d.lgs. 30/2005, e 2564 e 2568 c.c.) .

Inoltre l'uso di un segno patronimico, non solo nel marchio ma anche nella denominazione sociale, è frutto di una scelta nel caso delle società di capitali come la resistente benché lo stesso sia stato “ereditato” dalla precedente forma giuridica rivestita: per le società di capitali non vi sono obblighi civilistici nella denominazione come invece accade per le società di persone; inoltre nel settore di riferimento l'uso del patronimico non è affatto necessitata dai servizi offerti ed anzi potrebbe rappresentare un elemento di confondibilità qualora avesse funzione distintiva e non meramente descrittiva, con ciò configurando pure astrattamente un illecito concorrenziale.

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Il modello da adottare ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 non trova applicazione se la malattia della persona offesa non supera i 40 giorni (Cass., Sez. IV Pen., sent. 24 febbraio 2015, n. 8531).

Il Tribunale di Varese condannava due società (in persona dei rispettivi legali rappresentanti) al pagamento di una sanzione pecuniaria pari ad € 15.480.000,00, in relazione all'illecito di cui all’art. 12, comma II, d.lgs. n. 231/2001. Il Giudice di primo grado infatt, aveva ritenuto gli amministratori delle società (quali soggetti in posizione apicale) responsabili del delitto di lesioni personali colpose ex art. 590, comma III, c.p. a danno di un loro dipendente, violando le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in quanto non era stato adottato alcun preventivo modello di organizzazione e di gestione relativo ad una politica aziendale per la salute della sicurezza idoneo a prevenire il reato loro imputato. A seguito di ricorso per cassazione proposto da entrambe le società, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di primo grado impugnata, in quanto non si era verificata a danno del lavoratore alcuna ipotesi di lesione grave ai sensi dell’art. 583 c.p. (malattia o incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni). Infatti, è stato chiarito come, in conformità all'art. 25-septies, comma III, d.lgs. 231/2001, la responsabilità giuridica dell’ente richieda con riferimento alla commissione del reato di lesioni colpose il verificarsi di un’ipotesi di lesione grave, ossia di una lesione comportante la determinazione di una malattia della durata superiore ai 40 giorni.

SICUREZZA SUL LAVORO

Infortunio del lavoratore addetto ad un impianto di verniciatura automatico: imprudenza o responsabilità del datore di lavoro? (Cass., Sez. IV Pen., sent. 2 marzo 2015, n. 9193).

In data 30 ottobre 2006 un lavoratore addetto ad un impianto di verniciatura automatico, ritenendo che la corsa dell’elevatore non fosse ben calibrata, al fine di regolare la giusta profondità, inseriva il braccio destro tra due pezzi dell’ingranaggio rimanendovi incastrato e procurandosi così gravi lesioni. Con sentenza del 07 maggio 2012, il Tribunale di Pesaro, pur imputando al lavoratore infortunato un comportamento imprudente, condannava il legale rappresentante della società (datore di lavoro) per il reato di lesioni colpose gravi, aggravato dalla violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 35 del d.lgs. n. 626/1994 e art. 61 del d.P.R. n. 547/1955). Tale decisione veniva confermata dalla Corte d'Appello di Ancona in data 21 novembre 2013. Avverso quest'ultima decisione proponeva ricorso per cassazione la società imputata, in particolare eccependo (in uno dei sette motivi di ricorso) un vizio di motivazione in ordine al nesso causale: la Corte d’Appello avrebbe sottovalutato il comportamento gravemente imprudente del lavoratore, inosservante di specifiche direttive aziendali e tale da porsi ben oltre alla mera negligenza o imperizia nello svolgimento dell'attività lavorativa. La Suprema Corte, constatato il decorso del termine prescrizionale ai sensi della nuova formulazione dell'art. 157 c.p. (nella specie 7 anni e 6 mesi), ha dovuto dichiarare l’estinzione del reato. Ciononostante, i giudici di legittimità hanno evidenziato come l'obbligo del giudice di pronunciarsi sull'assoluzione dell'imputato per motivi attinenti al merito sia riscontrabile esclusivamente nel caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto ovvero della sua non attribuibilità emergano in modo incontrovertibile: ciò non era da ritenersi riscontrabile nel caso di specie, non potendo trovare applicazione l’art. 129, comma II, c.p.

TRUST

aliquota dello 8% se il disponente conferisce in trust i beni immobili di cui è proprietario, nominando sé stesso come trustee (Cass., sez. VI Civ., ord. 24 febbraio 2015, n. 3735).

Il corretto trattamento impositivo indiretto dell'atto di costituzione di un trust autodichiarato e “di garanzia”, richiede di assoggettare lo stesso ad imposizione in misura proporzionale, con l'aliquota residuale (e massima) dello 8%. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, VI Sezione Civile, con l'ordinanza n. 3735 del 24 febbraio 2015. Va applicata l'imposta sulle successione e donazioni, nella peculiare accezione concernente la costituzione di un vincolo di destinazione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull'attribuzione di danaro, conferita in trust e destinata ad essere investita a beneficio di terzi. L'atto di dotazione di un trust paga l’imposta di donazione immediatamente e, quindi, non se ne rimanda l’applicazione al momento in cui il trustee distribuirà il patrimonio del trust ai beneficiari. Tale assunto, invece, è stato precisato dalla Corte di Cassazione , Sesta Sezione Civile, con la ordinanza n. 3737 del 24 febbraio 2015.

DI TUTTO UN PO'

FAMIGLIA

Solo 10 giorni di convivenza ma niente assegno di mantenimento (Cass., sez. VI civ., ord. 26 marzo 2015, n. 6164).

La Corte di Cassazione con ordinanza 2 dicembre 2014 – depositata il 26 marzo 2015, n. 6164 ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva di ottenere dall'ex marito l'assegno di mantenimento: la breve durata del matrimonio, solo dieci giorni di convivenza e meno di cento giorni dalla data del matrimonio al deposito del ricorso per separazione, non permetterebbe l'effettiva instaurazione di una comunione materiale e spirituale tra i coniugi.

La Corte ha ribadito che in materia di divorzio, la durata del matrimonio influisce sulla determinazione della misura dell'assegno ma non anche - salvo casi eccezionali in cui non si sia verificata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi - sul riconoscimento dell'assegno.

INCENTIVI

Doppia agevolazione per le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e le formalizzano attraverso marchi, brevetti

(l. 23 dicembre 2014, n. 190 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, c.d. ”legge di stabilita' 2015”).

Doppia agevolazione per le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e le formalizzano attraverso marchi, brevetti, etc. Si potrà infatti usufruire sia del credito d’imposta per R&S che del patent box. Entrambi gli strumenti sono stati introdotti dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilità 2015).

L'unica condizione prevista per l’ottenimento del credito d’imposta è che si tratti di imprese.

Ai fini della determinazione del credito d'imposta sono agevolabili, tra l'altro, le spese per il personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, iscritto a un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico come da classificazione UNESCO ISCED (International Standard Classification of Education).

Sono altresì agevolabili le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nonché le spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale anche acquisite da fonti esterne. Non sono invece agevolabili le spese per il personale (ausiliario e tecnico), costi relativi a immobili e terreni, costi per studi di fattibilità, altri costi di esercizio.

Quando inoltre al patent box, introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, questo prevede che la quota di reddito e del valore della produzione che possa essere oggetto di agevolazione venga definita in base al rapporto tra i costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, l'accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale eleggibile e i costi complessivi sostenuti per produrre tale bene. Si fa riferimento con ciò ai costi fiscalmente rilevanti.

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

Il Prof. Avv. Serafino Ruscica, responsabile di Novastudia Milano e Novastudia Roma per la Formazione, ha svolto a Palermo una lezione per Scuola Nazionale dell'Amministrazione nell'ambito delle attività di formazione previste dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 per i dipendenti della Regione Sicilia. Il corso, in tema di prevenzione della corruzione, ha avuto ad oggetto:

- analisi delle aree di rischio obbligatorie: area acquisizione e progressione personale;

analisi delle aree di rischio obbligatorie: area affidamento di lavori, servizi e forniture.

* * *

Novastudia Milano e Novastudia Roma organizzano l'evento formativo "La compliance nei settori farmaceutico e biomedico" che si svolgerà a Roma in data del 9 aprile 2015. La scheda informativa e d'iscrizione all'evento è scaricabile sul sito www.novastudia.it

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Newsletter a cura di Novastudia Milano:

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

FEBBRAIO 2015

ALIMENTI

Piano straordinario Made in Italy da 260 milioni di euro (D.M. 26 febbraio 2015).

AMBIENTE

SISTRI: a che punto siamo?

ANTIRICICLAGGIO

Responsabilità degli enti ai sensi del D.lgs. 231/2001 e autoriciclaggio (art. 25-octies d.lgs. 231/2001).

DIRITTO UE

La Corte chiarisce la nozione di «tariffe minime salariali» dei lavoratori distaccati (Corte Giust. UE, sent. 12 febbraio 2015, causa C-396/13).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Diritto all'oblio: Approvato dall’autorità Garante il protocollo di verifica delle misure che Google adotterà per la tutela della privacy degli utenti italiani (Garante Privacy, Provv. n. 30 del 22 gennaio 2015).

DIRITTO DEL LAVORO

Il Jobs act è legge: ecco i punti principali dei decreti attuativi.

DIRITTO PENALE

Minaccia di effettuare un (finto) controllo fiscale nei confronti dell'attività commerciale se non gli avesse pagato una somma di denaro per evitarlo: è truffa, non estorsione (Corte Cass., sez. II Pen., sent. 24 febbraio 2015 n. 8170).

DIRITTO TRIBUTARIO

Con una sola operazione commerciale la società non può detrarre i costi sostenuti (Corte Cass., sez. Tributaria, sent. 25 febbraio 2015, n. 3746).

MARCHI E BREVETTI

L'uso altrui del marchio patronimico della società di capitali è illecito (Corte Cass., sez. I Civ., sent. 25 febbraio 2015, n. 3806/1).

SICUREZZA SUL LAVORO

Cala il sipario sul caso eternit (Corte Cass., sent. 23 febbraio 2015, n. 7941).

DI TUTTO UN PO'

INCENTIVI

Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali (circ. Agenzia Entrate n. 5/E del 19 febbraio 2015).

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

Piano straordinario Made in Italy da 260 milioni di euro (D.M. 26 febbraio 2015).

Il ministro dello Sviluppo ha firmato il decreto di attuazione del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia per il quale sono stati stanziati 260 milioni di euro. Di seguito gli obiettivi del piano.

1- Incrementare il volume dell'export, espandendo la presenza internazionale in particolare nei Paesi in cui il potenziale è maggiore. Si punta ad incrementare i flussi di export di beni e servizi di circa 50 miliardi di euro entro il triennio.

2- Aumentare il numero complessivo delle imprese esportatrici, ponendo in condizione le aziende potenzialmente esportatrici. Negli ultimi anni il numero medio di imprese che operano con l'estero si è aggirato intorno alle 200.000 unità: nell’ambito di tale numero, si ritiene che potrebbe crescere di circa 20.000 unità il numero delle imprese stabilmente esportatrici (tra le 70.000 potenziali).

3- Cogliere le opportunità legate alla crescita della domanda globale e all’incremento della classe media nei mercati emergenti, sempre più orientata verso modelli di consumo vicini al modello di specializzazione produttiva dell’export italiano. Si stima una crescita della classe media mondiale di circa 800 milioni di persone nei prossimi 15 anni.

4- Accrescere la capacità di intercettare investimenti esteri; si punta ad ottenere 20 miliardi di dollari di flussi aggiuntivi.

AMBIENTE

SISTRI: a che punto siamo?

La normativa in materia di rifiuti è stata più volte modificata attraverso una serie di disposizioni che hanno inciso su diversi profili della materia e su specifiche tipologie di rifiuti, anche al fine di adeguare la disciplina nazionale a quella europea. Diversi interventi hanno riguardato la disciplina relativa alla tracciabilità dei rifiuti.

Il D.M. 20 marzo 2013 ha stabilito i termini di riavvio progressivo del SISTRI per consentirne la messa a regime da marzo 2014. Successivamente il D.L. 150/2013 ha stabilito l'allungamento fino al 31 dicembre 2014 del periodo durante il quale i soggetti obbligati al controllo telematico devono continuare ad effettuare anche il tracciamento tradizionale dei rifiuti (c.d. doppio binario) e previsto l'applicazione delle sanzioni SISTRI solo a decorrere dal 1° gennaio 2015. Ulteriori disposizioni in materia sono state apportate dal c.d. decreto competitività (D.L. 91/2014) che all'art. 14 commi 2 e 2-bis, disciplina le modalità per adottare un intervento di semplificazione del SISTRI e fissa al 31 dicembre 2015 il termine finale di efficacia del contratto per la concessione del servizio di realizzazione, gestione e manutenzione del SISTRI disponendo, nel contempo, l'avvio delle procedure di affidamento della nuova concessione del servizio medesimo. L'art. 35, comma 10, del D.L. 133/2014 (c.d. “sblocca Italia”) riguarda invece l'affidamento della nuova concessione del SISTRI dal 2016, consentendo al Ministero dell'ambiente di avvalersi di Consip S.p.A. per lo svolgimento delle relative procedure.

ANTIRICICLAGGIO

Responsabilità degli enti ai sensi del d.lgs. 231/2001 e autoriciclaggio (art. 25-octies d.lgs. 231/2001).

Il legislatore con la legge 15 dicembre 2014, n. 186 ha inserito nel d.lgs 231/2001 il nuovo art. 25-octies “Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio”, unendo tali fattispecie agli illeciti già previsti e puniti. Dal 1° gennaio 2015 è punito a titolo di autoriciclaggio (con la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da cinquemila a venticinquemila euro)

“chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. La reclusione sarà da uno a quattro anni e la multa da

duemilacinquecento a dodicimilacinquecento euro “se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel

massimo a cinque anni”; sarà nuovamente applicata la più grave pena (di cui al primo comma dell’art. 648-ter) qualora il denaro, i beni o le altre utilità provengano da un delitto commesso “con le condizioni e le finalità” relative alla fattispecie di associazione a delinquere di stampo mafioso.

DIRITTO UE

La Corte chiarisce la nozione di «tariffe minime salariali» dei lavoratori distaccati (Corte Giust. UE, sent. 12 febbraio 2015, causa C-396/13).

La direttiva relativa al distacco dei lavoratori prevede che, in materia di tariffe minime salariali, le condizioni di lavoro e di occupazione garantite ai lavoratori distaccati siano fissate dalla normativa dello Stato membro ospitante e/o,

nel settore edile, dai contratti collettivi di applicazione generale nello Stato membro ospitante.

La Corte ricorda poi che la direttiva persegue un duplice obiettivo: da un lato, mira a garantire una leale concorrenza tra le imprese nazionali e quelle che svolgono una prestazione di servizi transnazionale; dall’altro, ha lo scopo di garantire ai lavoratori distaccati l’applicazione di un nucleo di norme imperative di protezione minima da parte dello Stato membro ospitante. La Corte sottolinea però che la direttiva non ha armonizzato il contenuto sostanziale di tali norme,

sebbene essa fornisca talune informazioni in merito: rileva allora che la direttiva fa espresso rinvio alla legislazione o alla prassi nazionale dello Stato membro ospitante per determinare le tariffe minime

salariali, purché tale definizione non abbia l’effetto di ostacolare la libera prestazione dei servizi tra gli Stati membri.

Da quanto precede la Corte giunge alla conclusione che le modalità di calcolo delle tariffe e i criteri ad esso applicati devono parimenti essere di competenza dello Stato membro ospitante.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte conclude che la direttiva non osta ad un calcolo del salario minimo su base oraria e/o a cottimo, basato sull’inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, purché tale calcolo e tale inquadramento siano effettuati sulla base di norme vincolanti e trasparenti, accertamento questo che spetta al giudice nazionale.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Diritto all'oblio: Approvato dall’autorità Garante il protocollo di verifica delle misure che Google adotterà per la tutela della privacy degli utenti italiani (Garante Privacy, provv. n. 30 del 22 gennaio 2015).

È stato approvato dal Garante per la Privacy il protocollo di verifica previsto nel provvedimento adottato nel luglio scorso nei confronti della società di Mountain View. Si passa pertanto dalla fase delle prescrizioni impartite dal Garante a Google a quella della loro realizzazione pratica, che dovrà essere ultimata entro il 15 gennaio 2016. Google adotterà tutte le misure a tutela della privacy degli utenti italiani prescritte dal Garante per la protezione dei dati personali e, per la prima volta in Europa, dovrà assoggettarsi a verifiche periodiche che monitorino l'avanzamento dei lavori di adeguamento della propria piattaforma ad una normativa nazionale. Il documento prevede aggiornamenti trimestrali sullo stato di avanzamento dei lavori e la possibilità per l'Autorità di effettuare presso la sede americana di Google verifiche di conformità alla disciplina italiana delle misure in via di implementazione. In base al protocollo, l'Autorità potrà monitorare costantemente le modifiche che Google deve apportare ai trattamenti dei dati personali degli utenti che usufruiscono dei suoi servizi, tra cui il motore di ricerca, la posta elettronica, la diffusione di filmati (tramite YouTube) ed il social network proprietario.

DIRITTO DEL LAVORO

Il Jobs act è legge: ecco i punti principali dei decreti attuativi.

Nei prossimi giorni verranno pubblicati in Gazzetta Ufficiale i primi due decreti attuativi del Jobs Act (Legge n. 183/2014), approvati in via definitiva nel Consiglio dei Ministri dello scorso 20 febbraio, disciplinanti il nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e gli ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati che dovrebbero entrare in vigore tra il mese di marzo e quello di maggio.

Gli altri decreti attuativi della riforma del lavoro dovranno essere posti al vaglio delle Commissioni parlamentari competenti per i prescritti pareri perché diventino operativi, e riguardano il riordino delle tipologie contrattuali (con l'eliminazione delle co.co.pro. e dal 1° gennaio 2016 l'applicazione delle norme sul lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione personale con contenuto ripetitivo ed etero- organizzati dal datore di lavoro), la revisione della disciplina delle mansioni e le disposizioni sulla conciliazione dei tempi vita-lavoro. Nei seguenti paragrafi le principali novità.

A. Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in attuazione della legge n. 183 del 2014.

Il Contratto a tutele crescenti si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto prevista per marzo, per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell'entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti).

Si applica anche ai contratti a tempo determinato o di apprendistato nei casi in cui vengano convertiti in contratto a tempo indeterminato (art. 1).

Quanto alla disciplina dei licenziamenti, per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori (art. 2).

Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quella in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”; negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all'anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice (art. 3).

La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi.

Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa (art. 6).

Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità) (art. 10).

In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.

Per le piccole imprese tuttavia la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità (art. 9).

La nuova disciplina si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.

B. Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di occupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge n. 183 del 2014 che dovrebbe entrare in vigore nel mese di maggio.

Il decreto introduce la NASPI, nuova assicurazione sociale per l’impiego. Vale per gli eventi di disoccupazione che si verificano a decorrere dal 1° maggio 2015 e per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La base retributiva della NASPI sono gli ultimi 4 anni di impiego (anche non continuativo) rapportati alle settimane contributive e moltiplicati per il coefficiente 4.33.

La durata della prestazione è pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro.

L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta progressivamente del 3% al mese.

L’erogazione della NASPI è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale.

Viene introdotto in via sperimentale, per quest’anno, l'ASDI, assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la NASPI, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità NASPI, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito.

Per i co.co.co (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la l’indennità di disoccupazione DIS-COL (disoccupazione per i collaboratori).

Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione alla data del predetto evento.

Il suo importo è rapportato al reddito e diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione. La durata della prestazione è pari alla metà delle mensilità contributive versate e non può eccedere i 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive.

Sarà più semplice far passare il lavoratore da una mansione all'altra, compreso il cosiddetto demansionamento, in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Nel testo c'è un passaggio dedicato alla "tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita".

Il vecchio sussidio di disoccupazione sarà rapportato a quanti contributi il lavoratore ha versato. Chi ha la "carriera contributiva" più importante avrà diritto a una maggior durata dell'Aspi, anche oltre ai 18 mesi massimi fissati fino a ora. L'Aspi sarà esteso anche ai collaboratori, almeno finché queste figure professionali non saranno definitivamente cancellate dal contratto a tutele crescenti. Per chi si troverà nelle situazione più difficili, potrebbe essere introdotto un "secondo Aspi".

Non si potrà più autorizzare la CIG in caso di cessazione definitiva di attività aziendale. Ci saranno nuovi limiti di durata sia per la cassa integrazione ordinaria (che ora è di due anni) sia per quella straordinaria (che è di quattro). L'obiettivo è di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori con tutele uniformi e legate alla storia contributiva del lavoratore.

Sarà estesa anche alle lavoratrici prive di contratto a tempo indeterminato, sarà fatto attraverso contratti di solidarietà "attivi" che dovrebbero permettere a tutti di conciliare meglio i tempi di lavoro e di vita.

Saranno rafforzato le politiche attive per favorire il venirsi incontro di domanda e offerta con la costituzione di un'agenzia nazionale per il lavoro, che nelle speranze del governo dovrebbe funzionare come nel modello tedesco.

DIRITTO PENALE

Minaccia di effettuare un (finto) controllo fiscale nei confronti dell'attività commerciale se non gli avesse pagato una somma di denaro per evitarlo: è truffa, non estorsione (Corte Cass., sez. II Pen., sent. 24 febbraio 2015 n. 8170).

La Suprema Corte con la sentenza del 24 febbraio 2015, n. 8170 ha precisato che la differenza tra il delitto di estorsione e quello di truffa aggravata dall'ingenerato timore di un pericolo immaginario si rinviene nel diverso elemento oggettivo, la cui sussistenza va apprezzata con giudizio ex post. Si ha estorsione nel caso in cui il danno viene prospettato come sicuro ad opera del soggetto agente se la vittima non cede alla richiesta minatoria. Ricorre la truffa se il danno immaginario viene indotto per il tramite di artifici e raggiri e l’agente non sia in grado di realizzare la minaccia del danno stesso.

DIRITTO TRIBUTARIO

Con una sola operazione commerciale la società non può detrarre i costi sostenuti (Corte Cass., sez. Tributaria, sent. 25 febbraio 2015, n. 3746).

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3746, del 25 febbraio 2015, ha affermato che una società creata solo con la finalità di dedurre dei costi non possa, con una sola operazione commerciale, detrarsi i costi sostenuti. n tema di reddito di impresa non sono , quindi, deducibili i costi sostenuti per la gestione di un immobile destinato esclusivamente al godimento personale dei soci e degli amministratori in forza di un regolare contratto di locazione.

Per la Corte di Cassazione le perdite di bilancio indicate e l’assenza di personale sono elementi che fanno scattare la presunzione dell’impresa creata al solo scopo di ottenere i benefici fiscali.

MARCHI E BREVETTI

L'uso altrui del marchio patronimico della società di capitali è illecito (Corte Cass., sez. I Civ., sent. 25 febbraio 2015, n. 3806/1).

In tema di marchio patronimico di società di capitali e quindi di proprietà industriale, un segno distintivo costituito da nome anagrafico e validamente registrato come marchio non può essere adottato, in settori merceologici identici o affini, come marchio e/o come denominazione sociale di altra impresa: così, si configura scorrettezza professionale in caso di inserimento, nella denominazione sociale, del cognome di uno dei soci coincidente col nome precedentemente incluso in un marchio già registrato da terzi, salvo vi sia una reale esigenza descrittiva inerente l’attività, i prodotti o i servizi offerti.

SICUREZZA SUL LAVORO

Cala il sipario sul caso eternit (Corte Cass., sent. 23 febbraio 2015, n. 7941).

Il caso in parola è il noto caso Eternit, il processo a carico dei responsabili della gestione della società Eternit S.p.A. che a partire dal 1952 avrebbero determinato il decesso di quasi 2mila operai lavoratori in stabilimenti italiani: sarebbe stata omessa la realizzazione di precauzioni, impianti – di ventilazione, di aspirazione e di protezione personale - e segnaletiche finalizzati a prevenire malattie od infortuni poi rivelatasi mortali, ai sensi degli artt. 434 c.p. (Procurato disastro) e 437 c.p. (Omessa applicazione dei dispositivi di sicurezza destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro).

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7941/15, depositata il 23 febbraio 2015 ha annullato senza rinvio ravvisando il decorso della prescrizione per tutte le imputazioni ed annullando di seguito il disposto risarcimento a favore delle parti civili costituite.

DI TUTTO UN PO'

INCENTIVI

Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali (circ. Agenzia Entrate n. 5/E del 19 febbraio 2015).

L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 5/E diffusa il 19 febbraio 2015, ha fornito chiarimenti a tutto campo sul credito d’imposta introdotto dall’art. 18 del Decreto Competitività (d.l. n. 91/2014). È riconosciuto un credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, effettuati tra il 25 giugno 2014 e il 30 giugno 2015.

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

L' avvocato Nicola Tilli il 5 e 6 febbraio 2015 ha svolto per la Scuola di Specializzazione per le professioni Forensi dell'Università di Urbino lezioni in tema di “Legal compliance: le varie conformità normative in un quadro di integrazione 231, sicurezza sul lavoro, antiriciclaggio, codice privacy, ambiente” e di “La compliance antiriciclaggio e l'introduzione della normativa sulla voluntary disclosure”.

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L'avvocatessa Miriam Polini il 12 febbraio 2015 ha svolto per la Scuola di Specializzazione per le professioni Forensi dell'Università di Urbino una lezione sul tema La tutela normativa del Made in Italy.

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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SOMMARIO

ALIMENTI

Ogm, confermato il divieto di coltivazione del mon810 (D.IM. 23 gennaio 2015).

AMBIENTE

Continua lento l'iter dei reati ambientali (D.D.L. 26 febbraio 2014, N. 1345).

ANTIRICICLAGGIO

Approvata dalla Commissione per gli Affari economici e monetari e per le libertà civili del Parlamento Europeo la quarta Direttiva europea contro il riciclaggio di denaro (IV Direttiva UE).

DIRITTO UE

Prenotazione voli online: va indicato il prezzo complessivo in ogni fase (Corte Giust. UE, V Sez., sent. 15 gennaio 2015, causa C-573/13).

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Pubblicate le regole tecniche sul documento informatico (d.P.C.M. 13 novembre 2014, in G.U. 12 gennaio 2015, n. 8).

DIRITTO DEL LAVORO

Il lavoratore deve provare l’esistenza di condotte del datore dirette alla sua emarginazione (Corte Cass., sez. Lavoro, sent. 23 gennaio 2015, n. 1258).

DIRITTO PENALE

L’errore di diritto è scusabile se incolpevole data la sua inevitabilità (Corte Cass., sez. III Pen., sent. 26 gennaio 2015, n. 3412).

DIRITTO TRIBUTARIO

La Guardia di Finanza può ampliare le verifiche senza obbligo di comunicarlo al contribuente (Corte Cass., sez. Tributaria, sent. 21 gennaio 2015, n. 992).

MARCHI E BREVETTI

In vigore il Patent box, regime agevolato per lo sfruttamento di marchi e brevetti, introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (d.l. n. 3/2015, «Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti» in G.U. il 24 gennaio 2015).

PRIVACY

Diritto all’oblio e rimozione dei risultati di Google: i primi provvedimenti del Garante.

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Sono confiscabili, in caso di “reato in contratto”, le somme percepite dall’ente non giustificate dai costi concretamente sostenuti per l’esecuzione della prestazione (Corte Cass., sez. VI Penale, sent. 22 dicembre 2014, n. 53430).

SICUREZZA SUL LAVORO

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante (Corte Cass., sent. 27 gennaio 2015, n. 3786).

TRUST

I Beni del trust sono intestati solo formalmente al trustee e quindi sono esclusi dal suo patrimonio (Corte Cass., sez. II Pen., sent. 3 dicembre 2014, n. 50672).

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Il bambino nato da maternità surrogata all'estero è figlio dei genitori committenti italiani (CEDU, sez. II, sent. 27 gennaio 2015, Paradiso e Campanelli c. Italia).

INCENTIVI

incentivi alle assunzioni introdotti con la Legge di Stabilità del 2015.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Istituito il registro degli organismi autorizzati alla gestione della crisi da sovraindebitamento.

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

Ogm, confermato il divieto di coltivazione del mon810 (D.IM. 23 gennaio 2015).

Il Ministro della Salute, il Ministro delle politiche agricole e quello dell'Ambiente, hanno firmato il 23 gennaio 2015 il decreto che sancisce il divieto di coltivazione di mais Ogm MON810. Il provvedimento proroga per un periodo di ulteriori 18 mesi dalla sua entrata in vigore il divieto già emanato con il precedente decreto interministeriale del 12 luglio 2013.

La decisione anticipa il recepimento in Italia della nuova Direttiva in materia di OGM che sancisce il diritto degli Stati Membri di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul territorio nazionale, anche se questi sono autorizzati a livello europeo, per motivi di natura economica ed agricola.

AMBIENTE

Continua lento l'iter dei reati ambientali (D.D.L. 26 febbraio 2014, N. 1345).

Il 26 gennaio 2015 le commissioni riunite 2ª (Giustizia) e 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato hanno concluso l’esame del testo già approvato dalla Camera del D.D.L. n. 1345 “Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente”.

Il progetto di legge in questione interviene sul quadro normativo dei reati ambientali, prevedendo un inasprimento delle sanzioni e l’introduzione di nuove fattispecie nel codice penale, con anche il fine di contrastare l’azione delle organizzazioni criminali. Dopo il titolo VI del libro secondo del codice penale dovrebbe essere inserito il Titolo VI-bis (“Dei delitti contro l'ambiente”) in cui verrebbero introdotti gli articoli 452-bis (Inquinamento ambientale), 452-quater (Delitti colposi contro l'ambiente), 452-quinquies (Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività); 452-sexies (Impedimento del controllo), 452-septies (Circostanze aggravanti), 452-octies (Ravvedimento operoso), 452-novies (Confisca), 452-decies (Ripristino dello stato dei luoghi).

ANTIRICICLAGGIO

Approvata dalla Commissione per gli Affari economici e monetari e per le libertà civili del Parlamento Europeo la quarta Direttiva europea contro il riciclaggio di denaro (IV Direttiva UE).

È stata approvata il 27 gennaio 2015 dalla Commissione per gli Affari economici e monetari e per le libertà civili del Parlamento Europeo la quarta Direttiva europea contro il riciclaggio di denaro, volta ad accrescere la trasparenza in merito alla proprietà delle società e dei trust e di fornire alle autorità strumenti efficaci per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo.

Il testo introduce in tutti i Paesi europei un registro centralizzato di informazioni riguardo alla proprietà effettiva degli enti giuridici di cui sopra; inoltre, al fine di intercettare operazioni di antiriciclaggio internazionale sono previsti meccanismi di cooperazione sovranazionale.

I reati fiscali vengono inclusi così fra i reati presupposto di riciclaggio.

DIRITTO UE

Prenotazione voli online: va indicato il prezzo complessivo in ogni fase (Corte Giust. UE, V Sez., sent. 15 gennaio 2015, causa C-573/13).

Nell’ambito di un sistema di prenotazione elettronica, il prezzo finale da pagare deve essere complessivamente precisato ad ogni indicazione dei prezzi dei servizi aerei, ivi compresa la loro prima indicazione. Ciò vale non solo per il servizio aereo selezionato dal cliente ed operato dalla singola compagnia, bensì anche per il prezzo complessivo nel caso di tratta con più trasbordi.

Tale interpretazione risulta tanto dal tenore quanto dalla ratio e dall’obiettivo della normativa dell’Unione, volta a garantire che i clienti possano operare un raffronto effettivo dei prezzi dei servizi aerei praticati dai vari vettori. È quanto stabilito dalla Corte di Giustizia UE, Quinta Sezione con sentenza del 15 gennaio 2015 nella causa C-573/13.

DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELL'INTERNET

Pubblicate le regole tecniche sul documento informatico (d.P.C.M. 13 novembre 2014, in G.U. 12 gennaio 2015, n. 8).

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2015 il D.P.C.M. del 13 novembre 2014, che contiene le “Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonchè di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005”.

Il provvedimento entrerà in vigore il prossimo 11 febbraio e contiene importanti previsioni in materia di formazione del documento informatico, indicando fra l’altro le operazioni necessarie per garantirne le caratteristiche di immodificabilità e di integrità (art. 3) e dando disposizioni in materia di copie e in materia di sicurezza per garantire la c.d. “tenuta del documento” (art. 8). Inoltre, specifiche previsioni disciplinano la formazione dei documenti amministrativi informatici e dei fascicoli, registri e repertori informatici.

DIRITTO DEL LAVORO

Il lavoratore deve provare l’esistenza di condotte del datore dirette alla sua emarginazione (Corte Cass., sez. Lavoro, sent. 23 gennaio 2015, n. 1258).

La Corte di Cassazione con sentenza 23 gennaio 2015 n. 1258/15 ha precisato che ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, devono ravvisarsi da parte del datore di lavoro comportamenti, anche protratti nel tempo, rilevatori, in modo inequivoco, di un’esplicita volontà di quest’ultimo di emarginazione del dipendente. Occorre pertanto dedurre e provare la ricorrenza di una pluralità di condotte tutte dirette all’espulsione dal contesto lavorativo, e comunque connotate da un alto tasso di vessatorietà e prevaricazione, nonché sorrette da un intento persecutorio e tra loro intrinsecamente collegate dall’unico fine intenzionale di isolare il dipendente.

DIRITTO PENALE

L’errore di diritto è scusabile se incolpevole data la sua inevitabilità (Corte Cass., sez. III Pen., sent. 26 gennaio 2015, n. 3412).

La Suprema Corte con sentenza 26 gennaio 2015, n. 3412 ha precisato che l’esclusione della colpevolezza nelle contravvenzioni non può essere determinata dall’errore di diritto dipendente da ignoranza non inevitabile della legge penale, quindi da mero errore di interpretazione.

Tale errore è scusabile quando determinato da un atto della P.A. o da un orientamento giurisprudenziale univoco e costante da cui l’agente tragga la convinzione della correttezza dell’interpretazione normativa e, di conseguenza, della liceità della propria condotta.

DIRITTO TRIBUTARIO

La Guardia di Finanza può ampliare le verifiche senza obbligo di comunicarlo al contribuente (Corte Cass., sez. Tributaria, sent. 21 gennaio 2015, n. 992).

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 992, del 21 gennaio 2015, ha affermato che la Guardia di Finanza può ampliare le verifiche senza dover essere obbligata ad avvertire il soggetto accertato in quanto gli obblighi informativi sono previsti dallo Statuto di cui alla legge n. 212/2000 ma la mancata osservanza non rende l’accertamento nullo. Prima dell’entrata in vigore del c.d. “Decreto Sviluppo” (decreto legge n. 70/2011), la disposizione dello Statuto del contribuente che fissa un limite temporale preciso alla durata delle verifiche fiscali , ai sensi dell’art. 12, comma 5, l. n. 212/2000, così recitava: «La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni». Tale norma è stata continuamente oggetto di interpretazione da parte della giurisprudenza, soprattutto negli anni più recenti, con decisioni che sono giunte a conclusioni talvolta estreme e contrastanti.

Con il d.l. n. 70/2011, il legislatore con l’art. 7, comma 2, lett. c), ha aggiunto il seguente periodo all’art. 12, comma 5, Statuto del contribuente, che afferma: «Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi; anche in tali casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente».

La novità introdotta dal d.l. n. 70/2011 comporta, pertanto, che il periodo massimo di durata della verifica fiscale presso il contribuente è differenziato in funzione del regime contabile da questi adottato:

- per i soggetti in contabilità ordinaria sono previsti 30 giorni, prorogabili, con atto motivato, di ulteriori 30;

per i soggetti in contabilità semplificata sono previsti 15 giorni, prorogabili di ulteriori quindici in caso di motivate esigenze d’indagine. In tutti i casi, precisa e ribadisce la nuova disposizione, ad avere rilevanza ai fini del calcolo dei giorni di durata della verifica sono «i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente».

MARCHI E BREVETTI

In vigore il Patent box, regime agevolato per lo sfruttamento di marchi e brevetti, introdotto dalla Legge di Stabilità 2015 (d.l. n. 3/2015, «Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti» in G.U. il 24 gennaio 2015).

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 gennaio 2015 ed entrato in vigore il giorno successivo, il d.l. n. 3/2015 (c.d. “Investment compact”) che ha modificato la disciplina del c.d. Patent box, il regime agevolato per lo sfruttamento di marchi e brevetti introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, prevedendone l’estensione anche ai marchi commerciali e includendo, tra le condizioni per la fruizione dell'agevolazione, lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo anche in outsourcing.

L'art. 5 del decreto («Modifiche alla tassazione dei redditi derivanti dai beni immateriali e credito d'imposta per acquisto beni strumentali nuovi») dispone che:

- nelle attività immateriali per le quali è possibile fruire del regime agevolato (abbattimento del 50%, ai fini della formazione del reddito complessivo, dei redditi derivanti dall'utilizzo di opere dell'ingegno, marchi, e brevetti) sono inclusi anche i marchi commerciali (e non più solo i marchi funzionalmente equivalenti a brevetti), nonché i disegni e i modelli;

- nel caso in cui i redditi siano realizzati nell'ambito di operazioni intercorse con società che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, ai fini della fruizione del beneficio non è più necessaria la stipulazione di un un accordo di ruling internazionale con l'amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 8 del D.L. n. 269/2003, divenendo detto accordo una mera facoltà;

- lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo, posta dal comma 41 dell'art. 1 della Legge di Stabilità come condizione per la fruizione dell'agevolazione, può essere realizzato mediante contratti di ricerca stipulati non solo con università o enti di ricerca e organismi equiparati, ma anche con società diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa.

PRIVACY

Diritto all’oblio e rimozione dei risultati di Google: i primi provvedimenti del Garante.

L'Autorità Garante per la Privacy ha adottato i primi provvedimenti relativi ai ricorsi di cittadini a cui Google ha negato la deindicizzazione delle pagine contenenti informazioni ritenute dagli interessati lesive della propria reputazione. Le segnalazioni e i ricorsi pervenuti al Garante, riguardano la richiesta di rimozione di risultati di ricerca relativi a vicende processuali. In seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014, che ha stabilito che Google deve cancellare dai risultati di ricerca relativi a nomi di privati cittadini le informazioni “inadeguate, non pertinenti o non più pertinenti” qualora i cittadini lo richiedano, la compagnia di Mountain View ha pubblicato un modulo per il “diritto all’oblio” grazie al quale gli utenti possono chiedere la cancellazione dei risultati associati al loro nome.

L’eventuale deindicizzazione delle pagine è valutata da Google sulla base di alcuni elementi, tra cui l’interesse pubblico a conoscere la notizia, il tempo trascorso dall’avvenimento, l’accuratezza della notizia e la rilevanza della stessa nell’ambito professionale di appartenenza. Se la società rigetta la richiesta, gli utenti italiani possono fare ricorso al Garante per la privacy o all’Autorità giudiziaria.

Ad oggi l’Autorità per la protezione dei dati personali si è pronunciata su nove casi.

In sette provvedimenti il Garante non ha accolto la richiesta degli interessati, ritenendo corretta la valutazione di Google che aveva ritenuto prevalente l’interesse pubblico verso le informazioni.

L’Autorità ha invece accolto il ricorso di due cittadini. Nel primo caso, relativo a documenti pubblicati su un quotidiano online, perché erano presenti numerose informazioni eccedenti riferite anche a persone estranee alla vicenda giudiziaria riportata. Nel secondo caso, riguardante informazioni pubblicate su un blog, perché le informazioni erano “inserite in un contesto idoneo a ledere la sfera privata della persona” e in violazione delle norme del Codice privacy e del codice deontologico che impone di diffondere dati personali nei limiti dell’”essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” e di non descrivere abitudini sessuali riferite a una determinata persona identificata o identificabile.

L’Autorità ha quindi prescritto a Google di deindicizzare le pagine segnalate.

RESPONSABILITA' DEGLI ENTI

Sono confiscabili, in caso di “reato in contratto”, le somme percepite dall’ente non giustificate dai costi concretamente sostenuti per l’esecuzione della prestazione (Corte Cass., sez. VI Penale, sent. 22 dicembre 2014, n. 53430).

La Suprema Corte di Cassazione, sez. VI penale, con la pronuncia n. 53430/2014, depositata il 22 dicembre, si è pronunciata in merito all’estensione del quantum confiscabile ex art. 19 d.lgs. n. 231/2001, nei confronti di una società indiziata di essersi avvalsa del reato – fra gli altri - di truffa ai danni dello Stato ex art. 640, n. 2 c.p. per assicurarsi una commessa a seguito di appalto.

Il fatto in specie costituiva tipo di “reato in contratto” per cui l’ente ha fornito regolari prestazioni alla pubblica amministrazione pur riconosciuta una genesi illecita – per le illiceità nella procedura di gara per l’affidamento - alla costituzione del rapporto negoziale.

In tal caso il penalmente rilevante incide sulla fase di formazione della volontà contrattuale o sull’esecuzione del negozio, pur il contratto restando valido e in tal caso il profitto confiscabile va concretamente determinato al netto dell’effettiva utilità acquisita dal danneggiato, nell’ambito del rapporto sinallagmatico con l’ente.

SICUREZZA SUL LAVORO

La titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante (Corte Cass., sent. 27 gennaio 2015, n. 3786).

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3786/15, depositata il 27 gennaio ha precisato che la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento pregiudizievole, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione da parte del garante di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire, sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante medesimo e l’evento dannoso.

È necessario accertare se, pur nell’ipotesi in cui il datore di lavoro avesse rispettato tutte le norme cautelari, l’evento lesivo si sarebbe egualmente verificato.

Ciò perché, conclude il Giudice, ribadendo un consolidato orientamento di legittimità (Cass., sez. IV Pen., n. 16761/2010), in tema di reati colposi, l’addebito soggettivo dell’evento richiede non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione delle regole protettive idonee a tal fine, non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con una valutazione ex ante, non avrebbe comunque potuto essere evitato.

TRUST

I Beni del trust sono intestati solo formalmente al trustee e quindi sono esclusi dal suo patrimonio (Corte Cass., sez. II Pen., sent. 3 dicembre 2014, n. 50672).

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 50672, depositata il 3 dicembre 2014 ha precisato che i beni conferiti in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee, venendo essi intestati a questo, che ha il potere e l’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità delle disposizioni del trust. Viene, quindi, riconosciuta una mera intestazione formale del patrimonio separato al trustee, rimanendo, invece, beni e rapporti giuridici conferiti, ancorati al fine determinato dal regolamento del trust che il trustee ha l’obbligo di perseguire.

La violazione di questo vincolo funzionale e la destinazione, pertanto, dei beni conferiti in trust a finalità proprie del trustee e/o comunque a finalità diverse da quelle per cui il trust è stato istituito concreta quella interversione del possesso in proprietà che costituisce l’essenza del delitto di cui all’art. 646 c.p.

DI TUTTO UN PO'

DIRITTO DI FAMIGLIA

Il bambino nato da maternità surrogata all'estero è figlio dei genitori committenti italiani (CEDU, sez. II, sent. 27 gennaio 2015, Paradiso e Campanelli c. Italia).

La CEDU, sez. II, nel caso Paradiso e Campanelli c. Italia del 27 gennaio 2015 ha risolto ambiguità in tema di maternità surrogata dato che la giurisprudenza interna e delle corti UE è divisa sul punto. La maternità surrogata, anche dopo la pronuncia n. 162/2014 della Consulta, continua ad essere vietata in Italia.

La giurisprudenza si è sempre divisa sul riconoscimento dello status di figlio dei committenti. La Cassazione, con la decisione n. 24001/2014, in un identico caso, lo ha dichiarato figlio di nessuno ed adottabile: l’ordinamento italiano, per il quale la madre è colei che partorisce, contiene un espresso divieto, rafforzato da sanzione penale, della surrogazione di maternità».

Per la CEDU questa soluzione è una extrema ratio e per vari motivi non c’è stato un equo bilanciamento degli interessi in gioco, soprattutto quello supremo del bimbo ad avere un legame familiare (parentale, genetico od altro) con i genitori committenti, i quali pertanto sono stati risarciti con € 30.000 oltre oneri accessori.

INCENTIVI

Incentivi alle assunzioni introdotti con la Legge di Stabilità del 2015.

Gli incentivi alle assunzioni introdotti con la Legge di Stabilità del 2015 prevedono contributi zero per tre anni, a chi recluta un nuovo dipendente a tempo indeterminato.

Se un'azienda proporrà fin da subito un inquadramento stabile al lavoratore, per 36 mesi non dovrà pagare gli accantonamenti previdenziali all'INPS.

Hanno diritto alle agevolazioni tutte le imprese che assumono fin da subito un lavoratore a tempo indeterminato o che convertono in un contratto stabile un precedente rapporto precario già in essere, per esempio un impiego a termine o una collaborazione a progetto (co.pro).

Il dipendente reclutato però non deve aver lavorato con altri contratti a tempo indeterminato presso qualsiasi impresa nei sei mesi che precedono la data dell'assunzione.

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Istituito il registro degli organismi autorizzati alla gestione della crisi da sovraindebitamento.

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2015 il decreto del Ministero della Giustizia n. 202 del 24 settembre 2014, disciplinante l’istituzione presso il Ministero della Giustizia del registro degli organismi autorizzati alla gestione della crisi da sovraindebitamento, al quale possono iscriversi anche avvocati, commercialisti e notai, introdotti dalla l. n. 3/2012, con la finalità di consentire la possibilità di sdebitarsi anche a tutti i soggetti esclusi dalla legge fallimentare.

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

L' avvocato Nicola Tilli il 5 e 6 febbraio 2015 terrà per la Scuola di Specializzazione per le professioni Forensi dell'Università di Urbino delle lezioni in tema di “Legal compliance: le varie conformità normative in un quadro di integrazione 231, sicurezza sul lavoro, antiriciclaggio, codice privacy, ambiente” e di “La compliance antiriciclaggio e l'introduzione della normativa sulla voluntary disclosure”.

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L'avvocatessa Miriam Polini il 12 febbraio 2015 terrà per la Scuola di Specializzazione per le professioni Forensi dell'Università di Urbino una lezione sul tema La tutela normativa del Made in Italy.

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Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un'analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.

 

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Responsabilità dirigenziale e compliance nella sicurezza sul lavoro

Due recenti pronunce della Cassazione ci permettono di soffermarci sui profili di responsabilità civile in capo al vertice aziendale, alla dirigenza preposta al ruolo di garante della sicurezza sul lavoro e sul funzionamento delle deleghe di funzione adeguatamente predisposte al fine di suddividere la suddetta responsabilità.

Il tema è quello della possibilità o meno per il vertice di potersi sgravare da responsabilità tramite apposita delega di funzioni a dirigenti prescelti, atteso che, in imprese di rilevanza dimensionale elevata (migliaia di dipendenti, decine di sedi) la pretesa responsabilità civile dell'amministratore delegato veniva e viene vissuta come una forzatura ingiusta per il fatto che, nella sostanza, contrasta con l'impossibilità del soggetto di farsi parte attiva e/o operativa per contrastare il fenomeno in questione da più punti di vista.

Innanzitutto, dal punto di vista materiale è evidente e incontrovertibile l'impossibilità di svolgere la funzione di responsabile della sicurezza sul lavoro per le concomitanti funzioni manageriali a cui il manager/management deve attendere; esse possono essere complesse e svolte in diversi contesti geografici sicchè apparirebbe una estrema forzatura garantire i lavoratori con una presenza che sarebbe eminentemente formale e “sulla carta”.

In secondo luogo, ugualmente paradossale apparirebbe la responsabilità addossata al manager che tecnicamente non avesse il know-how e l'esperienza professionale per occuparsi del tema-sicurezza.

Pertanto, data la capillare importanza sociale del tema della sicurezza e dei connessi infortuni sul lavoro, i dipendenti sarebbero adeguatamente tutelati non da una mera operazione di facciata consistente nell'attribuire al vertice una sorta di responsabilità oggettiva (detto della sua inevitabile assenza fisica e operativa), ma da una auspicabile attivazione della fonte di responsabilità in capo a funzionari all'uopo delegati e preposti dal vertice.

Trattasi di coloro che sono realmente presenti e operativi sul posto e che abbiano le qualifiche tecniche per adoperarsi in materia. Tutto ciò garantirebbe l'effettiva tutela dei lavoratori e darebbe sostanza alla governance in materia operata dall'azienda attraverso la creazione di adeguati protocolli.

Entrando nel commento, le due pronunce in materia fanno chiarezza con significati orientamenti che si iscrivono in un solco già tracciato dal dettato di legge (qui ripreso con dovuta interpretazione) e dottrina.

La prima pronuncia (CASS., SEZ. IV PENALE, SENT. 29 LUGLIO 2014, N. 33417) precisa che «l'amministratore e legale rappresentante di una società (specie se di ampie dimensioni) non possa essere, solo per il ruolo ricoperto, automaticamente ritenuto penalmente responsabile di ogni violazione riguardante gli obblighi antinfortunistici, venendosi altrimenti a creare un'inammissibile ipotesi di responsabilità oggettiva.».

Se ne può desumere, che laddove in Azienda sia stato predisposto un efficace organigramma, a compendio del quale figuri un congruo sistema di deleghe, il vertice dirigenziale possa risultare protetto da eventuali addebiti ricollegati a condotte poste in essere da soggetti posti a livello sub-apicale.

Allo stesso modo, seppur in senso più generale, se un corretto sistema di deleghe attribuisce funzioni (delegabili) proprie di un soggetto ad altri, il soggetto delegante (fatta eccezione per le riserve di legge, tra cui le ipotesi di culpa in eligendo e di culpa in vigilando) potrà chiamarsi esente da responsabilità in caso di condotta criminosa del delegato.

La pronuncia in commento, peraltro, precisa che anche a prescindere dall'adozione di un (più che) opportuno sistema di deleghe, i soggetti subordinati al datore di lavoro sono pur sempre destinatari di specifici obblighi antinfortunistici che, se violati, comportano una responsabilità ad essi soltanto ascrivibile; in tal senso «secondo la Corte, infatti, l'art. 1 comma 4-bis del D.Lgs. 19.09.1994 n. 626 (come modificato dal D.Lgs. 19.03.1996 n. 242), nel disporre che il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti sono tenuti all'osservanza delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro, comporta anche per i collaboratori del datore di lavoro (dirigenti e preposti) a venir considerati, nell'ambito delle rispettive competenze ed attribuzioni, destinatari iure proprio dell'osservanza dei precetti antinfortunistici,indipendentemente dal conferimento di una delega ad hoc.».

La seconda pronuncia (C. Cass., sent. 17 settembre 2014, n. 38100) rafforza il concetto, espresso dalla Consulta a luglio, ribadendolo a distanza di soli due mesi.

Con la sentenza n. 38100, depositata il 17 settembre 2014 la Consulta ha sì ribadito che “II responsabile del servizio di prevenzione e protezione è una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi ed elaborazioni sono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest'ultimo è chiamato a rispondere delle eventuali negligenze del primo" (Cass. pen. Sez. IV, n. 1841 del 16.12.2009, Rv. 246163).

Infatti il ricorso all'ausilio di professionisti specializzati non implica alcuna possibilità di scaricare sugli stessi ogni responsabilità di cui è espressamente onerato il datore di lavoro ma significa solo che questi può avvalersi, facendole proprie, delle segnalazioni, raccomandazioni, consigli precauzionali e prevenzionali espressi dagli specialisti medesimi in relazione alla specifica attività lavorativa per la quale è stato sollecitato il loro intervento.”

In questo contesto è chiaro che permane un dovere ineluttabile di scelta (ius eligendi) e vigilanza (ius vigilandi) da parte del datore sui soggetti preposti all'attività di prevenzione.

Quello che non deve essere equivocato è cosa bisogna intendere per datore di lavoro, dato che il ruolo che assume questa figura va verificato in concreto con la posizione che riveste chi è stato investito della funzione tramite delega del vertice, funzione implicante appunto anche i controlli di cui sopra.

Sul punto, continua la Corte: “È utile ricordare, in proposito, ulteriori principi affermati da questa Corte in tema di delega del datore di lavoro. È vero che nelle imprese di grandi dimensioni si pone la delicata questione, attinente all'individuazione del soggetto che assume su di sè, in via immediata e diretta, la posizione di garanzia, la cui soluzione precede, logicamente e giuridicamente, quella della (eventuale) delega di funzioni. In imprese di tal genere, infatti, non può individuarsi questo soggetto, automaticamente, in colui o in coloro che occupano la posizione di vertice, occorrendo un puntuale accertamento, in concreto, dell'effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all'interno dell'apparato strutturale, così da verificare la eventuale predisposizione di un adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l'organo di vertice da responsabilità di livello intermedio e finale (così, esattamente, Sezione IV, 9.7. 2003, Boncompagni; Sezione IV, 27.3. 2001, Fornaciari, nonché Sezione IV, 26.4.2000, Mantero). In altri termini, nelle imprese di grandi dimensioni non è possibile attribuire senz'altro all'organo di vertice la responsabilità per l'inosservanza della normativa di sicurezza, occorrendo sempre apprezzare l'apparato organizzativo che si è costituito, sì da poter risalire, all'interno di questo, al responsabile di settore. Diversamente opinando, del resto, si finirebbe con l'addebitare all'organo di vertice quasi una sorta di responsabilità oggettiva rispetto a situazioni ragionevolmente non controllabili, perché devolute alla cura ed alla conseguente responsabilità di altri. È altrettanto vero che il problema interpretativo ricorrente è sempre stato quello della individuazione delle condizioni di legittimità della delega: questo, per evitare una facile elusione dell'obbligo di garanzia gravante sul datore di lavoro, ma, nel contempo, per scongiurare il rischio, sopra evidenziato, di trasformare tale obbligo in una sorta di responsabilità oggettiva, correlata in via diretta ed immediata alla posizione soggettiva di datore di lavoro. Sul punto, costituisce affermazione consolidata che il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di prevenzione antinfortunistica. Ciò dovendolo desumere, anche a non voler considerare gli obblighi specifici in tal senso posti a carico dello stesso datore di lavoro dal decreto legislativo in commento, dalla "norma di chiusura" stabilita nell'art. 2087 c.c., che integra tuttora la legislazione speciale di prevenzione, imponendo al datore di lavoro di farsi, in quanto tale, garante dell'incolumità dei lavoratore. Va, quindi, ancora una volta, ribadito che il datore di lavoro, proprio in forza delle disposizioni specifiche previste dalla normativa antinfortunistica e di quella generale di cui all'art. 2087 c.c., è il "garante" dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale del lavoratore, con la già rilevata conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo gli viene addebitato in forza del principio che "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo" (art. 40 c.p., comma 2).

Altrettanto consolidato è il principio che la delega non può essere illimitata quanto all'oggetto delle attività trasferibili. In vero, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilità il datore di lavoro allorché le carenze nella disciplina antinfortunistica e, più in generale, nella materia della sicurezza, attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza (v., tra le altre, Sez. IV, 6.2.2007, Proc. gen. App. Messina ed altro in proc. Chirafisi ed altro).

È da ritenere, quindi, senz'altro fermo l'obbligo per il datore di lavoro di intervenire allorché apprezzi che il rischio connesso allo svolgimento dell'attività lavorativa si riconnette a scelte di carattere generale di politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza. Tali principi hanno trovato conferma nel D.Lgs. n. 81 dei 2008, che prevede, infatti, gli obblighi del datore di lavoro non delegabili, per l'importanza e, all'evidenza, per l'intima correlazione con le scelte aziendali di fondo che sono e rimangono attribuite al potere/dovere del datore di lavoro (v. art. 17).

Trattasi: a) dell'attività di valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza al fine della redazione del documento previsto dal cit. Decreto legislativo, art. 28, contenente non solo l'analisi valutativa dei rischi, ma anche l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate; nonché b) della designazione dei responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP).”

In definitiva è chiara l'importanza delle pronunce richiamate, in un contesto in cui il top management delle imprese di dimensione elevata ha sempre cercato di ottenere risposte certe circa i la presenza o l'assenza di profili di propri responsabilità in detti contesti e circa gli eventuali limiti. Le risposte (a volte incerte) si sono sempre giustamente concentrate sul funzionamento in concreto delle deleghe di funzioni, sulle modalità di una loro efficace adozione e sulla conseguente possibilità per il vertice aziendale di sgravarsi di responsabilità diretta in materia di lavoro, sia per oggettiva impossibilità temporale e fisica di attendere al ruolo, sia per mancanza delle conoscenze professionali e tecniche richieste per l'operatività del ruolo stesso. In diversi contesti, nel passato, vi sono stati dubbi e interpretazioni controverse in materia che ora la Suprema Corte sta tentando efficacemente provando a chiarire. Ovviamente, il tutto deve avvenire senza alcuna abiura dei principi di ius eligendi et vigilandi a cui sempre deve attendere ogni manager, evitando scarichi di responsabilità pretestuosi o approfittando del contesto normativo e/o interpretativo.

Milano, 22 settembre 2014 Avv. Nicola Tilli

 

NICOLA TILLI

 

Documenti Allegati:

 

art_resp_manager_sett_2014_01.pdf
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